Jeremy Rifkin, guru della sharing economy e teorico della Terza Rivoluzione Industriale
L’edizione 2016 di FORUM PA si aprirà il 24
maggio prossimo
con un keynote dello statunitense Jeremy Rifkin. “Economist,
writer, public speaker & activist”
, come lui stesso di definisce. The National Journal, una delle maggiori riviste americane di politica, considera Rifkin una
fra le 150 personalità che influiscono maggiormente sull’amministrazione
pubblica degli Stati Uniti.
13 Aprile 2016
Sara Mancabelli

L’edizione 2016 di FORUM PA si aprirà il 24 maggio prossimo con un keynote dello statunitense Jeremy Rifkin. “Economist, writer, public speaker & activist”, come lui stesso di definisce, Rifkin è da sempre impegnato a sostegno dell’adozione di politiche governative “responsabili” su vari fronti, da quello ambientale, a quello scientifico e tecnologico. The National Journal, una delle maggiori riviste americane di politica, considera Rifkin una fra le 150 personalità che influiscono maggiormente sull’amministrazione pubblica degli Stati Uniti. Oltre ai saggi tradotti in più di 20 lingue, Rifkin è conosciuto per le consulenze per enti e istituzioni pubbliche. Numerose poi le sue apparizioni televisive in programmi statunitensi (Larry King Show, CNN) e i suoi interventi su importanti giornali europei fra cui il britannico The Guardian, El Pais in Spagna, L’Espresso in italia e la Suddeutsche Zeitung tedesca.
Che cosa pensa?
Inizia negli anni Novanta il percorso intellettuale di Rifkin. Così a partire da The End Of Work: The Decline Of The Global Labor Force And The Dawn Of The Post-Market Era, che scardina l’idea di “lavoro” nella prospettiva diffusa sino al XIX secolo, arrivando fino al giorno d’oggi, Rifkin ha teorizzato eventi rivoluzionari come l’avvento dell’energia all’idrogeno, del solare, fotovoltaico e delle biomasse come conseguenze della crisi energetica da lui annunciata. La visione di Rifkin nelle sue riflessioni multiformi ha un filo conduttore: di fronte alla svolta e ai cambiamenti prospettati, bisogna superare gli schemi precostituiti e adottare nuovi sistemi di dominio e di pensiero. Da qui il suo ardore nell’incitare di volta in volta – di libro in libro – le leadership a rendersi conto delle imminenti rivoluzioni in procinto di compiersi. La sua ultima opera, pubblicata nel 2014, intitolata The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism, pone le basi teoriche per il nuovo sistema economico che starebbe prendendo piede sulla scena mondiale.
La società a costo marginale zero. Dall’avvento del capitalismo e del socialismo la scena mondiale è stata modificata da un nuovo paradigma, che trasforma l’economia globale in vista di una società più sostenibile dal punto di vista ecologico. Base di questa rivoluzione: da un lato la sharing economy, che ridefinisce il capitalismo senza però annientarlo, dall’altro l’Internet of things (Internet delle cose) che consiste nell’incorporazione di sensori in tutti i tipi di dispositivi, strumenti e apparecchi per far sì che i device entrino in contatto fra loro per semplificare la vita delle persone. Oggetti e persone che si interfacciano in un continuum contraddistinto dall’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi fisici concreti; le vie di accesso alle informazioni si moltiplicano, condizionando le “regole” di dialogo e di comunicazione.
“La sharing economy è la terza rivoluzione industriale”. In particolare Rifkin afferma che tale rivoluzione poggia su cinque dinamiche che coinvolgono la nostra società negli ultimi anni: il passaggio alle energie rinnovabili, i trasporti non alimentati da combustibili fossili, l’idrogeno e altre tecniche per l’immagazzinaggio di energie, la conversione degli edifici in centrali produttive e la tecnologia Smart Grid. Tutto ciò finalizzato all’esigenza di prevenzione in vista di una possibile catastrofe climatica: fondamentale in questo senso l’utilizzo di un “Internet” delle energie (Rifkin, 2011). Secondo Rifkin “entro 25 anni non useremo più energia derivata dal petrolio e dal nucleare: proverrà integralmente da fonti rinnovabili ”. In futuro l’energia solare sarà sempre meno costosa tanto che tutti saranno in grado di produrla da soli e vendere quella in eccesso. Questa dinamica conduce a conseguenze innovative: i consumatori assumono contemporaneamente il ruolo di produttori. Diventano prosumer e assumono una maggiore rilevanza all’interno del sistema produttivo (Rifkin, 2015).
In questo contesto il capitalismo non scompare. Sopravvive, ma assume un ruolo marginale dal momento che in futuro saremo in grado di superare il mercato e assumere uno stile di vita e un modello – produttivo, economico e culturale – più sostenibile. Ciò è possibile grazie a un Commons collaborativo globale sempre più interdipendente e all’economia dello scambio caratterizzata non tanto dal possesso di beni e servizi quale fine ultimo, quanto piuttosto dalla possibilità di accesso ai servizi, collaborazione e orizzontalità. Scomparsa la proprietà privata e superato il lavoro subordinato, Rifkin sostiene che la libertà non risiede più nella proprietà di oggetti fisici e materiali, ma nelle molteplici opportunità offerte dalla connettività quale stimolo per processi inclusivi e aperti in cui prevale una sorta di eguaglianza dei contenuti (Rifkin, 2015). Le tecnologie riducono il lavoro umano e danno il via a meccanismi di autoproduzione. Non solo wi-fi, banda larga, big data, dunque, ma produzione di energia, mezzi trasporto e IoT quali elementi decisivi che favoriscono questa rivoluzione industriale. Lo scambio di informazioni mediante il web diventa quindi un elemento essenziale della nuova rivoluzione industriale.
I Governi e le classi dirigenti (ovunque) hanno tempi di reazione troppo lenti. La sharing economy si espande e si diffonde con grande rapidità. In questo processo di continua e incessante trasformazione le leadership non sono al passo con la realtà in costante evoluzione. Il risultato nella maggior parte dei casi è quello di un Governo il quale faticosamente rincorre gli eventi piuttosto che un’istituzione capace di dettare le linee guida e le regole all’interno delle quali l’economia dello scambio possa svilupparsi e prendere forma. Sorge la questione della gestione della nuova classe di consumatori che sostituisce la categoria tradizionale. Ora abbiamo una categoria di persone che utilizza/mette a disposizione beni e servizi per un periodo di tempo limitato, superando le regole di mercato comunemente conosciute. Servono nuove norme. Dunque come fare per non esporsi al rischio di una regolamentazione inadatta che si pone a difesa del mero status quo senza visione di contesto? In un contesto di insicurezza e di confusione normativa, quali sono i margini d’azione e le modalità entro cui possono/devono destreggiarsi le PA?
L’appuntamento per ascoltare il pensiero di Rifkin su questi temi è il 24 maggio prossimo a FORUM PA 2016.
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