Smart working: una riflessione su tempo, spazio e organizzazione

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In questi mesi si è parlato tantissimo di smart working. Il concime al terreno è stato dato, è ora di seminare per poi avere un raccolto quando la stagione lo permetterà, ovvero quando sarà finita la pandemia

30 Marzo 2021

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Andrea Tironi

Photo by Jimmy Tompkins on Unsplash - https://unsplash.com/photos/DeMe6sS9JaU

Ci sono gli innovatori che hanno superato il chasm (termine che potremmo tradurre con “guado” o “salto da metodo/tecnologia di nicchia a diffusione”) nel percorso di introduzione dello smart working e, quindi, per loro è mentalmente e aziendalmente diventato strutturale. Ci sono poi, e ci saranno comunque, coloro che vorranno tornare all’old normal, pur sapendo che non è possibile. Ci sono, infine, quelli che stanno per superare il chasm, ed è su di loro che vorrei focalizzarmi in questo articolo: vorrei parlare ai “guadatori” e ai pragmatici, che stanno prendendo atto che il lavoro ibrido sarà una componente importante del new normal.

Partiamo da una premessa: quello che stiamo facendo oggi è “jail-working” (lavoro remoto chiusi in casa) e sappiamo anche che pochi hanno provato il vero smart working e probabilmente se l’hanno provato è solo perché era già presente nel loro ente o azienda prima della pandemia. Del resto è ora di pensare anche al “dopo” concretamente e, per questo, vorrei fornire alcuni spunti di riflessione, che vogliono essere delle ipotesi di lavoro concrete sui prossimi passi da fare.

Il Tempo

La soluzione che probabilmente si consoliderà nella gestione del tempo nella new normality sarà costruita con i seguenti tre punti, che dividono la giornata in tre momenti, partendo dalla logica del sottrarre:

  • una fascia di disconnessione (in cui non si lavora): dalle 20 alle 8, una fascia in cui si ha il diritto di non rispondere a chiamate o email, allo scopo di tutelare la salute fisica e mentale delle persone, evitando quindi burn out;
  • un periodo in cui poter gestire il proprio lavoro: ad esempio si potrà effettuare la prestazione lavorativa dalle 8 alle 20. Dentro questo orario si potranno fare le proprie 6,7,8 ore di lavoro, individuandole a piacere in base al proprio bilanciamento work-life;
  • un periodo di raggiungibilità telefonica e di sovrapposizione con gli orari dei colleghi: ad esempio dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 16, i momenti centrali della giornata, in cui aumentare la sincronia delle attività, dove essere interrotti e fare riunioni è più probabile. È uno schema non proprio nativo dello smart working, ma sembra una mediazione italiana che sta prendendo piede. Lo smart working vero prevede la totale asincronia, con momento di sincronia, se necessari, cercati e organizzati, ma non istituzionalizzati.

Stiamo parlando dei trend in atto, non tanto di cosa sarebbe meglio fare.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro su più giorni, molto probabilmente si farà un misto: che sia 3+2, 2+3 ,4+1,1+4. È possibile che si faccia, qualunque sia la divisione in giorni, un periodo di tempo a casa (o “sede di lavoro libera”)  e un periodo in ufficio, per conciliare le attività di concentrazione e le attività di comunicazione in cui la relazione con i colleghi è fondamentale.

Lo Spazio

Avremo tre “spazi di localizzazione” del lavoratore:

  • Ufficio: l’ufficio tornerà in auge nel new normal, ma probabilmente sarà diverso. Mantenere le scrivanie nominali sarà poco utile; serviranno spazi nuovi (e probabilmente più piccoli) che permettano:
    • momenti di concentrazione personale;
    • momenti di confronto a due;
    • momenti di confronto a N persone, di brainstoming e dialogo;
    • aule per riunioni plenarie.

L’ufficio dovrebbe evolversi in uno spazio smart di attrazione del dipendente, che sia invogliato a tornare in ufficio per motivi di comunicazione e ispirazione. Quindi teoricamente molte meno scrivanie e più spazio di condivisione e brainstorming, perché l’ufficio servirà agli aspetti collegati al team e alla relazione, mentre la casa (o altro spazio) è più correlato all’IO del singolo e al proprio sviluppo personale

  • Casa: è e rimarrà sicuramente una seconda opzione, laddove sia possibile conciliare il lavoro con la famiglia. Raggiungere un equilibrio sarà importante nel futuro tra lavoro e famiglia, per la propria salute personale, mentale e fisica (lavorare con i figli in casa non è sempre facile, lavorare senza uno spazio dedicato in casa non è facile) e per la situazione familiare (bilanciare i due aspetti evitando burn out o scarso engagement lavorativo).
  • La terza dimensione dello spazio diventeranno i luoghi di aggregazione che ad oggi non si possono frequentare (o non esistono): biblioteche, smart working places che si creeranno per andare a lavorare, nuovi uffici creati dall’azienda in aree metropolitane delle grandi città, in modo da dare un riferimento fisico ai diversi dipendenti senza caricarli di costi e tempi di spostamento. Insomma c’è molto spazio per la fantasia in questo ambito.

