Perché invitare Stiglitz a FORUM PA 2021

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Quando abbiamo cominciato a progettare l’edizione 2021 del FORUM PA abbiamo focalizzato la manifestazione sulla filiera logica che parte dall’aspirazione a uno sviluppo equo e sostenibile e a un mondo più giusto e che vede nella transizione ecologica e nella trasformazione digitale (il verde e il blu) i fattori fondamentali per raggiungerlo, identificando nel settore pubblico il motore di questo progresso e nella collaborazione pubblico-privato l’unico modello per realizzarlo. Quando, partendo da questi presupposti, ci siamo interrogati su quali fossero i personaggi che ci potessero illuminare questo cammino il primo nome che abbiamo fatto all’unisono è stato quello del premio Nobel Joseph Siglitz che sarà al FORUM PA il pomeriggio del 21 giugno

4 Marzo 2021

Carlo Mochi Sismondi

Presidente FPA

Photo by Joshua Rawson-Harris - https://unsplash.com/photos/KRELIShKxTM

Quando abbiamo cominciato a progettare l’edizione 2021 del FORUM PA, la trentaduesima da quando nel 1990 inaugurammo la serie (c’era il penultimo Governo Andreotti, e la “prima” Repubblica che ancora non sapeva che ce ne sarebbe stata una seconda e poi una terza e così via), abbiamo focalizzato la manifestazione sulla filiera logica che parte dall’aspirazione a uno sviluppo equo e sostenibile e a un mondo più giusto e che vede nella transizione ecologica e nella trasformazione digitale (il verde e il blu) i fattori fondamentali per raggiungerlo, identificando nel settore pubblico il motore di questo progresso e nella collaborazione pubblico-privato l’unico modello per realizzarlo.

Quando, partendo da questi presupposti, ci siamo interrogati su quali fossero i personaggi che ci potessero illuminare questo cammino il primo nome che abbiamo fatto all’unisono è stato quello del premio Nobel Joseph Siglitz che sarà al FORUM PA il pomeriggio del 21 giugno.

Qui non lo presenterò, c’è già in questo numero della nostra newsletter una breve presentazione per i pochi che non lo conoscono, vorrei invece darvi conto del perché di questa scelta, anche qui affidandomi alla stringente logica dei suoi scritti. Ovviamente non posso ricordarli tutti e mi servirò soprattutto dell’ultimo “Popolo, potere e profitti – Un capitalismo progressista in un epoca di malcontento” uscito in USA nell’aprile 2019 e in Italia per Einaudi circa un anno fa, ma non posso non ricordare “Il prezzo della disuguaglianza” del 2013 o “Invertire la rotta. Disuguaglianza e crescita economica” uscito nel 2018 per i tipi di Laterza.

Torniamo al ragionamento di Stiglitz che ce lo rende così “appropriato” (mi si perdoni il termine) per fare da guida per il nostro percorso. Presento subito la conclusione e poi cercheremo di capire per quale strada ci siamo arrivati.  Il nostro economista dichiara che “la questione non è se scegliere i mercati o il settore pubblico, ma come combinarli nel migliore dei modi (…) c’è bisogno di un intervento pubblico per avere un’economia efficiente e stabile a rapida crescita e per garantire che i frutti di questa crescita siano condivisi equamente”. Per noi che abbiamo fatto della partnership Pubblico-Privato, ma anche del ruolo dell’amministrazione pubblica per garantire diritti ai cittadini e alle imprese il nostro leitmotiv questa dichiarazione è musica.

Ma vediamo i passaggi che portano Stiglitz a questa conclusione. Lo farò citando alcune frasi tratte dal suo   libro perché non credo ci sia bisogno di interpretarle, chiare come sono. “Innanzitutto occorre ribadire che i mercati da soli non riusciranno a procurare una prosperità condivisa e sostenibile. I mercati svolgono un ruolo impagabile in ogni economia ben funzionante, tuttavia spesso non riescono a raggiungere risultati equi ed efficienti, producendo troppo di alcune cose (inquinamento) e troppo poco di altre (ricerca pura indipendente, o di base)”. L’autore continua ricordandoci il tema del cambiamento climatico, dell’esternalizzazione di costi, delle necessarie spese per la sicurezza, anche sanitaria (scriveva prima del Covid-19). Leggiamo poi, in un altro passaggio chiave che “la fonte più importante degli incrementi di produttività scaturisce da un aumento delle conoscenze. Ma la tecnologia può avanzare innanzitutto se poggia sui fondamenti scientifici forniti dalla ricerca di base finanziata a livello pubblico”. Anche in questo caso non possiamo che condividere: la conoscenza e la sua diffusione democratica, fatta di un movimento circolare e non di diffusione ad una via, è alla base della crescita democratica di una comunità.

Quando passiamo poi a considerare il tema della giustizia sociale e della lotta alla disuguaglianza, che Stiglitz ha più volte esaminato anche come costo economico per la società, le parole sono ancora più nette:

“una società meno divisa, cioè un’economia più equa, è più prospera. I fatti parlano chiaro: i benefici della crescita semplicemente non filtrano verso il basso. E oggi possiamo osservare le ampie fasce di popolazione, in America e altrove nel mondo avanzato, che vivono nella rabbia e nella disperazione dopo i decenni di quasi stagnazione dei redditi prodotti dalle politiche per l’offerta, anche quando il Pil è cresciuto”.

Per me poi che mi interrogo da anni sul modo di rendere vera un’equazione che spesso è stata malamente data per scontata, ossia che il progresso tecnologico e la trasformazione digitale siano (sempre) foriere di sviluppo socialmente, economicamente e ambientalmente sostenibile, è importante sentire un Premio Nobel dichiarare che la globalizzazione e lo sviluppo tecnologico devono spingerci verso una maggiore giustizia sociale e che l’attuale stato di sofferenza di una così ampia fascia di popolazione è “colpa di tutti noi che non abbiamo saputo gestire meglio il cambiamento tecnologico e il processo di globalizzazione, facendo in modo che, mentre alcuni individui perdevano il lavoro, la maggioranza ne trovasse uno nuovo da un’altra parte”.

L’ultima frase che citerò ci induce ad un’attiva speranza: “esiste un’agenda economica generale che riporterebbe la crescita e una prosperità condivisa. Tale agenda combina lo smantellamento degli impedimenti alla crescita e all’uguaglianza (…). Prevede l’offerta di un superiore sostegno alla ricerca pura e di un maggiore incoraggiamento al settore privato perché si impegni nella creazione di ricchezza piuttosto che nella ricerca della rendita”.

Basta questa breve antologia di affermazioni, ciascuna delle quali è poi argomentata in un libro rigoroso, seppur accessibile anche ai non specialisti, per spiegare perché per il giorno in cui apriremo FORUM PA 2021 e ci interrogheremo sul ruolo del settore pubblico nella ripresa e nella resilienza, abbiamo invitato Joseph Stiglitz. Perché davvero noi crediamo che un nuovo e più equo sviluppo è possibile; perché da quando queste frasi sono state scritte una tremenda pandemia ci ha costretti a ripensare i paradigmi della crescita economica, ma anche della nostra vita in comunità; perché questo è il momento delle scelte e delle decisioni che condizioneranno nel bene o nel male i prossimi decenni.

Non crediamo più, ormai da tanti anni, ai profeti che dettino le verità assolute, ma ai maestri che possono indicare le direzioni sì e Stiglitz è, a mio parere, uno di questi.

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