EDITORIALE

La politica italiana di fronte alla sfida della riforma della PA

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Abbiamo già parlato a lungo della legge delega sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, detta “legge Madia”. Vi propongo un sunto delle posizioni delle varie parti politiche: sia di quelle di maggioranza che, con toni anche sensibilmente diversi, l’hanno alla fine approvata, sia delle forze di opposizione che non sono state avare di critiche sia di principio.

22 Luglio 2015

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Carlo Mochi Sismondi

Abbiamo già parlato a lungo della legge delega sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, detta “legge Madia”, che ha appena superato il vaglio della Camera, da cui è uscita con alcune non banali modifiche, e che vedrà probabilmente prima della chiusura estiva la sua definitiva approvazione in Senato, dove comincia oggi il suo secondo iter in commissione. Ve l’abbiamo infatti raccontata a mano a mano che si andava costruendo e comunque è ora disponibile sia il testo approvato e trasmesso al Senato, sia l’ottimo dossier preparato dagli Uffici della Camera.

Quel che invece mi interessa oggi sottoporre alla vostra attenzione è un sunto delle posizioni delle varie parti politiche: sia di quelle di maggioranza che, con toni anche sensibilmente diversi, l’hanno alla fine approvata, sia delle forze di opposizione che non sono state avare di critiche sia di principio, sia di merito su specifici punti di questa legge complessa e oggettivamente molto ambiziosa.

La maggioranza

Partiamo dalle forze di maggioranza (PD, Scelta civica, NCD, Per l’Italia, SVP, parte del gruppo misto). Il relatore della legge è stato Ernesto Carbone che nella sua relazione all’Assemblea la descrive con cinque parole chiave: trasparenza, merito, produttività, innovazione, responsabilità.Tra i tanti punti importanti viene messa in particolare evidenza l’introduzione del FOIA (Freedom of Information Act) ossia dello strumento di libero accesso dei cittadini agli atti della PA; il ruolo dell’open government; la creazione di un vero e proprio “mercato della dirigenza pubblica” basato sul merito, le competenze e la valutazione oggettiva dei risultati. In un significativo passaggio della relazione Carbone scrive che “dobbiamo liberare la gestione delle risorse umane ed economiche delle amministrazioni dall’onnipresenza di un diritto amministrativo che rende ogni decisione rigida e farraginosa”.

Tra gli altri temi che le forze di maggioranza rivendicano come punti di forza della legge possiamo elencare:

  • l’obiettivo di una coraggiosa riorganizzazione complessiva e organica della PA (tutti)
  • l’attenzione al mondo della ricerca (NCD);
  • il taglio delle partecipate (tutti)
  • la certezza dei tempi e delle procedure (SC)
  • la maggiore responsabilità data ai dirigenti, limitata però all’attività gestionale (SC)
  • il ruolo di “innovatori” che viene attribuito ai dirigenti, rendendoli responsabili delle dei risultati delle politiche (PD);
  • la nuova disciplina dei concorsi pubblici e dell’accesso al lavoro pubblico e alla dirigenza (PD);
  • la norma che prevede un censimento completo di tutta la “galassia “ delle amministrazioni pubbliche(SC);
  • l’attenzione alle forme flessibili di lavoro come coworking e telelavoro (NCD);
  • il raggiungimento di un punto di equilibrio tra centrale e locale, tra omogeneità e differenziazione, tra vigilanza e responsabilizzazione (PD)

L’opposizione

Nessuna delle forze di opposizione (SEL, M5S, FI, FdI, Lega Nord, parte del gruppo misto) che hanno votato contro la legge mette in dubbio la necessità di una riforma radicale della PA e la sua urgenza per la ripresa del Paese, ma altrettanto mettono in evidenza alcune criticità ritenute gravi o addirittura perniciose.Vediamole:

