Intelligenza Artificiale (AI), dove sta andando e dove ci porterà

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I cambiamenti rivoluzionari che l’AI porterà nei prossimi anni richiedono una forte attenzione non solo dal punto di vista culturale ma anche istituzionale. L’obiettivo non può certo essere quello di fermare il cambiamento ma, considerati tempi e modalità di impatto previsti, occorre sviluppare consapevolezza e strategie che garantiscano che i cambiamenti avvengano in modo sostenibile

24 Maggio 2023

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Roberto Vardisio

Esperto di Digital transformation e Gamification

Foto di h heyerlein su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/ndja2LJ4IcM

Intelligenza artificiale conversazionale, in parole semplici una macchina che ha la capacità di sostenere una qualsiasi conversazione esattamente come farebbe una persona.

La sfida è stata lanciata più di 70 anni fa da Alan Turing, uno dei padri dell’intelligenza artificiale, che sognava di costruire una macchina capace di conversare in modo indistinguibile da un essere umano. Solo vincendo questa sfida si sarebbe potuto affermare che l’intelligenza umana poteva essere simulata artificialmente. Ebbene, sembra proprio che ci siamo.

Dopo anni di tentativi ambiziosi portati avanti dai giganti del digitale che avevano prodotto risultati mediocri, il modello di intelligenza artificiale ‘spartiacque’ è arrivato e si chiama Chat GPT.  L’interesse riscosso da questo sistema negli ultimi mesi non ha paragoni nella storia della Rete, anche perché OpenAI (la società che lo ha sviluppato) attualmente consente a tutti di utilizzare gratuitamente questa tecnologia.

OpenAI si definisce come una organizzazione senza scopo di lucro che si dedica allo sviluppo dell’intelligenza artificiale per il bene dell’umanità. Considerata tale natura recentemente le è stato chiesto di condividere il codice sorgente di Chat Gpt ma la risposta è stata piuttosto “business oriented”: il codice è protetto da proprietà intellettuale e non può essere divulgato. Se è vero (come penso sia inevitabile) che questo tipo di tecnologia cambierà il volto dell’economia mondiale nei prossimi anni è facile capire che la questione del suo controllo è tutt’altro che marginale. Ma proviamo innanzitutto a capire perché questo tipo di tecnologia è destinata a cambiare non solo il modo in cui ci relazioniamo con le macchine ma a modificare profondamente il modo in cui vediamo il mondo e ci relazioniamo con esso.

Chat GPT è basato su Reti neurali artificiali di ultima generazione, algoritmi che funzionano in maniera simile al cervello umano. In entrambi i casi gli input esterni vengono elaborati attraverso l’interazione di neuroni che ‘imparano’ a codificare gli stimoli esterni ed a fornire determinate risposte. Mentre il cervello umano impara attraverso l’esperienza diretta con l’ambiente, le Reti neurali vengono addestrate in modo automatico, fornendo loro grandi quantità di dati che gli consentono di riconoscere gli input e di fornire risposte. Pur non essendo interessati agli aspetti tecnologici di Chat GPT è importante sottolineare che la quantità di dati con cui è stato addestrato il sistema è un aspetto fondamentale. Chat GPT 3 (ultima versione prima di GPT 4 presentato a inizio Marzo 2023) è stato addestrato su una quantità straordinaria di dati presi dal Web, milioni di documenti, miliardi di parole ricavate da libri, articoli di giornale, siti web, etc. In tempi molto più rapidi di quanto sarebbe concesso ad un cervello umano la Rete Neurale ha letto intere biblioteche imparando gli schemi, le relazioni tra le parole, riuscendo così a generare contenuti che appaiono lineari e coerenti e quindi a fornire risposte a una vastissima gamma di domande.

Il primo impatto con Chat GPT lascia solitamente sbigottiti poiché si ha davvero l’impressione che il sistema capisca il significato delle domande e risponda a qualsiasi interrogativo quasi fosse un “demiurgo digitale”. Le cose però stanno diversamente. Simulare intelligenza non significa essere intelligenti nel modo in cui noi concepiamo questa facoltà. Il sistema cioè è in grado di rispondere in modo preciso e veloce, ma lavorando per “semplice” associazione di parole non ha nessuna comprensione di ciò che dice, nessuna forma di consapevolezza o di autonomia di pensiero. Altro limite importante sta nella creatività che il sistema può esprimere, nella capacità di generare idee originali e innovative. Il sistema può cioè rielaborare quello che ha letto in maniera efficace, ma non può creare contenuti del tutto nuovi.

Un mio vecchio insegnante amava definire i computer come “stupidi ad alta velocità” e penso che tutto sommato questa definizione sia ancora sostanzialmente valida. C’è però una differenza importante e cioè che queste nuove macchine sanno ‘fingersi’ intelligenti, e lo fanno davvero bene. Il modo in cui Chat GPT interagisce con noi è:

  • flessibile ossia è in grado di interagire su una straordinaria quantità di tematiche, cogliendo sfumature e sottigliezze;
  • accurato grazie ai cosiddetti “Attention models”, una recente tecnologia che consente ai modelli di linguaggio di focalizzarsi su parti specifiche del testo, il sistema è in grado di concentrarsi su frasi rilevanti migliorando la precisione nella risposta;
  • coerente ovvero è in grado di mantenere il filo logico che caratterizza il dialogo fra le persone in cui ogni risposta tiene presente la precedente.

