In un libro la dura realtà del mobbing, una tragedia che forse cominciamo ad affrontare

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È in libreria “mobbing storia di una donna che non si arrende”, l’incredibile storia autobiografica di una dirigente della Pubblica Amministrazione che nemmeno una sentenza di reintegro ha saputo restituire alla “normalità” professionale. Dopo una serie di iniziative istituzionali che non erano riuscite a fronteggiare il grave problema nei suoi aspetti più concreti, la recente istituzione dei comitati unici di garanzia contro tutte le forme di discriminazione sembra dare finalmente una speranza ai tantissimi mobbizzati presenti nel nostro Paese.

15 Febbraio 2011

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Tiziano Marelli

Articolo FPA

È in libreria “mobbing storia di una donna che non si arrende”, l’incredibile storia autobiografica di una dirigente della Pubblica Amministrazione che nemmeno una sentenza di reintegro ha saputo restituire alla “normalità” professionale. Dopo una serie di iniziative istituzionali che non erano riuscite a fronteggiare il grave problema nei suoi aspetti più concreti, la recente istituzione dei comitati unici di garanzia contro tutte le forme di discriminazione sembra dare finalmente una speranza ai tantissimi mobbizzati presenti nel nostro Paese.

È da qualche tempo in libreria (e ne consiglio caldamente la lettura) "mobbing storia di una donna che non si arrende, edito dalla romana Memori. L’autrice del libro, Caterina Ferraro Pelle, è anche la protagonista della vicenda: una dirigente della Pubblica Amministrazione romana che, apparentemente per futili motivi (invece tutt’altro che futili), diventa improvvisamente bersaglio dei vertici della struttura nella quale opera professionalmente. Il volume è una cronaca carica di intense emozioni e narra di continui trasferimenti, vessazioni, costrizioni all’isolamento oltreché di vere e proprie aggressioni e intimidazioni subite in un ampio e incredibile lasso di tempo. In pratica, un incubo che sembra non finire mai.

Il racconto è anche la vicenda umana di una donna che si mostra decisa a reagire e a rispondere colpo su colpo: dal punto di vista psicologico e spirituale, ma anche concretamente, disponendosi ad affrontare – e alla fine a vincere la sua guerra in tribunale, anche se l’incredibile condizione a tutt’oggi non è mai cambiata, in barba alla sentenza – le faticose battaglie che la vedranno combattere, ottenendo alfine il reintegro al posto di lavoro.

Alle parti autenticamente drammatiche si alternano brani nei quali l’autrice analizza il fenomeno (deleterio e sempre più diffuso) del mobbing, arrivando anche a fornire suggerimenti pratici per affrontarne coraggiosamente l’incredibile condizione: in pratica, una “guida di autodifesa” in un contesto dove la sicurezza del posto del lavoro è messa in discussione continuamente e anche – il libro ne è l’esempio lampante – nei modi più tristi, violenti e impensati.

Dopo l’uscita del libro la stessa Caterina Ferraro Pelle ha animato su facebook una pagina – “Mobbing, contiamoci per contare” – per raccogliere storie parimenti destruenti: il numero degli iscritti, nel giro di poco tempo, ha raggiunto le 100 unità (in pratica, tutti gli iscritti sono altrettanti “mobbizzati”), animando anche con dibattiti accesi eventuali iniziative e azioni comuni da intraprendere a difesa della dignità personale e professionale dei tantissimi professionisti toccati dal fenomeno presenti nel nostro Paese e sparsi in ogni angolo del territorio. Ulteriore prova, questa, della scarsità di strumenti normativi a disposizione di chi è stato colpito da questa scure (e il termine ci sta tutto, perché si tratta di autentiche mazzate dalle quali è difficilissimo riprendersi): un “fai-da-te” quasi necessario visto l’abbandono al quale sono state relegate migliaia di persone, ad ogni livello della scala lavorativa.

In verità anche in un recente passato alcune iniziative istituzionali – con il coinvolgimento di diversi attori – avevano tentato di analizzare e contrastare il fenomeno, non riuscendo però a produrre niente di concreto. In particolare, nel corso del secondo e del terzo Governo Berlusconi (2001-2006) con i ministri per la funzione pubblica che in quei differenti periodi si sono succeduti (Frattini, Mazzella, Baccini) il Dipartimento della Funzione Pubblica  impostò una ricerca e un intervento sul tema del “benessere organizzativo” nel pubblico impiego, con particolare riferimento proprio al tema del mobbing; nonostante il lavoro che ne scaturì non si arrivò alla stesura di una legge organica, ma il contrasto al fenomeno da allora è entrato nella contrattazione sindacale e ha dato luogo all’istituzione di “paritetici” comitati anti-mobbing non dotati però di poteri sanzionatori, ma solo di segnalazione. Recentemente, con l’approvazione del “collegato lavoro” si sono finalmente istituiti comitati unici di garanzia contro tutte le forme di discriminazione  che dovrebbero unificare i comitati per le pari opportunità e i comitati anti-mobbing su base non più negoziale, ma con cogenza di legge.

Magari è solo un primo passo, ma pare si stia finalmente muovendo qualcosa. Caterina Ferraro Pelle, i suoi cento “amici” di facebook e le migliaia di altri mobbizzati italiani che non riescono a far sentire alta la loro voce di discriminati possono forse cominciare a sperare in qualcosa di concreto che li aiuti ad uscire dall’irragionevole ghetto in cui sono stati cacciati. Sperarlo e augurarselo è davvero il minimo.

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