Incentivi all’energia, incentivi alla cultura energetica: l’energy manager.

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by tottarium

A FORUM PA 2008, in occasione di una OfficinaPA promossa dal Gruppo Italia Energia, abbiamo incontrato Guglielmo Ferrari, consulente ed esperto di energia, già responsabile della Segreteria Tecnica della Direzione Energia del Ministero dello Sviluppo Economico ed ex Segretario Generale FIRE – Federazione Italiana per l’uso razionale dell’energia. Ci ha parlato di una figura professionale probabilmente ancora poco conosciuta in Italia e che pure potrebbe rappresentare la leva strategica per l’efficienza e il risparmio energetico nelle economie famigliari.

14 Maggio 2008

Articolo FPA
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by tottarium

A FORUM PA 2008, in occasione di una OfficinaPA promossa dal Gruppo Italia Energia, abbiamo incontrato Guglielmo Ferrari, consulente ed esperto di energia, già responsabile della Segreteria Tecnica della Direzione Energia del Ministero dello Sviluppo Economico ed ex Segretario Generale FIRE – Federazione Italiana per l’uso razionale dell’energia. Ci ha parlato di una figura professionale probabilmente ancora poco conosciuta in Italia e che pure potrebbe rappresentare la leva strategica per l’efficienza e il risparmio energetico nelle economie famigliari.

 
Per cominciare, cosa fa esattamente un energy manager?
L’Energy Manager è un tecnico, particolarmente esperto di energia, della sua produzione, delle problematiche connesse al suo utilizzo, delle tariffe energetiche: è, sostanzialmente, un professionista con una cultura molto diversificata e a 360° su tutti i temi che riguardano l’energia, in grado di capire se e quali sono i problemi energetici che esistono in un sistema – produttivo, famigliare, condominiale;  conosce le opportunità di incentivazione disponibili a livello nazionale e suggerisce le soluzioni più opportune e convenienti dal punto di vista energetico, ambientale ed economico.
 
È una figura professionalmente riconosciuta?

È una figura prevista concettualmente e formalmente già dalla legge n. 308 del 1982, nell’ambito industriale e allargata,  poi, dalla legge n. 10 del 1991, alle grandi utenze civili. Adesso si sta cercando di allargarlo, visto che è un problema in continua crescita, anche ad utenze più piccole, il che non è facile: una grande industria, avendo grandi consumi, ha anche ritorni economici importanti nel pagare una o più persone che curino questo aspetto, una famiglia difficilmente può permettersi questa spesa, soprattutto per la fase di valutazione del problema. Una volta accertato che il problema esiste, diciamo che una piccola consulenza proporzionata all’opera è anche ragionevole. Certo qualcuno che aiuti a capire se ci sono problemi, di che tipo sono e che tipo di tecnico operativo è il caso di coinvolgere per migliorare la situazione sarebbe importante. Ripeto non è facile costruire questa professionalità: probabilmente dovrebbe essere un servizio pubblico. Si potrebbe provare a costruire una rete di sportelli, che coinvolga attori locali, esperti del territorio, di usi e problemi locali e, contestualmente, persone con un background consolidato in materia di energia che li sappiano consigliare nell’affrontare problemi probabilmente sconosciuti.  
 
Qual è la dimensione “famigliare” in cui la professionalità dell’Energy manager può essere importante?

Nella storia nazionale, purtroppo, gli impianti sono stati realizzati da  installatori monoculturali, vale a dire con una professionalità e una conoscenza specialistica, assolutamente non in grado di vedere risvolti diversi da quelli legati strettamente al proprio lavoro e tanto meno di consigliare le famiglie su un uso più razionale dell’energia. L’utente non ha le conoscenze né capacità di esigere o capire se c’è efficienza: l’utente richiede che termosifone e acqua siano caldi, tendenzialmente non si interessa del problema risparmio. In un contesto di questo tipo, direi che è assolutamente necessaria una figura in grado di verificare l’aspetto di “consumo ragionevole”. I risparmi possono essere consistenti: una ricerca Enea-Finco di qualche anno fa aveva calcolato, credo abbastanza ragionevolmente, che nella gestione di un appartamento nell’arco di tre/quattro anni si consuma tanta energia quanta ne viene consumata per costruirlo. Poter risparmiare, quindi, in certi casi, non è assolutamente una cosa da poco: si può risparmiare fino al 50% dei consumi soprattutto sulla parte riscaldamento, vale la pena di spendere soldi purchè sia una spesa oculata e per i servizi giusti.

L’aspetto della regolazione rappresenta un vincolo allo sviluppo e diffusione di una figura professionale di questo tipo?
Le racconto un aneddoto. Qualche tempo fa, quando ero ancora responsabile della Segreteria Tecnica della Direzione Energia del Ministero dello Sviluppo Economico, un’associazione di aziende mi regalò per Natale – uno di quegli omaggi un po’ provocatorio – un navigatore, con l’augurio che mi aiutasse ad orientarmi nei meandri della normativa italiana. Scherzi a parte, il settore energetico soffre da questo punto di vista di un particolare problema: dal momento che l’energia va ad incidere, in modo diretto ed indiretto, su moltissimi aspetti della nostra vita, tutta la produzione legislativa che attiene a questi molteplici aspetti va ad incidere sull’energia: sicurezza, gestione, ambiente e così via. Oltretutto in Italia c’è una proliferazione, in alcuni casi fuori controllo, di leggi che intervengono a migliorare, modificare o emendare quelle precedenti o parti di quelle precedenti. Il risultato è che è veramente difficile orientarsi e ricostruire tutte le leggi che incidono su un determinato aspetto: io, che pure sono tanti anni che lavoro nel settore, solo ieri ho scoperto che esiste una legge su un certo tema di cui non ero assolutamente a conoscenza. Questo è, indubbiamente, un vincolo, fa parte  di quella necessità di cultura di cui parlavo prima: il risparmio è una fonte virtuale; è importante, però ha due forti difetti: che intanto è suddiviso in tutti i possibili punti di utenza – impianti termici, tutti gli impianti di condizionamento e via dicendo; poi non è facile capire come è opportuno correggere. Per questo ci vuole un’esperienze, una competenza, una cultura specifica, per conoscere sia tutte le soluzioni tecnologiche possibili, sia le norme che regolano questi sistemi. È un mestiere difficile, che necessariamente, per quel discorso di frammentarietà cui accennavo prima, non può essere risolto con cinque, dieci, cinquanta esperti in Italia: bisogna far crescere la cultura diffusa e il know how. A mio avviso gli incentivi potrebbero servire più per far crescere la cultura che per contribuire alle caldaie o alla lampadina a basso consumo.

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