Per tutelare privacy, cybersecurity e salute del dipendente nei nuovi posti e tempi, probabilmente la cosa migliore è informare il dipendente su cosa vuol dire sicurezza personale e sicurezza (e privacy) cyber, informarlo sulle policy per la salute, e successivamente, dopo averlo educato, demandare la scelta a lui di un posto e tempo che siano “sicuri” (dove il termine “sicuro” racchiude molte dimensioni), perché comunque il datore di lavoro non può essere nel luogo e nel tempo in cui il dipendente svolgerà la sua mansione.

Organizzazione del lavoro e subordinazione

Nella Pubblica Amministrazione il POLA (Piano Organizzativo del Lavoro Agile) darà sicuramente una mano a fare un’analisi di questa dimensione.

I next step, molto pratici, sono quindi la stesura del POLA a partire dai template resi disponibili, ragionando su quanto segue:

  • Virtualizzazione della postazione di lavoro. Se la postazione di lavoro non è virtuale (notebook + smartphone + telefono voip per l’interno + dematerializzazione + software in cloud o raggiungibile da remoto) non sarà possibile procedere nella direzione dello smart working.
  • Analisi delle attività. Qui si può usare una regola semplice: considerare tutto fattibile in remoto a meno di quelle attività che non si possono fare da remoto, e quindi:
    • dividere le attività che sono fattibili da remoto da quelle non fattibili;
    • per quelle non fattibili da remoto, capire se ci sono vincoli:
      • tecnologici;
      • culturali;
      • di competenza;
      • materiali;
      • di mentalità (“abbiamo sempre fatto così”);
    • quindi iterare il processo di analisi fino a rimuovere tutti i vincoli, se possibile;
    • se l’attività rimane ancora non fattibile da remoto, si mette nelle attività che non si possono fare da remoto;
    • se diventa fattibile da remoto, si mette in quelle fattibili da remoto.
  • In tale modo, facendo la valutazione per ogni ufficio (backoffice interno all’ufficio), ci si fa un’idea chiara delle attività degli uffici (cosa non scontata) e di cosa si può fare in locale o remotamente.
  • A questo punto si può passare al livello delle attività che comportano interazioni tra gli uffici (backoffice dell’ente nel suo complesso) e con cittadini e imprese (back office ente allineato con front office) e analizzarle con attenzione per capire se si aggiungono vincoli (un’attività è teoricamente remotizzabile analizzando dal  punto di vista del backoffice, ma richiede interazioni che la rendono non fattibile da remoto) o se attività che si pensa vadano svolte in ufficio possono essere remotizzate (ad esempio lo sportello al cittadino con lo sportello virtuale al cittadino).
  • Il tutto va iterato per tutti gli uffici e interazioni tra uffici della struttura, come in una rete mesh.
  • Il tutto va iterato per tutti gli uffici e rapporto con cittadino e imprese.

Questi passi si possono fare se e solo se vi partecipano attivamente: segretari comunali, sindaci, amministratori, funzionari, dirigenti e posizioni organizzative, ovvero tutti gli stakeholder dentro l’ente a partire dai manager (meglio ancora se vengono coinvolti i cittadini, anche se non è facile).

Per farlo, in questa fase di cambiamento, serve anche una buona dose di formazione in materia di:

  • leadership: la PA, per sua natura burocratica, è piena di capi e povera di leadership;
  • leadership remota: anche laddove c’è leadership, questa va traslata nel mondo remoto;
  • cultura digitale: uso degli strumenti e competenze digitali da iniettare (visto che siamo in periodo di vaccini) nei dirigenti e nei dipendenti.

Nel valutare le attività è inoltre importante valutare i KPI (key performance indicator) associati, in modo da avere, alla fine del lavoro per ogni attività: Attività | Ufficio | Stakeholder | remoto/locale | KPI

Questa può essere una traccia operativa di lavoro per iniziare a muoversi in questo ambito di new normal. Probabilmente il prossimo focus da affrontare è “come lavorare per obiettivi”. Quali sono gli obiettivi di un ente pubblico? La risposta dovrà essere puntuale e non generica, e, nel fornirla, si scopriranno molte cose interessanti…sarà una bella esplorazione.

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