Insomma, Chat GPT è in grado di simulare un modello di comunicazione che, almeno a livello verbale, è ormai sovrapponibile a quello di un interlocutore umano con la differenza che questo interlocutore digitale ha accesso ad un enorme numero di informazioni e può gestirle in modo più efficace di noi in termini di velocità di elaborazione e di memorizzazione. In realtà non è finita qui. Dal momento che Chat GPT non è stato ‘nutrito’ solo di testi, libri e documenti ma anche di programmi software, il sistema ha ‘imparato’ anche a scrivere codice: un sito in Html, un videogame scritto in Python, anche qui la flessibilità dello strumento sorprende.

Lo sviluppo tecnologico ha sempre influenzato l’economia facendo scomparire alcune professioni, alcuni mercati, e favorendo la nascita di altre possibilità. Seguendo un modo di pensare mutuato dalla prima rivoluzione industriale abbiamo per anni immaginato che anche la trasformazione digitale avrebbe determinato l’obsolescenza di settori e professioni meno qualificate dal punto di vista delle conoscenze. La tendenza, però, sembra decisamente diversa.

Per anni gli strumenti digitali ci hanno permesso di migliorare il modo di gestire le informazioni, di accedere ad esse e di condividerle. Tuttavia, la sintesi delle informazioni, la risposta finale ai problemi è rimasta sostanzialmente in capo a chi gestiva la tecnologia. Mentre è possibile pensare a questo tipo di digitale come “tecnologia della domanda”, i nuovi sistemi come Chat GPT sono piuttosto delle “tecnologie della risposta”. Considerato ciò che abbiamo detto prima sulla qualità di questa risposta, la possibilità di sostituire la risposta umana con la risposta di una AI segnerà il destino di molti settori economici nei prossimi anni.

Non solo le professioni basate sulla produzione di contenuti (dai copywriter ai giornalisti, agli sceneggiatori) ma, più in generale, tutte le professioni in cui è fondamentale l’elaborazione delle informazioni (medici, avvocati, ingegneri, educatori) avranno una sfida epocale da affrontare, quella di ripensare il proprio lavoro in modo che queste tecnologie possano rappresentare un mezzo per arricchire ciò che fanno e non un potenziale concorrente.

I cambiamenti rivoluzionari che l’AI porterà nei prossimi anni richiedono una forte attenzione non solo dal punto di vista culturale ma anche istituzionale. L’obiettivo non può certo essere quello di fermare il cambiamento ma, considerati tempi e modalità di impatto previsti, occorre sviluppare consapevolezza e strategie che garantiscano che i cambiamenti avvengano in modo sostenibile.

Personalmente mi sento di sollevare due punti di attenzione.  Il primo riguarda il tema della fiducia nella tecnologia, connesso strettamente a quello della ‘delega’, ovvero di ciò che decideremo di affidare alle macchine. Pensare che certe tecnologie siano neutre e imparziali è chiaramente ingenuo, basti pensare a quanto sono viziati commercialmente i motori di ricerca o i social media. Con l’AI il tema della neutralità delle macchine si fa più complesso perché, oltre al problema commerciale, occorre evidenziare che sistemi come Chat GPT vengono addestrati da persone in carne ed ossa che, anche inconsapevolmente, trasferiscono a questi ultimi non solo una certa visione del mondo ma anche preconcetti, pregiudizi e bias cognitivi. In tal senso la capacità di mantenere uno sguardo altamente critico sui contributi che la tecnologia ci offrirà è una delle sfide culturali e educative del prossimo futuro.

Un secondo tema riguarda il nostro rapporto con la conoscenza ed in particolare il significato che le attribuiamo. Come accennavamo, Internet ha rivoluzionato il nostro rapporto con il sapere, consentendo l’accesso a una vastissima gamma di informazioni, ma anche ponendo nuove sfide riguardo alla valutazione critica dei contenuti. Come dimostrano chiaramente fenomeni come quello delle fake news non tutti hanno saputo affrontare efficacemente queste sfide. Cosa succederà quando non avremo più a disposizione solo informazioni da connettere, ma contenuti ben strutturati che rispondono a domande precise? Cosa accadrebbe alla nostra idea di sapere se produrre conoscenze fosse concepito come un lavoro di routine?

Maggiore è l’impatto che una tecnologia può avere nel futuro e maggiore dovrebbe essere la consapevolezza e la responsabilità nella sua gestione. Da questo punto di vista trovo solo un paragone che mi convince rispetto all’AI, quello con l’energia atomica. Entrambe tecnologie rivoluzionarie ma così potenzialmente impattanti da richiedere un cambio di passo in termini di maturità e consapevolezza, il che sarà la vera sfida da vincere dei prossimi anni.

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