Sull’invio delle istanze online il Cad genera dubbi: proposte di modifica

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L’associazione ha fatto pervenire ufficialmente al Ministero le sue osservazioni sul testo del nuovo CAD, alle quali si unisce ora la perplessità su una modifica dell’art. 65 del Codice in merito all’invio delle istanze on line e che è passata inosservata nei tanti commenti letti in questi giorni. Vediamole nel dettaglio

29 Febbraio 2016

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Andrea Lisi e Sarah Ungaro, Digital&Law Department e Ufficio di Presidenza ANORC

ANORC (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti) è stata invitata a partecipare all’incontro tenutosi lo scorso 22 febbraio presso il Dipartimento della funzione pubblica per discutere degli schemi di decreto legislativo di modifica e integrazione del CAD e del decreto trasparenza, approvati in via preliminare dal Consiglio dei Ministri e in attesa di essere trasmessi alle Camere per le valutazioni delle Commissioni parlamentari competenti. L’Associazione ha fatto pervenire ufficialmente al Ministero le sue osservazioni, alle quali si unisce ora la perplessità su una modifica dell’art. 65 del Codice in merito all’invio delle istanze on line e che è passata inosservata nei tanti commenti letti in questi giorni.

Ma procediamo con ordine.

Nelle sue osservazioni inviate al Ministero, ANORC ha commentato in particolare:

  • la proposta di modifica dell’art. 43 del CAD, nel quale il legislatore intende stabilire che qualora i documenti informatici siano conservati per legge da una pubblica amministrazione, cessi l’obbligo di conservazione a carico dei cittadini e delle imprese, fatto che potrebbe alterare l’equilibrio nei rapporti PA/cittadino, in quanto a quest’ultimo sarebbe di fatto necessaria, anche in caso di controversia, la collaborazione della sua “controparte” per esibire i suoi documenti digitali rilevanti;
  • la proposta di modifica all’art. 27, la cui formulazione poco chiara ha portato alcuni commentatori a ritenere applicabile, oltre che ai certificatori di firma digitale e ai gestori di PEC, anche ai conservatori accreditati presso AgID le disposizioni relative al capitale di 5 milioni di euro e non, come attualmente previsto, di 200.000 euro (un requisito che rischierebbe di falcidiare l’attuale mercato dei conservatori accreditati, ponendosi in netta antitesi, peraltro, con quanto previsto dallo spirito delle normative dell’Unione europea – tra cui il Regolamento eIDAS 910/2014/UE – che tendono a favorire lo sviluppo del mercato europeo di servizi digitali);
  • per quanto riguarda la trasparenza, si è messa in discussione l’opportunità di introdurre in modo maldestro un istituto difficilmente implementabile tout court nell’ordinamento italiano come il FOIA, piuttosto che potenziare gli istituti giuridici già esistenti per incrementare i livelli di trasparenza dell’operato delle amministrazioni pubbliche e per favorire un controllo sociale diffuso sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ossia l’accesso agli atti (della Legge 241/1990) e l’accesso civico ( ex D.Lgs. 33/2013). A tal proposito ANORC ha già sottoscritto una lettera aperta inviata al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione , Marianna Madia, redatta dalla parlamentare Mara Mucci e firmata da un gruppo di associazioni e di parlamentari.

Oltre a tali osservazioni, appare utile porre in rilievo la discutibile formulazione della nuova lett. c) dell’art. 65 del CAD, che – se non correttamente interpretata – potrebbe risultare in violazione dell’art. 45 dello stesso CAD, il quale impone il fondamentale principio della verifica della provenienza per attribuire il valore di forma scritta ai documenti trasmessi a una pubblica amministrazione e, quindi, per consentire l’avvio di qualsiasi procedimento amministrativo.

In effetti, con la nuova disposizione della lett. c) dell’art. 65 si vorrebbe sostituire il richiamo espresso alla modalità di invio di istanze e dichiarazioni ai sensi dell’art. 38, comma 3, del DPR 445/2000 (TUDA) – ovvero invio di copia per immagine del documento sottoscritto con firma autografa corredata dalla copia del documento di identità del soggetto dichiarante – con un più generico riferimento a istanze e dichiarazioni “sottoscritte e presentate unitamente alla copia del documento di identità”. Tale formulazione, però, risulta sicuramente meno precisa rispetto all’esplicito richiamo all’art. 38, comma 3, del TUDA, in quanto sembrerebbe potersi astrattamente riferire non solo alle istanze e alle dichiarazione presentate come copia per immagine, ma anche ai documenti originali informatici “sottoscritti” con una firma elettronica – perfino “semplice” – e presentati (ad esempio attraverso una semplice comunicazione e-mail) con la copia per immagine del documento di identità. Di fatto, dunque, stando al tenore letterale della disposizione che si intende introdurre, se non si procedesse all’opportuna interpretazione della disposizione in questione, potrebbero teoricamente considerarsi ricomprese nell’ambito di questa norma – e quindi validamente trasmesse alle PA – anche le istanze e le dichiarazioni contenute nel testo di un’email “ordinaria” (non tramite pec-ID, come richiesto alla lettera c-bis dello stesso art. 65) alle quali venga semplicemente allegata la copia per immagine della carta d’identità (chiaramente violando l’art. 45 del CAD che richiede la corretta verifica della provenienza per attribuire valore di forma scritta ai documenti trasmessi a una PA e quindi sostituire in toto l’originale analogico).

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