L’evoluzione del ruolo dirigenziale pubblico negli enti locali: modelli di sviluppo

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Un mercato della dirigenza pubblica è quello che Michele Bertola individua come una delle direzioni del cambiamento della nostra PA. Nel contributo che ci perviene e che volentieri pubblichiamo,  Bertola propone ampi elenchi certificati o accreditati da cui i responsabili degli enti possano attingere sia per la scelta del nominativo da indicare, sia per confrontare il tipo di profilo da individuare. Cambia la PA e deve cambiare la figura del Dirigente: da specialista a professionista polivalente in grado di dirigere diverse strutture.

28 Aprile 2014

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Michele Bertola*

Articolo FPA

Un mercato della dirigenza pubblica è quello che Michele Bertola individua come una delle direzioni del cambiamento della nostra PA. Nel contributo che ci perviene e che volentieri pubblichiamo,  Bertola propone ampi elenchi certificati o accreditati da cui i responsabili degli enti possano attingere sia per la scelta del nominativo da indicare, sia per confrontare il tipo di profilo da individuare. Cambia la PA e deve cambiare la figura del Dirigente: da specialista a professionista polivalente in grado di dirigere diverse strutture.

Il ruolo dirigenziale è in fase di profonda mutazione e richiede una evoluzione per garantire nuove ed adeguate professionalità a disposizione del paese. L’evoluzione richiede un dirigente sempre meno specialista della singola materia e sempre più polivalente in grado di dirigere diverse strutture operative ed organizzazioni. Passerà sempre più dalla gestione diretta di servizi, al governo di processi esternalizzati e al controllo delle gestioni e soprattutto alla capacità di agire dentro un sistema complesso in cui garantire la governance. Il suo incarico sarà caratterizzato, sia formalmente che culturalmente, dalla assegnazione di obiettivi a termine, sui quali misurare la propria responsabilità e i risultati.

Sarà un dirigente sempre meno esecutore e sempre più progettista e ideatore di soluzioni innovative.

Creare il mercato della dirigenza

Per favorire questo cambiamento è necessario creare un “mercato” della dirigenza pubblica sia interno agli enti più grandi, che tra enti diversi della pubblica amministrazione.

Non riusciremo a introdurre un sistema meritocratico se non costruiamo un vero mercato di dirigenti. Occorre su questo escogitare modalità innovative per dotare il paese di elenchi in cui inserire le persone che hanno fatto i dirigenti (sia di ruolo che a tempo determinato), con i loro curricula, le loro storie, i risultati che hanno raggiunto e le soluzioni utilizzate. Questo elenco deve essere messo a disposizione di tutti gli enti della pubblica amministrazione.

Esiste infatti un folto numero di ottimi funzionari e bravi dirigenti che rischiano di sclerotizzare la propria professionalità e di non aver più stimoli e opportunità di crescita professionale perché chiusi all’interno dei loro enti e perché non hanno l’opportunità di mettersi sul mercato. Sarebbero disponibili a spostarsi, ma non c’è alcun elemento né economico né di crescita professionale che favorisca questo processo. I sindaci cercano spesso consigli su bravi dirigenti da inserire nel proprio ente. È un fenomeno su cui riflettere: se un amministratore vuol seriamente avvalersi di professionalità qualificate per innovare il proprio ente non sa a chi o dove rivolgersi per cercarla, deve oggi affidarsi solamente e necessariamente a conoscenze dirette o a scelte di altri colleghi. In questo modo, è chiaro, è impossibile creare un vero mercato.

La possibilità di creare una situazione più dinamica nelle immissioni dall’esterno di personale dirigenziale negli enti locali, applicata da oltre 10 anni, ha favorito la propensione all’innovazione negli enti dove è stata utilizzata positivamente, con effetti mobilitanti anche per i dirigenti “di ruolo”.

Ci sono però alcuni limiti in tale esperienza che possono essere riconosciuti e superati ferma restando l’utilità della mobilità della dirigenza, secondo criteri di vera selezione professionale. Ciò può avvenire sia agendo sui soggetti assunti incaricati temporaneamente sia sull’inquadramento dei dirigenti a tempo indeterminato. Sui primi (facendo salva l’enorme differenza che esiste tra una assunzione a tempo determinato ed una a tempo indeterminato e che la prima, a parità di professionalità, deve mantenere una maggiore libertà in termini retributivi e di inquadramento) occorre agire con alcuni interventi:

