Responsabili Transizione al Digitale: bene la crescita delle nomine, ma ora la sfida è l’accompagnamento

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In un processo di costruzione della transizione al digitale delle amministrazioni che non avviene in modalità bottom-up, i RTD avvertono fortemente il bisogno di standard, protocolli e modelli, meglio ancora se messi a disposizione in modo collettivo da una rete tra pari

18 Febbraio 2020

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Andrea Baldassarre

Responsabile Area Content Development FPA

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Giovanna Stagno

Responsabile Area Advisory e Gare FPA

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L’istituzione della figura del Responsabile per la transizione digitale (RTD) rappresenta una delle principali azioni intraprese negli ultimi  anni per facilitare il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Introdotta con il Decreto legislativo n. 179 del 26 agosto 2016, che ha modificato l’articolo 17 del Codice dell’amministrazione digitale (CAD), la figura del RTD sembra finalmente aver assunto la necessaria rilevanza, quale elemento portante per l’ammodernamento di tutti gli enti pubblici.

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Responsabili Transizione al Digitale: aumentano le nomine

Il processo di nomina degli RTD da parte delle PA, piuttosto lento e disomogeneo nei primi due anni dall’entrata in vigore della norma (settembre 2016), nel 2019 ha infatti registrato un deciso cambio di passo. Tra le ragioni di questa accelerazione vi è sicuramente la Circolare n. 3/2018 del Ministro per la pubblica amministrazione, con cui si sollecitavano tutte le amministrazioni ad adempiere alle previsioni dell’articolo  17 del CAD. Da allora, il numero di RTD nominati è progressivamente cresciuto, passando da poco meno di 3.000 RTD nominati a ottobre 2018 ai 5.200 di dicembre 2019.

Piano triennale ICT: la centralità degli RTD

Un ulteriore fattore abilitante di questa crescita è rappresentato dalla centralità riconosciuta alla figura del RTD da parte del nuovo Piano triennale per l’ICT pubblico 2019-2021. Pubblicato nello scorso mese di marzo,  il  Piano dedica una specifica sezione del Capitolo 11– Governare la trasformazione digitale – ai RTD, in cui se ne riafferma la centralità nel percorso di trasformazione digitale della PA e si definiscono  una  serie di  azioni finalizzate a  rafforzarne il ruolo all’interno di ciascuna amministrazione.

Tra queste, spicca sicuramente la creazione della di una rete di RTD in grado di supportare le amministrazioni  nell’attuazione  degli  obiettivi di transizione al digitale previsti dal Piano triennale. Fulcro di tale rete è la Conferenza dei Responsabili per la transizione al digitale. Concepito come uno strumento di dialogo, raccordo e supporto, la Conferenza è stata avviata da AgID nel febbraio 2019. In questo suo primo anno di attività, la Conferenza ha visto il coinvolgimento di un primo nucleo di RTD provenienti da PA centrali, Regioni, città metropolitane e relativi comuni capoluogo.

I numeri: in difficoltà le PA più piccole

E’ quindi indubbio che il 2019 sia stato caratterizzato da importanti passi in avanti nella valorizzazione di questa figura tanto importante quanto sottovalutata, soprattutto nelle amministrazioni più piccole. È  proprio volgendo lo sguardo a queste realtà che si riscontrano le maggiori criticità. Partiamo dai dati oggi disponibili (per dare evidenza dello stato di avanzamento delle nomine, il numero di RTD nominati è stato aggiunto tra gli indicatori di avanzamento della trasformazione digitale monitorati da AgID): attualmente risultano nominati i RTD di 12 ministeri, 19 Regioni e  Province autonome, 12 città metropolitane, 50 università e istituzioni di istruzione universitaria. ma cosa succede negli altri enti? Analizzando i dati disponibili sull’Indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) emerge come alcuni comparti siano ancora piuttosto indietro nel processo di nomina.

Il caso dei Comuni

Prendiamo il caso dei comuni che per natura (enti di prossimità, vicini alle esigenze dei cittadini) e funzioni (molteplicità di servizi erogati) sono tra  gli enti maggiormente ingaggiati nel percorso di attuazione del Piano triennale, in particolare per ciò che attiene lo sviluppo di servizi digitali semplici e orientati all’utente. A novembre 2019 i comuni che avevano nominato il proprio RTD erano 2.267 sul totale di 7.921 censiti su IPA, ovvero circa il 29%. È evidente che gli enti di minori dimensioni sono quelli maggiormente in difficoltà nell’individuare al proprio interno quelle “adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali” richieste dall’articolo 17 del CAD. Ma la possibilità di esercitare la funzione di RTD in forma associata, prevista dallo stesso articolo 17 e raccomandata dalla circolare 3/2018 per gli enti di piccole dimensioni, fornisce un’utile opzione per costituire, anche in queste realtà, quel “punto di contatto” richiamato dal Piano triennale.

