Maurizio Napolitano, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, intervistato da Gianni Dominici, spiega perché usare la parola digitale ormai è quasi inutile
14 Settembre 2020
Redazione FPA
“Le parole sono importanti!”: quale frase migliore di quella detta da Nanni Moretti nel celebre film “Palombella Rossa” per descrivere quanto detto da Maurizio Napolitano nell’intervista con Gianni Dominici. La parola ‘digitale’, infatti, è ambivalente: da un lato, raggruppa un mondo nuovo ed efficiente; dall’altro, rappresenta per molti una sfaccettatura negativa, un annullamento della natura sociale dell’uomo.
Nel percorso di avvicinamento a FORUM PA di novembre, #road2forumpa2020, le tematiche del digitale saranno al centro dei lavori della manifestazione.
L’intervista
Fa parte di questo percorso anche l’intervista di Gianni Dominici a Maurizio Napolitano, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler: “In Trentino è stato messo in discussione se continuare a fare o meno lo Smart Working negli enti pubblici” dice Napolitano, “Secondo me va fatta una riflessione anche per quello che riguarda l’impatto ecologico” conclude riferendosi alla possibilità di continuare con questo metodo di lavoro a distanza.
Sul digital divide, invece, il cambiamento deve partire da investimenti e competenze: “L’investimento in fibra continua ad esserci e adesso è diventato importante proprio come esigenza. Un grande impatto che deve prevedere una forte educazione digitale”.
Infine, anche le attività più classiche si sono rivolte a questo nuovo modo di intendere l’innovazione: “Un altro tema importante è quello che è accaduto per i negozi di quartiere” dice Napolitano, “in molti comuni sono nate mappe che raccoglievano informazioni su quali fossero i negozi aperti, in grado di consegnare beni di prima necessità a casa; questo ha cambiato il modo di rapportarsi di questi negozi al digitale e alla propria clientela”.
Sul modo di intendere la digitalizzazione, la strada è ancora lunga: “Il digitale è una parola che vorrei abolire” dice Napolitano, “Spesso il digitale, per esempio, ci fa pensare che perderemo un determinato tipo di rapporto; in seguito al lockdown, invece, stiamo rivivendo un rapporto ‘vecchio’ in un’ottica nuova, amplificata dal digitale”.