Spid, i commercialisti non lo usano perché ne hanno paura: la sfida della formazione

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SPID è un sistema sicuro più di qualunque altro. Se non è decollato come ci si aspettava è perché alla base di tutto c’è sempre una sorta di insicurezza nei confronti dell’informatica, una non conoscenza del mezzo che spinge a lasciare le cose come stanno, anche a dispetto degli innegabili vantaggi del sistema

5 Dicembre 2016

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Robert Braga, dottore commercialista e presidente di PROdigiale

Perché SPID non sta partendo come ci si aspettava? Le cause di questa partenza in sordina del Sistema Pubblico di Identità – che a dispetto di quello che il nome potrebbe far pensare è una chiave d’accesso non solo a tutti i servizi della Pubblica Amministrazione ma anche a quelli dei privati che decidono di aderirvi – potrebbero ricercarsi in due fattori: a monte quello della comunicazione e a valle quello della scarsa curiosità informatica degli ita

Da una parte, infatti, il Governo si è forse soffermato molto sugli aspetti tecnici ma poco su quello comunicativo. Se si fosse posto l’accento sulla comodità di un sistema che consente al cittadino-utente di eliminare la miriade di password e PIN utilizzati per i diversi servizi online, dalla banca al Wi-Fi pubblico cittadino, fino ai servizi del proprio gestore telefonico, si sarebbe probabilmente ottenuto fin da subito un risultato migliore di quello raggiunto a 9 mesi dal lancio.

Ma, se da una parte si può parlare di ‘difetto di comunicazione’, sicuramente dall’altra c’è un problema di ‘non curiosità informatica’ degli utenti, poco propensi a cambiare le loro abitudini, e di scarsa propensione delle aziende private a usare SPID (anche da parte di queste ultime è infatti da registrare una scarsa informazione sul sistema pubblico di identità digitale).

E infatti, solo in quest’ultimo periodo (settimane?) si sta registrando una sensibile crescita di richieste di abilitazione al Servizio grazie all’incentivo monetario di € 500,00 previsto dal Governo sia con il cd “bonus cultura” rivolto ai diciottenni sia con la “carta del docente” destinato agli insegnati. Stimoli che sanno tanto di …. “ bastone o carota?” .

Sicuramente alla base di tutto c’è sempre una sorta di insicurezza nei confronti dell’informatica, una non conoscenza del mezzo che spinge a lasciare le cose come stanno, anche a dispetto degli innegabili vantaggi del sistema, che una volta effettuato il riconoscimento (anche da casa via webcam secondo l’identity provider prescelto per ottenere l’identità digitale), consente di ottenere, ad esempio, un certificato o un’istanza senza muoversi da casa.

È spesso l’attitudine a fare la differenza: occorre lo stesso cambio di mentalità che pian piano sta portando molti professionisti a ricorrere alle riunioni o agli incontri con i clienti in videochiamata, anziché sprecare tempo in trasferimenti a volte anche stressanti. Non fermarsi alla difficoltà percepita, ad esempio, nell’identificazione via webcam, ma guardare oltre, pensando al vantaggio, ad esempio, di andare oltreconfine e poter usare sempre lo stesso username e la stessa password per accedere a tutti i servizi.

Una volta, ovviamente, superato lo ‘scoglio’ dell’autenticazione, utilizzare il Sistema Pubblico di Identità Digitale ci consente di dimenticare la miriade di password che teniamo stipate (quando va bene) nel nostro bel file criptato sul pc, o che digitiamo a memoria (perché probabilmente usiamo sempre la stessa, alla faccia della sicurezza!).

Ma è anche vero che di SPID finora si è parlato troppo poco e anche le aziende e i professionisti sono ancora scettici, poco consapevoli dei vantaggi.