  • Individuare requisiti di base per l’accesso a tali incarichi identici a quelli necessari per concorrere ad analoghe figure a tempo indeterminato (titoli di studio, abilitazioni professionali, esperienze precedenti).
  • Favorire la costruzione di ampi elenchi certificati o accreditati (da tenere aggiornati dinamicamente) da organismi terzi cui i responsabili degli enti possano attingere sia per la scelta del nominativo da indicare sia per confrontare il tipo di profilo da individuare sulla base delle esigenze specifiche dell’ente. Tali elenchi non potranno mai tramutarsi in un sistema ad “albo” o “agenzia” o “ordine” che escluda indefinitamente dall’accesso figure diverse o che si traduca in pura forma di tutela sindacale o retributiva. Una prima rilevante sperimentazione in questo senso è attuata dal progetto della Fondazione Alma Mater, in collaborazione con FORUMPA e ANDIGEL (Associazione Nazionale dei Direttori Generali degli enti locali). Tale progetto si rivolge a dirigenti e dirigenti generali che hanno già un’esperienza specifica e vogliono candidarsi a ricoprire ruoli di vertice nelle amministrazioni locali, con l’inclusione in un elenco validato di durata triennale. L’iniziativa ha l’obiettivo di fornire un orientamento di carriera e creare i presupposti per interventi formativi mirati a supporto e per lo sviluppo di tali professionalità.

Tale sistema permetterebbe di mantenere costantemente aperto l’accesso alla pubblica amministrazione anche a dirigenti e operatori del mercato privato e, se l’esperienza si rivelasse adeguata, anche a favorire percorsi di carriera che alternino esperienze nel mercato privato e della pubblica amministrazione con reciproco vantaggio.

Ciò però non è sufficiente e occorre che anche per i dirigenti di ruolo assunti a tempo indeterminato si instauri un meccanismo che premi maggiormente la propensione all’innovazione e alla crescita professionale. Anche per questi ultimi occorre rendere sempre più cogente il principio per cui, se la qualifica di dirigente e la relativa assunzione sono a tempo indeterminato, l’effettivo incarico dirigenziale e le connesse responsabilità e retribuzioni devono restare temporanee. Occorre perciò:

  • Rendere più pesante in termini di retribuzione la parte di salario accessorio con particolare riferimento alle componenti di risultato. Velocemente occorre dare compimento alla norma prevista del D.Lgs. 150 del 2009 che modifica l’articolo 24 del D.Lgs. 165 del 2001 che prevede che “il trattamento accessorio collegato ai risultati deve costituire almeno il 30 per cento della retribuzione complessiva del dirigente considerata al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensività”. Tale principio non può attendere future modifiche dei contratti collettivi nazionali che potranno solo assorbire nel tempo questa innovazione. E’ evidente che lo sblocco dei contratti nazionali del settore pubblico richiedono tempi non compatibili con l’urgenza di questo passaggio.
  • Permettere agli enti di accedere ad una banca dati sulle figure dirigenziali presenti con una attestazione aggiornata degli incarichi ricoperti e delle valutazioni effettuate in modo da evitare che le potenzialità dei dirigenti a tempo indeterminato e l’effettiva possibilità di nuovi incarichi dirigenziali siano sostanzialmente limitati o addirittura annullati dal fatto che numerosissimi enti del comparto hanno un numero di dirigenti in servizio nell’ente molto esiguo e specializzato per materia.
  • Permettere percorsi di formazione intensiva in Italia o all’estero, sempre e comunque certificati e selettivi, durante il percorso di carriera, con l’opportunità di usufruire di periodi sabbatici retribuiti per rendere concreta la possibilità di riqualificazione e aggiornamento tra un incarico e l’altro.
  • Permettere ai dirigenti di ruolo che non intendono aderire a questo percorso la permanenza negli enti di appartenenza con la riduzione al minimo della retribuzione di posizione e l’esclusione dalla banca dati aperta sopra descritta.

Un forte investimento in formazione è necessario per arrivare a costruire e mantenere vivo questo mercato, bisogna con coraggio trovare queste risorse. Prima di questo, e forse in questo modo si possono trovare le risorse, è però indispensabile giungere immediatamente ad una regia unitaria del percorso di formazione di tutta la dirigenza pubblica eliminando enti e realtà che rischiano di disperdere energie e risorse pubbliche in direzioni non chiaramente definite e, a volte, autoreferenziali che limitano lo sviluppo di vere capacità manageriali polivalenti oggi invece molto necessarie. Non è infatti la conoscenza giuridica amministrativa o specialistica la carenza professionale dei dirigenti della pubblica amministrazione, quanto una matura propensione alla managerialità.

E’ indispensabile inoltre costruire percorsi che vedano insieme dirigenti di diverse provenienze, a diverso livello di esperienza e l’obiettivo prioritario deve essere di quello poter dotare il paese di dirigenti la cui formazione sia universalmente riconosciuta in quanto autorevole e preparata.

 

Sui temi legati alla dirigenza pubblica, tra autonomia e responsabilità, se ne discuterà a FORUM PA 2014. A questo link il Convegno dedicato.
*Michele Bertola è Direttore generale dal 1998 dei comuni di Cinisello Balsamo, Cesena, Legnano e Imola.

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