“Sfiduciati” sulla strada del CAD: coinvolgiamo tutti gli stakeholder

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Il processo di revisione del testo del nuovo CAD non è stato
completamente trasparente, le modalità di revisione non sono state
veramente aperte e condivise come richiederebbe il modello di
amministrazione che tutti ormai consideriamo consolidato ovvero l’Open
Government

1 Febbraio 2016

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Flavia Marzano, presidente Stati Generali dell'Innovazione

Nel documento di presentazione dell’incontro “Occasione perduta? La società dell’informazione e della conoscenza in un paese anormale ” tenutosi a Pisa a Ottobre 2008 (8 anni fa!), Paolo Zocchi, grande visionario purtroppo mancato un anno dopo, scriveva: “in un paese normale le grandi opportunità che consentono di competere nello scenario internazionale non vengono sempre sfruttate al meglio; in un paese normale può succedere che alcuni ritardi, dovuti alle situazioni preesistenti e alle specifiche basi di partenza economiche e sociali creino divari non sempre facili da colmare. In un paese normale la mancanza di visione a lungo termine può comportare una situazione di disparità interna, di sviluppo disarmonico, un “lag behind” che alla fine abbraccia tutta la compagine sociale e inficia i fondamentali processi di sviluppo. In questo l’Italia è un paese normale. L’anormalità del nostro Paese è però determinata da questioni più sottili che certamente hanno a che fare con i ruoli politici ma anche e soprattutto con l’incapacità di saper scorgere al proprio interno elementi di eccellenza (e ce ne sono) e nella congenita, antica tendenza a non saper trasformare in orgoglio nazionale, e quindi in modelli condivisi, le buone pratiche e la qualità dei territori, gli sforzi dei singoli, gli investimenti delle imprese, la motivazione dei giovani. In questo l’Italia è un paese anormale. La nostra classe politica fa questo mestiere per professione; ed è una professione da cui ci si può licenziare solo volontariamente, almeno per come è concepito attualmente il nostro sistema elettorale. Uno dei risultati di questa anomalia è la difficoltà a trovare un raccordo con quello che avviene nella società, in Italia e all’estero, e a lanciare appelli generici che derivano più da un “sentito dire” che da una reale e matura convinzione. Il continuo ricorso da parte della politica alla parola “innovazione” ha avuto effetti irrisori e non poteva essere diversamente … Non si tratta di dare solo più spazio all’innovazione tecnologica, bensì di definirla come la priorità principale dell’azione politica del futuro.

Tanta strada è stata fatta da allora e l’attuale classe politica non fa più l’errore che allora segnalammo con forza, ovvero vedere l’innovazione come un settore di nicchia.

Che cosa manca allora? Manca ancora quello che gli americani chiamano “trust”, la fiducia reciproca tra cittadino e politica, che può nascere solo dal rispetto reciproco e dalla reale possibilità di partecipazione da parte dei cittadini ai processi decisionali.

In questi giorni abbiamo visto nascere un forte dibattito sul nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale. Ma il processo di revisione non è stato completamente trasparente, la versione che circola è quella che tutti prudentemente dichiarano essere quella che forse verrà approvata, insomma le modalità di revisione non sono state veramente aperte e condivise come richiederebbe il modello di amministrazione che tutti ormai consideriamo consolidato ovvero l’Open Government. Modello che richiede alle istituzioni di attivare processi decisionali partecipati, garantire nuovi diritti di cittadinanza attiva e il loro pieno e consapevole esercizio per rafforzare la partecipazione e il processo decisionale democratico.

Le cose possono cambiare davvero, gli strumenti ci sono, le tecnologie lo consentono, i cittadini sono maturi, i nuovi politici, spesso da tempo (e molti anche da prima di avere un ruolo politico) sono coinvolti nel processo innovativo del paese, sono in grado di coordinare e gestire questo processo, non fermiamoci adesso, attiviamo spazi di dialogo, garantiamo una efficace e diffusa partecipazione degli stakeholder alla definizione di nuove norme.

Appare chiara e inderogabile la necessità di una visione di insieme che includa nel dibattito tutti gli stakeholder che possono portare non solo le proprie esigenze ma anche le proprie competenze.

Una consultazione permanente insomma, solo così si possono ottenere risultati veloci, efficaci, duraturi e soprattutto che tengano in considerazione le reali necessità del paese.

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