Si assiste un po’ alla stessa resistenza che si è registrata nei confronti della fatturazione elettronica. Uno strumento che, grazie a un linguaggio strutturato (e che si auspica che il legislatore vorrà far diventare l’unico) con standard a livello nazionale [1] che permettono a tutti i software di ‘parlarsi tra di loro’, consente di velocizzare, e non poco, il tempo dedicato al data entry. L’Osservatorio “Professionisti & Innovazione Digitale” [2] del Politecnico di Milano, ad esempio, stima che il 50-60% del tempo degli operatori in studio è ‘dedicato’ alla carta (ma la stessa considerazione può valere anche per gli uffici amministrativi delle aziende). Con la fattura elettronica basta invece schiacciare un bottone e la fattura è registrata in automatico, sia quella emessa dal cliente che quella ricevuta, e senza possibilità di commettere errori. Tutto tempo e risorse risparmiate per altri adempimenti, per una migliore cura del cliente – che può essere, ad esempio, meglio seguito nei suoi nuovi piani di investimento – per l’elaborazione di nuove attività e strategie di business a loro vantaggio.

Va da sé che niente è facile come sembra e il cambiamento va sempre spinto, ‘istruito’, attraverso la formazione e la preparazione a tutto tondo degli operatori coinvolti. E questo vale in tutti i settori, ma ancor di più nell’informatica, nel digitale, considerato come un qualcosa che è ‘a valle’, che serve a fare un output di un qualcosa che ho fatto prima. Non è così: l’informatica va studiata a monte, in primis perché necessita di una riorganizzazione dei processi lavorativi, ma una volta che un sistema è a regime non può che semplificare la vita dei professionisti, delle imprese, delle pubbliche amministrazioni.

Basti pensare all’iter che necessita il trasferimento di una fattura cartacea – la spedizione via posta, via fax, via email, o con qualsiasi altro strumento ‘tradizionale’ – e confrontarlo col processo elettronico, basta un clic per trasmetterla a chiunque ne necessiti.

Una dimensione, quindi, ‘universale’ che è anche la caratteristica di SPID, che consentirà ad esempio, di siglare un contratto a distanza – grazie alla forma di autenticazione ‘strong’ di terzo livello – senza che nessuno possa obiettarne la validità. O di svolgere un consiglio di amministrazione anche se uno dei consiglieri si trova a Hong Kong, con la certezza della sicurezza dell’accesso univoco da parte di quella e quella persona soltanto.

SPID è infatti un sistema sicuro più di qualunque altro, grazie ai tre livelli di autenticazione che consente diversi tipi di accesso in base al servizio che si deve utilizzare: il primo livello potrà essere usato per accedere, ad esempio, al Wi-Fi pubblico della propria città, il secondo per controllare il proprio conto corrente; il terzo – per restare in ambito bancario – per effettuare operazioni dispositive, come un bonifico.

Senza contare l’innegabile vantaggio di poter utilizzare una sola password per tutti i diversi servizi cui si accede nell’arco delle nostre attività digitali private o professionali. E ben venga anche la One Time Password che è una tutela in più, che evita anche di limitare i danni qualora – ma è estremamente improbabile – qualcuno riuscisse a violare il sistema. Chi se ne lamenta è forse, ancora una volta, chi ha una scarsa cultura digitale. E’ quasi sempre, in tutti i campi, la scarsa conoscenza dello strumento che ne frena l’utilizzo.

Quanto alla diffusione di SPID tra le imprese – fin qui abbastanza restie a utilizzarlo – sarà il mercato, come è giusto che sia, a fare le sue mosse quando lo riterrà necessario. L’adozione potrebbe servire a molte aziende per rilanciare la propria immagine, facendo leva sulla semplicità di accesso tramite SPID.

Ma quello che manca ai più è quella “presa di coscienza” che orami il digitale è entrato a far parte delle abitudini quotidiane e che mi permetto di definire con un hashtag #consapevolezza_informatica.



[1] secondo il formato della fattura elettronica di cui all’allegato A del decreto del Ministro dell’economia e delle 􏰀Finanze, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplicazione, 3 aprile 2013, n. 55.

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