Paolo Venturi, Direttore AICCON, intervistato da Gianni Dominici, indica – tra le urgenze che questa fase di riavvio ci consegna – un’economia che produca nuovi luoghi e che rigeneri gli esistenti in una logica più sostenibile
22 Settembre 2020
Redazione FPA
“Occorre mettere in moto piattaforme e progetti capaci di sostenere un’economia che contribuisca a ridare senso agli spazi urbani, che trattenga e coltivi talenti altrimenti destinati a migrare e che rinnovi legami sociali e culturali. Un’economia che produca luoghi”.
Tratto dal saggio “Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società”, di Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, l’invito è rivolto agli amministratori delle tante piccole e medie città italiane che si confrontano con un destino incerto e in un periodo in cui le logiche centro-periferie, nord-sud, sembrano in qualche modo superate.
Il libro nasce in epoca pre-covid, eppure esplora una serie di argomenti di grandissima attualità che Paolo venturi, Direttore AICCON – Associazione Italiana per la Promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit dell’Università di Bologna – ci ha introdotto in questa intervista a cura di Gianni Dominici.
Una riflessione centrale per un’Italia fatta da mille territori identitari e altri “nonluoghi” privi di contenuto di senso.
L’intervista
“Questa crisi – afferma Venturi – ha tolto il velo a quella che era la differenza fra spazi e luoghi, nel senso che sia l’economia, sia il nostro modo di lavorare, sia la vita quotidiana sono stati costruiti, per certi versi incentivati, dentro una dimensione di spazi dove la dimensione relazionale e di senso tendeva a sfumare”.
La fase riflessiva, in cui tutti ci siamo ritrovati durante l’emergenza, propria della vita contemplativa in cui tutto si genera (contrapposta alla vita activa di cui parla Hannah Arendt), ci ha permesso di scoprire nuove dimensioni; Venturi sottolinea “la dimensione del luogo, che aggiunge a quella dello spazio il fatto che dentro la dimensione di prossimità le persone hanno l’esigenza di costruire dei significati e quindi il lavoro, l’abitare, la relazione di vicinato”.
Rientra nel dibattito lo smart working, un nuovo modo di lavorare in termini di efficienza e i contratti di reciprocità (di cui parla Stefano Boeri) fra dimensione cittadina delle città e la dimensione dei borghi nelle aree interne. Un’economia che produca nuovi luoghi e che rigeneri gli esistenti in una logica più sostenibile, più umana, più prossima, è per Venturi tra le urgenze che questa fase di riavvio ci consegna come responsabilità.
A fronte di questa emergenza c’è la voglia di trovare spazi di coworking, Hub di innovazione sociale anche attraverso il recupero delle periferie, di beni immobiliari che hanno una potenzialità intrinseca, ma che pare non abbiano ancora trovato meccanismi di valorizzazione, perché “un limite delle politiche territoriali e industriali sta nel non aver compreso che la valorizzazione di asset – cosidetti dormienti – non passa attraverso la riqualificazione, ma passa attraverso la rigenerazione. Su questo passaggio tra riqualificare, cioè ridare qualità all’oggetto, e rigenerare, cioè ridare vita a una nuova comunità intorno ad un asset – secondo Venturi – c’è una diversa cultura amministrativa, di sussidiarietà, di visione che farà la differenza” e su cui gli amministratori pubblici dovrebbero puntare in questa seconda fase.
“La comunità che viene coinvolta diventa la prima risorsa di un processo di ripartenza del paese perché – sostiene Venturi – la rigenerazione di un asset si porta dietro quasi sempre delle nuove economie, delle nuove attività creative”. Sui processi di trasparenza, partecipazione, comunità, si gioca il futuro di tutti i progetti trasformativi. Non è un caso che Venturi consideri “l’ecologia delle relazioni sinonimo di territorio”.
“Il tema delle politiche però non può essere soltanto un tema di un governo che si dà indicatori sociali di coesione, ma – dice Venturi – di una diversa governance, di una capacità di mettere insieme soggetti diversi fra pari e costruire missioni comuni che si dà delle sfide, degli obiettivi concreti su cui misurarsi e valutarsi nella logica di dare valore”.
Si chiude l’intervista con un focus sulle infrastrutture digital, abilitanti di conversazioni, conoscenze, scambi. “Le piattaforme digitali sono a disposizione del paese per costruire un luogo di sviluppo, di incontro, di reciprocità, seppur digitale (perché – dice Venturi – anche il digitale può essere un luogo a seconda di come costruiamo e customizziamo le relazioni e i codici di comunicazione)”.