All’Italia serve una Banca dell’innovazione?

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Come vengono utilizzati i 17 miliardi di euro che ogni anno l’Italia (e l’Europa) mette in campo per l’innovazione e la ricerca? Per alcuni male e a pioggia, penalizzando la competitività del sistema paese. Una recente proposta alla Camera punta a riorganizzare la gestione di questi fondi con la creazione di una Banca dell’innovazione che catalizzi le idee migliori e gli investimenti privati. Ne abbiamo discusso con la Deputata Alessia Mosca (PD) co- firmataria, assieme a Beatrice Lorenzin (PDL), della proposta di legge.

2 Novembre 2010

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Tommaso Del Lungo

Articolo FPA

Come vengono utilizzati i 17 miliardi di euro che ogni anno l’Italia (e l’Europa) mette in campo per l’innovazione e la ricerca? Per alcuni male e a pioggia, penalizzando la competitività del sistema paese. Una recente proposta alla Camera punta a riorganizzare la gestione di questi fondi con la creazione di una Banca dell’innovazione che catalizzi le idee migliori e gli investimenti privati. Ne abbiamo discusso con la Deputata Alessia Mosca (PD) co- firmataria, assieme a Beatrice Lorenzin (PDL), della proposta di legge.

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Che l’Italia spenda meno degli altri paesi occidentali in ricerca è un dato di fatto (l’OCSE ha stimato che in Italia si investe l’1,1% del PIL contro il 2,2% della media G7 e contro il 3% previsto dalla “defunta” strategia di Lisbona), ma in valore assoluto si tratta di cifre di tutto rispetto: circa 17 miliardi di euro (dato 2006)[1]. Se a questo aggiungiamo che la ricerca italiana (valutata in termine di pubblicazioni accademiche e “citazioni”) è di ottimo livello e supera in percentuale addirittura quella statunitense la domanda che sarebbe lecito porsi è la seguente: come mai l’unione tra disponibilità di fondi ed eccellenza di ricerca non ha ancora prodotto un “gigante” del calibro di quelli della Silicon Valley o dei nostri cugini tedeschi o, peggio ancora, un sistema economico basato sull’innovazione?

Attorno alle risposte a questa domanda nelle ultime settimane si è sviluppata una discussione, in rete e in Parlamento, sul modo in cui le risorse vengono utilizzate e si è arrivati ad una serie di proposte concrete che puntano alla creazione di un sistema di erogazione dei finanziamenti basato sul merito e sulla rilevanza di mercato della ricerca.

Si tratta della proposta di legge sul "Fondo dei fondi" presentata da Beatrice Lorenzin (Deputata del PDL) e Alessia Mosca (Deputata del PD) e dell’idea della Banca dell’innovazione sollevata da Gianluca Dettori (Dpixel e Wired) e immediatamente sposata dalle due deputate.

Dal Fondo dei fondi alla Banca dell’innovazione: una storia di “contaminazioni”

Il 7 Ottobre scorso è stata presentata alla Camera la proposta di legge dal titolo “Istituzione del Fondo dei fondi presso la Cassa depositi e prestiti Spa” che punta a creare in Italia una struttura deputata alla gestione dei finanziamenti pubblici per l’innovazione e la ricerca scientifica. “La proposta – ci spiega Alessia Mosca – è nata dall’interesse personale mio e di Beatrice Lorenzin per questi temi, e dalla collaborazione con «Lo spazio della politica» un gruppo di giovanissimi che si occupano di politica, cultura e innovazione”.

Come succede spesso, non appena si è diffusa la notizia di questa proposta, le due deputate sono entrate in contatto con altri soggetti, che stavano sviluppando parallelamente questa discussione. Reduce da un viaggio in Silicon Valley e dall’incontro con “mind the brigde” (progetto volto a diffondere la cultura dell’innovazione nel nostro paese e a valorizzare i giovani talenti) Alessia Mosca ha avuto modo di approfondire la tematica e di spingersi oltre l’idea originale: “Abbiamo valutato – ci spiega – che la proposta depositata alla Camera poteva essere migliorata e che sarebbe stato interessante avvicinare il Fondo dei fondi ad una «Banca dell’innovazione» ripresa dal modello israeliano dello Yozma di Edmund Phelps. Quello a cui io e Beatrice Lorenzin pensiamo è una struttura snella con connotazioni fortemente internazionali dal punto di vista della trasparenza e della valutazione meritocratica dei progetti, che possa fare da catalizzatore delle risorse dando sostegno alle iniziative più meritevoli.

