La smart city oggi è più social che tech: parola di #SCE2014 international
Anche in questa edizione 2014 Smart City Exhibition si contraddistingue per forte presenza di relatori stranieri dal bagaglio pieno di casi interessanti, che vengono a confrontarsi con le politiche e le esperienze delle città italiane. Abbiamo chiesto loro un’opinione sullo stato dell’arte del concetto di Smart City e le risposte sembrano indicare uno spostamento dell’attenzione dalle infrastrutture tecnologiche ai loro impatti sociali.
13 Ottobre 2014
Jesse Marsh
Anche in questa edizione 2014 Smart City Exhibition si contraddistingue per forte presenza di relatori stranieri dal bagaglio pieno di casi interessanti, che vengono a confrontarsi con le politiche e le esperienze delle città italiane. Gli abbiamo chiesto loro un’opinione sullo stato dell’arte del concetto di Smart City e le risposte sembrano indicare uno spostamento dell’attenzione dalle infrastrutture tecnologiche ai loro impatti sociali: “La tendenza principale è investire nel smart city thinking (Smart City come modello di pensiero), sul modo in cui l’implementazione delle nuove tecnologie avrà un impatto più ampio sulle forme del vivere la città” ci dice da Londra Ben Cave di 21c Consulting, che ammette “C’è anche una certa curiosità per quanto riguarda l’impatto sulle politiche, con le implicazioni delle Smart City per il nostro modo di pensare l’erogazione di servizi chiave anche a livello nazionale”.
Jens Schumacher di FHV di Voralberg, Austria, puntualizza come la ricerca sia orientata “alle nuove opportunità tecnologiche, organizzative e sociali per rafforzare gli stili di vita sostenibili.”
Per alcuni ciò passa attraverso l’approccio citizen-centric (centrato sul cittadino). Thimo Thoeye, della Città di Ghent, elenca le iniziative principali di una politica per una “Smart City co-progettata” prendendo spunto dalla sua esperienza: il Ghent Living Lab ospitato dalla città stessa, un portale di crowd-funding sempre gestito dall’amministrazione pubblica, un portale per la partecipazione cittadina e infine una forte politica di Open Data. La stessa strada viene seguita da Atene, con il lancio dello Athens Open Living Lab basato sull’apertura dei primi dataset.
Sembra così che le esperienze straniere facciano parte di una tendenza generale verso l’innovazione sociale, che trova anche in Italia riscontro in un fermento che dà vita alla tecnologia in modo spesso inaspettato.
I nostri ospiti arrivano quindi con un occhio aperto all’apprendimento, alla collaborazione e alla ricerca di “city stories che raccontano approcci similari o più avanzati, lezioni apprese, sinergie potenziali” come ammette Ira Giannakoudaki, di DAEM (Atene).
Come sviluppare il modello Smart City verso il futuro? Per tutti gli interpellati, è necessaria una interazione maggiore e più creativa con gli stakeholder cittadini: “Focalizzandoci meno sulle tecnologie e più sui risultati che dovrebbero aiutarci a raggiungere” esordisce Thimo Thoeye, mentre per Ira Giannakoudaki, ciò vuol dire “sostenibilità come realtà effettiva”. In questo percorso, bisogna “considerare maggiormente gli effetti della non-prevedibilità” (Ben Cave), ossia le conseguenze emergenti dell’adozione delle tecnologie sulle condizioni di vita nella città.
Infine, Thanos Contargyris (Dialogos Nea Media di Atene) sottolinea l’importante della coerenza tra le politiche Smart City e le politiche regionali per l’innovazione (Smart Specialisation). Dalle ricerche condotte nel progetto CreativeMED, si sta sviluppando una consapevolezza di una “via Mediterranea” all’innovazione, effettivamente più capace di altri modelli di coniugare innovazione tecnologica con quella sociale, ma al dibattito mancano i temi e i soggetti dell’innovazione urbana. Soltanto con una maggiore condivisione di modelli e metodi nonché convergenza di obiettivi, sarà possibile realizzare delle politiche regionali coerenti e sinergiche con le visioni emergenti per le Smart City.