Banda Ultra Larga, serviranno 10-15 mila posti di lavoro che non sappiamo dove trovare

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Secondo uno stima del noto esperto Falciasecca, per il nostro sito, serviranno 10.000 a 15.000 posti di lavoro per fare la nuova rete. Non saranno solo di manovalanza ma richiederanno una più o meno elevata professionalità e conoscenze specifiche. Il sistema di formazione tradizionale è presumibile che non sarà in grado di fornire le prestazioni necessarie in modo così massiccio né in tempi brevi

17 Novembre 2016

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Gabriele Falciasecca, Università di Bologna Fondazione G. Marconi

Facendo un conto sommario, nei prossimi quattro anni tra finanziamenti pubblici e privati circa 10 miliardi di euro saranno immessi nel sistema TLC per la realizzazione delle iniziative sulla Banda Ultra Larga legate agli obiettivi al 2020 della Agenda Digitale Europea declinati per il nostro paese. Facendo un conto ancora più sommario dovrebbero essere disponibili da 10.000 a 15.000 posti di lavoro, in gran parte nuovi, che non saranno solo di manovalanza (buchi per terra come si disse una volta ai tempi di Socrate) ma che richiederanno una più o meno elevata professionalità e conoscenze specifiche. Il sistema di formazione tradizionale è presumibile che non sarà in grado di fornire le prestazioni necessarie in modo così massiccio né in tempi brevi: è di ieri l’appello del Presidente di Unindustria Bologna Alberto Vacchi perché vi sono almeno 1000 posti di lavoro all’anno disponibili in più per diplomati tecnici per far fronte alle esigenze delle aziende della provincia, a prescindere dall’Agenda Digitale. Il compito quindi dovrà essere svolto in buona parte dalle aziende, tra cui le più previdenti si stanno già preparando per questo. Un primo auspicio è allora che i margini che verranno lasciati alle ditte che dovranno svolgere i lavori e che si trovano alla fine della catena siano sufficienti per ripagare questa attività aggiuntiva necessaria quanto il lavoro diretto. E la formazione è già di per sé un investimento che si deve far fruttare.

Peraltro non c’è dubbio che siamo di fronte a un picco di attività concentrato in un tempo ristretto. Questo tempo potrebbe allargarsi per motivi pratici – i ritardi nel nostro paese sono la norma e in questo caso sarebbero anche giustificati – se ciò potrà avvenire senza la perdita dei finanziamenti comunitari, cosa comunque ancora non certa. Sia ben chiaro: alleluia! Ma resterà comunque aperto il problema di cosa fare dei lavoratori assoldati per questa fase se non ci sarà un seguito di attività che consenta una riconversione anche parziale. Gli operatori del ramo installazione ricordano ancora la sequela di fallimenti che seguì la brusca interruzione del progetto Socrate. C’è quindi il rischio che per proteggersi le aziende tendano a ricorrere alle forme di reclutamento più precarie e che quindi i posti di lavoro offerti non siano di qualità e non si sfrutti l’occasione per accrescere la forza lavoro stabile e qualificata. Ciò è già accaduto all’inizio della attività sull’LTE, dove le competenze necessarie erano ben più elevate, creando magoni a un vecchio professore. Ipotizzare una adeguata soluzione per questi lavoratori può favorire una assunzione più stabile, oltre che, per una volta, guardare lontano.

Nell’ambito della politica industriale, che finalmente sembra che il paese voglia riprendere a fare, la soluzione può venire intrecciando l’attività di posa delle fibre con una seconda attività, contigua, o che almeno offra una agevole riconversione. Un suggerimento può venire dalla recente apertura verso il 5G nella stessa agenda europea. Il wireless è infatti entrato come obiettivo primario, nell’ immediato perché nel 2020 ogni paese dovrà avere una città equipaggiata con il 5G, ma poi anche nelle scadenze future. Il wireless non viene dunque più visto solo come una soluzione tattica da usare laddove i costi o le difficoltà naturali impediscono altre soluzioni, ma come elemento essenziale di un progetto più articolato. Se anche per il nostro paese il 5G assumerà il ruolo di investimento strategico cui dedicare la stessa attenzione che oggi è dedicata alla fibra ottica – di cui peraltro lo stesso 5G ha bisogno – potrebbe verificarsi un raccordo tra i due periodi temporali , ante e post 2020, in grado di prolungare fino a durata fisiologica l’impegno di manodopera. Per il 5G si riproporrà infatti lo stesso problema che ora è stato affrontato per la BUL a casa dell’utente. Infatti il mercato tenderà a privilegiare le aree più densamente popolate anche in questa occasione, lasciando in secondo piano le zone più sfavorite, anche se probabilmente in maniera meno accentuata rispetto al fisso data la minor consistenza degli investimenti. Abbiamo ormai scoperto che le nostre aziende medio piccole sono dislocate in grande quantità nelle zone bianche, dunque in aree che sono svantaggiate oggi per la fibra, ma anche domani per il 5G. Ma sia per raggiungere gli obiettivi di Industria 4.0 sia per le tante applicazioni verticali che sono prefigurate all’interno del 5G, che saranno essenziali in ogni porzione di territorio, sarà necessaria una distribuzione più omogenea nell’intero paese.

Sul piano della professionalità necessarie, la configurazione a slices del 5G – fette con obiettivi e qualità di servizio differenziate, gestite via software all’interno di uno stesso sistema – è una grande opportunità per riportare una parte del lavoro oggi svolto dagli OTT dalle edge della rete all’interno di essa, net neutrality permettendo. Una opportunità, naturalmente, non una necessità. Alcune slice avranno bisogno di una attenzione particolare fin dal progetto installativo; per una realizzazione corretta sarà necessario conoscere a fondo il sistema che si sta realizzando: ecco dunque la opportunità di creare una figura professionale più aperta e dunque più facilmente convertibile. Se la formazione che verrà fatta ai nuovi lavoratori non sarà la minima necessaria, la loro riconversione verso nuove attività sarà non solo più agevole ma potrebbe invogliare il datore di lavoro ad allargare ulteriormente il proprio campo di attività arricchendo così l’azienda.

Un allargamento di orizzonte da parte del governo è la premessa indispensabile per conseguire quanto qui indicato; un piano sul 5G che vada al di là di una sperimentazione – questa è già stata annunciata dal Sottosegretario Giacomelli – e che tenda ad offrire questa connettività in modo omogeneo, come si è fatto per il fisso, è ciò che serve. L’intensificazione della collaborazione fra pubblico e privato potrà essere il mezzo attraverso il quale la formazione potrà prevedere un intreccio di competenze d’azienda e di nozioni di maggior generalità.

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