Le tappe 

L’idea “ufficiale” della Banca dell’innovazione dovrebbe essere presentata il 5 novembre prossimo al “Venture Camp 2010” a Milano, iniziativa organizzata da Mind the Bridge e Corriere della Sera, ma le tappe che porteranno alla proposta di legge sono abbastanza scandite: “Tra novembre e gennaio – ci dice l’onorevole Mosca – contiamo di realizzare una serie di approfondimenti ulteriori attraverso i quali produrremo tutta la documentazione di progetto relativa alla Banca dell’innovazione, indicando che caratteristiche dovrebbe avere e quali sono i procedimenti normativi da attivare. Se si esclude l’elemento di perenne instabilità dell’attuale legislatura, avendo già portato avanti dei disegni di legge di iniziativa bipartisan (come il progetto Controesodo), credo che l’idea abbia diverse chance di successo. Attualmente stiamo procedendo alla raccolta di altre firme, tentando di coinvolgere più gruppi parlamentari, e, una volta chiuso l’iter di analisi tecnica, non ci resterà che chiedere l’inserimento della proposta nel calendario della commissione competente.

Approccio all’innovazione: pro e contro

Non essendo ancora disponibile il testo presentato non siamo in grado di dare un giudizio sulla proposta, ma facendo una semplice ricerca in rete si possono trovare diversi commenti a favore e contro l’idea che sostiene questo tipo di approccio. Se il difensore più “accanito” è Gianluca Dettori (che in realtà è, in parte, anche ispiratore dell’idea della Banca dell’innovazione) un’obiezione abbastanza sensata l’ha fornita Nicola Mattina. Mattina afferma che in Italia la cultura meritocratica manca completamente e che “i soldi servono quando si innestano su un tessuto sano, altrimenti producono solo parassitismo”. Abbiamo girato queste critiche ad Alessia Mosca che ci ha così risposto.

“Bisogna dire innanzitutto che ogni territorio ha delle proprie caratteristiche e che non è nostra intenzione replicare, tali e quali, i modelli di successo sviluppati in altri contesti. Non è un caso che la Silicon Valley sia un unicum nel mondo e che le altre zone di innovazione si siano sviluppate attorno a modelli molto diversi. Quello che stiamo facendo è individuare il modello migliore per il nostro contesto. Noi abbiamo un sistema molto creativo con una proliferazione di idee eccezionale, una propensione all’imprenditorialità molto elevata, ma un sistema del capitale di rischio ancora allo stato embrionale ed una burocrazia sproporzionata. Se hai un’idea buona fai fatica a trovare i finanziamenti. Se trovi i finanziamenti, la burocrazia ti stritola e ti rallenta, impedendoti di fatto di realizzare in tempi brevi la tua startup.
L’approccio del Fondo dei fondi e della Banca dell’innovazione è, a mio avviso, calzante per un territorio nel quale c’è bisogno di ri-orientare (anche culturalmente) questo processo. Quello che stiamo facendo è cercare di realizzare partnership pubblico-private in cui il sostegno pubblico sia parziale, dal punto di vista economico, ma fondamentale a livello di semplificazione burocratica.
Io credo che la partnership pubblico-privata sia la chiave per non disperdere risorse pubbliche e per fare in modo che il pubblico orienti ed incentivi la creazione di una cultura dell’innovazione”.



[1] I dati sono tratti dal Rapporto Annuale sull’Innovazione 2009 di COTEC – Fondazione per l’Innovazione Tecnologica – Disponibile su www.cotec.it
 

 

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