Non solo una rete, ma un sistema di servizi per le PA

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Ne parliamo con Emilio Frezza – Responsabile dell’area infrastrutture nazionali condivise del CNIPA

Con l’approvazione della gara multifornitore il Sistema Pubblico di Connettività sta diventando una realtà di cui si comincia a parlare in termini meno astratti. A che punto siamo?

7 Giugno 2006

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Ne parliamo con Emilio Frezza – Responsabile dell’area infrastrutture nazionali condivise del CNIPA

Con l’approvazione della gara multifornitore il Sistema Pubblico di Connettività sta diventando una realtà di cui si comincia a parlare in termini meno astratti. A che punto siamo?

L’SPC è composto da diverse parti distinte. La gara multifornitore che citava lei è quella che riguarda la connettività e che ci ha permesso di individuare i quattro operatori di telecomunicazioni vincitori che ci metteranno a disposizione la rete per costruire l’SPC. Fastweb/EDS, Albacom, Wind e Telecom Italia, hanno appena firmato i contratti e si sono visti assegnare le amministrazioni centrali secondo le percentuali previste nella gara, corrispondenti al 60%, 25%, 10% e 5%. Nelle prossime settimane lavoreremo insieme a questi quattro operatori ed insieme alle amministrazioni per definire il piano di migrazione dalla vecchia rete RUPA all’SPC e per definire i fabbisogni per il 2006/2007. In questo modo saremo definitivamente pronti per partire con i primi servizi.
Oltre a questo restano ancora due gare aperte, una relativa al Centro di Gestione ed una seconda per il Nodo VOIP, che sono in fase aggiudicazione: abbiamo, infatti, già avuto le offerte, la commissione è stata nominata e si è insediata e sta lavorando per l’aggiudicazione che arriverà probabilmente dopo l’estate.Ovviamente i servizi di connettività potranno partire anche indipendentemente dal Centro di Gestione, perché quest’ultimo sarà un organo di supervisione che controllerà le performance dei 4 operatori, ognuno dei quali avrà un proprio centro di gestione.

Ora, come ha sottolineato il presidente Zoffoli, occorre, però, riempire questo canale di contenuti. Quali sono le priorità?

Oltre alle gare che potremmo definire di tipo infrastrutturale, abbiamo in corso un altro tipo di gare direttamente collegate ai servizi, in particolare quelli per la cooperazione applicativa. Le gare sono due. Una prima riguarda tutte le componenti presenti nelle nostre server farm, come messaggistica, help desk informatico e sviluppo software della cosiddetta porta di dominio, elemento fondamentale per rendere compatibili le applicazioni tra di loro. Una seconda gara riguarda, invece, un organo di certificazione destinato a verificare le caratteristiche delle applicazioni e la corrispondenza dei vari elementi a quanto prescritto dalla prima gara.
Per quanto riguarda la prima gara, divisa in due lotti di fornitura, è già stato pubblicato il bando europeo, abbiamo avviato il processo di qualificazione delle aziende e stiamo emettendo i capitolati tecnici che saranno pronti prima dell’estate per aggiudicare la gara entro l’anno. Tutti i servizi legati alla connettività, invece, fanno parte della gara già assegnata per il Sistema Pubblico di Connettività. Ciascun provider può, infatti, fornire alle proprie amministrazioni una serie di servizi. Si tratta di un listino di oltre 700 voci che abbiamo individuato raccogliendo tutto ciò che il mercato già offre ai propri utenti, logicamente con un prezzo molto vantaggioso per le amministrazioni, che possono scegliere se aderire o meno.

La più grande differenza tra SPC e RUPA risiede proprio nei servizi. Ma la realizzazione di una nuova infrastruttura era l’unico mezzo possibile?

Non si poteva procedere impostando i requisiti per i fornitori ed appoggiandosi alla rete internet? La domanda è assolutamente lecita e ci siamo trovati più volte a rispondere. Il punto è che in Europa non esiste un’applicazione dell’amministrazione pubblica realizzata esclusivamente su internet. La rete che utilizziamo noi tutti, infatti, è certamente un’ottima infrastruttura, ma è priva di garanzie. Internet è quella che comunemente viene definita un’infrastruttura best effort, cioè una rete nella quale non si hanno garanzie né di prestazioni né di sicurezza. Lo Stato, invece, che ha bisogno di entrambe queste garanzie, deve poter usufruire di un’infrastruttura IT sulla quale trasportare qualunque tipo di segnale, compreso quello della fonia, così come fanno le grandi aziende o le banche per dialogare tra le proprie sedi e raggiungere elevati livelli di efficienza ed economicità. La chiave di volta, rispetto alla RUPA è stata quella di non impegnarci nella realizzazione di una rete fisica proprietaria dell’amministrazione, ma di chiedere ai quattro provider vincitori, di dedicare una pozione della propria rete alle attività della amministrazione pubblica. Non creiamo un’infrastruttura ex novo, ma abbiamo stabilito criteri di qualità, prestazioni e sicurezza che dovranno essere garantiti dai fornitori del servizio di connettività. La RUPA, invece, era effettivamente una rete diversa ed anche se utilizzava i cavi della rete di Telecom aveva delle macchine proprietarie su cui girava il traffico.

Passando ai servizi il modello cooperativo non è un meccanismo semplice da far comprendere alle amministrazioni. Quanto è sostenibile questo modello?

