SMART City Exhibition 2012: l’anti bla-bla

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“C’è crisi, c’è grossa crisi…” diceva qualche anno fa un esilarante Corrado Guzzanti, e che ci sia crisi lo sappiamo bene, ma ci sono poi delle cose che fanno bene all’animo e ci rimettono sulla strada. La prima edizione di Smart City Exhibition, che abbiamo organizzato con Bologna Fiere la scorsa settimana, è stata una di queste ed è interessante cercare di capire perché sia andata così bene (a breve sarà disponibile il nostro comunicato conclusivo con tutti i dati) e perché abbiamo raccolto una così imponente mole di contributi italiani ed internazionali di valore (oltre a una rassegna stampa monumentale).

7 Novembre 2012

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Carlo Mochi Sismondi

“C’è crisi, c’è grossa crisi…” diceva qualche anno fa un esilarante Corrado Guzzanti, e che ci sia crisi lo sappiamo bene, ma ci sono poi delle cose che fanno bene all’animo e ci rimettono sulla strada. La prima edizione di Smart City Exhibition, che abbiamo organizzato con Bologna Fiere la scorsa settimana, è stata una di queste ed è interessante cercare di capire perché sia andata così bene (a breve sarà disponibile il nostro comunicato conclusivo con tutti i dati) e perché abbiamo raccolto una così imponente mole di contributi italiani ed internazionali di valore (oltre a una rassegna stampa monumentale).

Credo che il primo motivo sia stato il tema stesso: parlare di smart city non solo vuol dire essere allineati con il dibattito sull’innovazione dell’intero mondo sviluppato, in cui le città tornano prepotentemente come protagoniste, ma anche poter contare sui contributi degli studiosi più interessanti e visionari.

Ha contato poi la chiarezza del programma, scadenzato intorno a sei temi chiave e sviluppato ordinatamente tra key notes di sei guru internazionali, momenti di confronto, occasioni di lavoro collaborativo. È questa una formula innovativa, che dà spazio, nel limitato tempo di tre giorni, a centinaia di voci diverse che compongono una grande opera collettiva per presentare temi, problemi, esperienze, progetti.

Decisive sono state poi due scelte di fondo: la prima è stata gettare lo sguardo oltre il cortile e far intervenire i migliori esperti di tutta Europa, intercettando le reti più attive. Abbiamo così avuto da Ger Baron a Carlo Ratti, da Charles Landry a Pablo Chillon, da Inigo de la Serna a Jon Kingsbury. I loro interventi sono già ora tutti disponibili e costituiscono una preziosa testimonianza di come si pensa all’innovazione, alla creatività e allo sviluppo oltre confine. Come vedrete il dibattito è molto poco ideologico, pochissimo istituzionale (le nostre beghe di competitività tra istituzioni sono lontanissime), molto mirato sull’iniziativa dal basso e sulla partecipazione, anche ludica.

La seconda è stata di coinvolgere sempre tutte e tre le “eliche” dell’innovazione: le amministrazioni più avvedute, le imprese innovative, il mondo della ricerca e dell’università. Certamente abbiamo dato posto anche alla politica, necessaria per poter contar su visioni strategiche e su scelte di valore, ma non ne siamo stati condizionati: abbiamo piuttosto chiesto a sindaci e a governo di entrare in questo confronto con grande rispetto dei ruoli di ciascuno.

È interessante anche il buon risultato che ha dato l’aver moltiplicato i temi e le occasioni, anche parcellizzandole in incontri di poche decine di operatori. Questo “allungare la coda” dei possibili interessati, proponendo molte decine di temi specifici, non solo ha aumentato di molto il numero e la qualità degli interlocutori, ma ha dato modo a temi di nicchia (dall’ottica di genere per le smart city, alla mobilità individuale sostenibile; dagli strumenti finanziari per la partnership pubblico-privata alla geomatica) di essere visti come tessere di un più grande mosaico di innovazione.

Insomma un’esperienza largamente positiva che ha dimostrato, prima di tutto a noi, che è possibile mettere in piedi degli appuntamenti che coinvolgono migliaia di persone senza essere né banali, né autocelebrativi, ma costruendo valore sulla grande voglia di aggiornarsi, di partecipare ad un processo di modernizzazione, di collegarsi e far sistema che c’è nell’amministrazione pubblica, soprattutto territoriale. Non è detto che organizzare convegni voglia sempre dire alimentare il bla-bla: può voler dire invece contagiare migliaia di operatori con i virus dell’innovazione, della curiosità, del desiderio di lavorare insieme. Non è detto poi che proporre una mostra di soluzioni voglia sempre dire innalzare altari alla vanità di persone o istituzioni. Si può fare in forma sobria, privilegiando incontri e contenuti, mettendo al centro la concreta progettualità di una PA che non si è rassegnata ad essere additata a spreco. Certo c’è ancora molto da fare e molto da imparare, ma mi sembra che siamo sulla buona strada, ed è una strada che non vogliamo fare da soli: apriremo quindi da subito la porta ad alleanze e collaborazioni con quanto di meglio stanno facendo in Europa sull’argomento aziende private e istituzioni.

I tre giorni di Bologna sono stati quindi solo un primo passo di un percorso di riflessione, confronti e appuntamenti che ci porterà a maggio a FORUM PA 2013, dove faremo tesoro delle esperienze fatte, e poi alla prossima edizione di SMART City Exhibition, quando molte delle cose che abbiamo intravisto dovranno ormai essersi concretizzate in effettivo incremento della qualità della vita per i cittadini.

 

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