I profili degli RTD

Quanto ai profili dei nominati, è evidente la tendenza, soprattutto nelle realtà più strutturate, di affidare il ruolo di RTD al CIO/responsabile dei sistemi informativi dell’ente. Nelle realtà di minori dimensioni è invece possibile riscontrare le casistiche più varie: dalla nomina a RTD del segretario generale, in ossequio alla regola per cui in assenza di posizioni dirigenziali, le funzioni per la transizione al digitale possano essere affidate a un dipendente in posizione apicale, alle soluzioni più fantasiose, come nel caso dei comuni che hanno affidato il ruolo di RTD addirittura al sindaco.

Gli enti del Sistema sanitario nazionale

Discorso per certi versi analogo può essere fatto per gli enti del Sistema sanitario nazionale (SSN), responsabili dell’erogazione di importanti servizi di assistenza e cura per i cittadini. Sicuramente più strutturati della maggior parte dei comuni, anche le strutture del SSN risultano indietro nel processo di nomina del proprio RTD. In base ai dati IPA, solo 54 aziende sanitarie locali e 47 tra aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie, policlinici e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici hanno nominato il proprio RTD. Questo significa che, ad oggi, oltre metà delle aziende sanitarie non ha ancora provveduto a nominare il proprio RTD. E nelle aziende che vi hanno provveduto spesso si tratta di una nomina formale, che non si sostanzia in azioni concrete per l’attuazione di quanto previsto dal CAD.

Nomina RTD: adempimento o driver di innovazione?

Davanti a questo scenario torniamo ad interrogarci sul ruolo del RTD. L’analisi dei numeri evidenzia quanto la nomina sia stata percepita come l’ennesimo adempimento. L’approccio che come FPA portiamo avanti è quello che considera norme e tecnologie abilitanti, certamente, ma che guarda alle persone come vero driver di innovazione. E in questo, la figura del RTD rappresenta senza dubbio un’importante opportunità di cambiamento, che può contribuire sensibilmente a ridisegnare il funzionamento della PA italiana.

Nel  corso del  2019, dai numerosi confronti con i RTD provenienti da enti di natura differente, sono emersi punti di vista concordanti su  ruolo e attività attribuite dall’art. 17.

“Coordinatori e facilitatori cercasi”

Il primo elemento rilevato a più voci è che il RTD non è uno specialista. I molti modi in cui è stato definito evidenziano l’attitudine da ‘coordinatore multidisciplinare’ chiamato a mettere insieme specialisti, a valutare qualità, utilità, efficacia dei processi, per produrre innovazione a vantaggio dell’intera collettività. Ma il RTD è anche un ‘facilitatore’ a supporto del decisore politico, come indica la stessa normativa, in grado di rendere comprensibili e applicabili le strategie digitali dell’ente. Si va sempre più delineando la necessità di una figura che  traduca la  transizione al digitale in primo luogo in un’azione di change management. Da qui i numerosi interrogativi: è giusto che il RTD sia il CIO dell’ente? Non si rischia così di schiacciare la trasformazione digitale sulla sola dimensione tecnologica?

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10 Marzo 2020

La solitudine del RTD

Nelle interlocuzioni con i RTD è emerso inoltre come questa competenza di coordinamento rischi spesso di sovrapporsi a mansioni e ruoli pregressi, sovraccaricando la capacità di visione strategica e di pianificazione richieste al RTD, che spesso avverte un forte senso di solitudine nell’affrontare le mansioni affidategli. E questo nonostante il compito di  guidare la transizione al digitale sia attribuito dalla norma ad un ufficio per la transizione al digitale. I RTD parlano di necessità di uffici multidisciplinari a cui attingere professionalità e competenze di diversi settori, dalle tecnologie alla sicurezza fino ad arrivare al procurement, ma rilevano un sottodimensionamento dell’ufficio in termini di risorse umane dedicate.

Il valore della community

In un processo di  costruzione della  transizione al digitale delle amministrazioni che non avviene in modalità bottom-up, i RTD avvertono fortemente il bisogno di standard, protocolli e modelli, meglio ancora se messi a  disposizione in modo collettivo da una rete tra pari.

Da questo punto di vista, l’azione di una community crea un  senso  di  appartenenza,  consente di condividere, collaborare e scambiarsi esperienze, è chiaramente una fonte preziosa di apprendimento e permette di definire strumenti e modelli e di trasmetterli ad altre realtà simili per farne ‘sapere’ comune.

In diverse occasioni abbiamo sottolineato come il fare rete debba quindi essere parte integrante di un percorso di transizione al digitale, che parta dalla conoscenza accurata della maturità dell’ente rispetto ai punti affrontati dal CAD per arrivare ad una roadmap di azioni da mettere in campo e che passi necessariamente attraverso un rafforzamento continuo delle conoscenze e delle competenze del RTD e del suo team.


Questo articolo fa parte di FPA Annual Report 2019


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