Parlando specificatamente di cooperazione applicativa ci troviamo senza dubbio di fronte ad un modello che occorre innescare. È logico che se si obbliga un’amministrazione a mettere a disposizione di altri enti le proprie applicazioni chiedendogli di investire delle risorse per "regalarle", poi, a tutti, la risposta sarà piuttosto fredda, o totalmente negativa. Ma in un progetto che, invece, punta alla cooperazione applicativa tra tutte le amministrazioni, o comunque tra quelle maggiori, il modello può auto-sostenersi. Ovviamente dobbiamo aiutarlo a decollare e senza dubbio il CNIPA ha gli strumenti e la forza per farlo. Del resto i benefici derivanti dalla collaborazione tra amministrazioni li abbiamo già visti, ad esempio con le anagrafi o con gli enti previdenziali. Si tratta solo di far diventare la cooperazione una consuetudine, una prassi, un costume dal quale tutti ricevano benefici. Una volta conclusa la gara e definiti i criteri e gli standard i nostri sforzi si concentreranno proprio su questo, ma non credo che avremo grandi problemi.

Proprio in riferimento alla cooperazione durante il convegno dell’8 maggio sono state sollevate alcune critiche da parte della Regione Emilia Romagna sul non coinvolgimento delle amministrazioni territoriali. Una questione chiusa lì?

Diciamo che si è trattato di un’impressione del momento che, per altro, è stata subito chiarita nel pomeriggio stesso di quell’incontro. Un malinteso che non so da dove sia potuto nascere dato che l’Emilia Romagna è la regione che maggiormente sta collaborando all’interno della Commissione di coordinamento. Ad esempio a breve inizieremo una serie di incontri con tutte le Regioni e proprio l’Emilia Romagna, nella persona del dottor Garavini, sta collaborando con il CNIPA per la gestione e l’organizzazione di questi incontri. Il gruppo di lavoro misto, formato da 6 amministrazioni centrali, 6 locali e dal CNIPA ha prodotto dei risultati ed una serie di sollecitazioni e di proposte che naturalmente dovevano essere sintetizzati in un documento finale. Così è stato fatto anche perché una volta definito lo scenario, bisognava scrivere un capitolato tecnico con cui le aziende avrebbero dovuto misurarsi. In questo tipo di mabito, mi dispiace, non è possibile coinvolgere tutti.

Uno dei temi è quello della convergenza tra SPC e wireless. Quali saranno i prossimi passi? C’è qualcosa di già deciso?

L’SPC, essendo nato ora come rete di telecomunicazione, deve prevedere, ovviamente, l’apertura ai sistemi wireless, intesa sia come apertura al mobile che al wi-fi. I cellulari, infatti, si stanno diffondendo in maniera sempre più massiccia come strumenti per l’interscambio di dati, e rapprewentano uno strumento aggiuntivo che potrebbe essere indispensabile per alcune applicazioni delocalizzate. Tutto ciò ce lo siamo già garantiti con il capitolato di gara e le amministrazioni potranno attivare questi servizi senza dover stipulare un contratto specifico, ma semplicemente utilizzando quei famosi listini di cui parlavamo prima. Lo scenario futuro risiede, invece, nell’utilizzo delle tecnologie wireless ed in particolare in quelle wi-max o pre-wi-max, per realizzare le infrastrutture di rete. Oggi, infatti, gli operatori diversi da Telecom utilizzano o l’ultimo miglio delle rete Telecom o una rete propria, che però è ancora molto limitata e la maggiore evoluzione sarà proprio sul tipo di infrastruttura scelta dall’operatore per far viaggiare il segnale. Al CNIPA e al SPC non interessa se l’operatore utilizza il cavo o la tecnologia wireless per trasportare i dati, purché vengano garantite le prestazioni tra un punto e l’altro del Paese. Questo lascia libertà di azione a tutti coloro che operano in questo sistema e permetterà di differenziare l’infrastruttura non appena la tecnologia wi-max, o una tecnologia superiore, raggiungerà livelli di economicità e prestazioni concorrenziali. Il fatto che tra i vincitori ci siano 3 operatori alternativi al proprietario della rete fa sì che essi abbiano tutti gli interessi a costruirsi una propria rete, facendo entrare in gioco, prima o poi, questi sistemi. Questo, ovviamente, sarà anche un vantaggio di tipo economico, perché se l’operatore sceglierà di passare dal cavo al wireless lo farà nel momento in cui la tecnologia gli consentirà un costo minore che a cascata ricadrà sull’amministrazione e sugli utilizzatori finali.

Potrebbe chiarirci l’accenno del Presidente Zoffoli all’apertura della rete SPC ai cittadini nell’orario in cui non sarà utilizzata dalle amministrazioni?

Non avendo assistito al momento in cui il Presidente Zoffoli ha rilasciato questa dichiarazione posso solo ipotizzare che si riferisse al fatto che avendo a disposizione un’infrastruttura così potente, si potrà pensare di facilitare l’accesso alle banche dati della pubblica amministrazione a costi molto bassi. In questa logica, quando inutilizzati da parte dell’amministrazione, questi sistemi potrebbero avere un accesso per i cittadini gratuito o quasi. Logicamente non possiamo pensare di metterci a fare concorrenza agli operatori, ma solo favorire i cittadini nell’accesso. Ad esempio se parliamo di Voice over IP si potrebbe ipotizzare che un cittadino dialoghi con un call center pubblico in maniera gratuita e così via. Si tratterà, insomma, di offrire servizi al minor costo possibile e , se possibile, addirittura gratuitamente.

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