  • esiste un oggettivo eccesso di delega: le deleghe sono troppe e troppo vaghe, e disorganiche, richiedono decine di provvedimenti; la legge è enorme, troppo ambiziosa, un omnibus (tutti)
  • la riforma richiede troppo tempo, non potrà essere completata che dopo un paio d’anni e non avrà quindi effetti anticongiunturali (FI)
  • bene la cittadinanza digitale, ma è una riforma senza risorse. Se non si investe la digitalizzazione della PA rimane un obiettivo irraggiungibile (tutti)
  • troppa concentrazione di poteri su Palazzo Chigi e troppo centralismo dello Stato centrale (Lega, M5S);
  • poca attenzione all’autonomia locale e ai costi standard (Lega Nord)
  • una pericolosa estensione del silenzio-assenso anche per temi sensibili come la tutela dell’ambiente (SEL; FdI)
  • si prevede un “eventuale” accorpamento del Corpo forestale dello Stato in un’altra forza di polizia, ma la delega è vaga (tutti), rischia di indebolire gravemente la difesa dell’ambiente (SEL; M5S); lede l’autonomia delle regioni (Lega Nord); non contempera una più coraggiosa riforma di tutte le Forze dell’Ordine (FI)
  • la scarsa attenzione alla partecipazione di cittadini, ad es. non si introduce il “dibattito pubblico” per le grandi opere (M5S; SEL)
  • c’è un sostanziale rischio che la riforma sia gestita dagli stessi soggetti che devono essere riformati che tenderanno a conservare il proprio potere autoreferenziale (FI);
  • la riforma della dirigenza non ne tutela abbastanza l’autonomia, ma anzi la mette sotto il controllo della politica (tutti)
  • è una riforma inutile senza il rinnovo dei contratti (M5S);
  • la riforma delle partecipate è in palese contrasto con il referendum sull’acqua pubblica perché introduce di fatto la privatizzazione dei servizi pubblici locali (M5S);
  • la riforma non è abbastanza meritocratica e non punisce i comportamenti opportunistici (FI)

L’unica astensione è stata quella del gruppo di ex M5S “Alternativa Libera” che approva in pieno la parte riguardante la digitalizzazione della PA e la cittadinanza digitale, mentre ha serie preoccupazioni sul silenzio-assenso.

Il Ministro Madia

Alla fine del dibattito generale, nella sua relazione di replica, il Ministro Marianna Madia ha ribadito la sua soddisfazione per l’esito del dibattito parlamentare e ha messo in evidenza alcuni punti per lei distintivi:

  • la caratteristica della riforma è che non è una riforma di settore, ma una riforma per tutto il Paese che mette in primo piano l’interesse di tutti i cittadini;
  • questa riforma è parte di un disegno riformatore più vasto che tende a “cambiare l’Italia”;
  • il FOIA permette la grande rivoluzione della trasparenza;
  • l’estensione del silenzio assenso non è assenza di responsabilità, ma deve stimolare tempi certi per le decisioni, e permette di non scaricare su cittadini ed imprese l’incapacità delle amministrazioni di decidere;
  • la riforma del Corpo Forestale ne manterrà comunque, anche in un eventuale accorpamento, l’unitarietà delle funzioni e ne salvaguarderà le professionalità;
  • sulla dirigenza l’obiettivo della legge è rafforzare una dirigenza di ruolo, competente, ben selezionata, che abbia gli strumenti per attuare le politiche, ma anche per dire qualche “no” alla politica

Qualche riflessione

  • Complessivamente il dibattito parlamentare, sia in commissione sia in Assemblea, mi è sembrato di discreta qualità, abbastanza scevro di polemiche inutili (a parte qualche esuberanza verbale), concorde negli obiettivi, anche se ovviamente diviso negli strumenti per raggiungerli. Il fatto, ricordato dal Ministro, che un numero importante di emendamenti anche dell’opposizione sia stato approvato (circa un quarto di quelli presentati) ne è un segno tangibile.
  • Mi colpisce comunque la preponderante importanza data nel dibattito ad un punto a mio parere molto marginale, come quello di un’eventuale (da definire nei decreti delegati) ristrutturazione o accorpamento del Corpo Forestale dello Stato. Non voglio affatto sottovalutare l’argomento, ma certo non è il cuore della riforma. Che, appena si cerchi di mettere mano davvero a quella riduzione delle organizzazione e degli enti di cui tante volte si parla, si levino una moltitudine di scudi a difesa è prova provata di quanto sia difficile portare a casa risultati veri che superino il layer dei principi ed entrino nella vera vita delle amministrazioni.
  • Qualcuna delle riforme prospettate è estremamente ambiziosa, prima tra tutte quella della dirigenza: è quindi necessaria la consapevolezza che la legge è solo un inizio del lavoro, ma che la riforma andrà coltivata con cura, assistita, difesa prima che metta radici e foglie per poter dare, un domani, anche frutti buoni.
  • Molte delle considerazioni delle opposizioni non sono prive di fondamento: sarebbe bene che il Governo le tenesse in considerazione nel predisporre i decreti delegati. Tra queste alcuni rischi che sono presenti in nuce e per cui è bene stare attenti a che non la stravolgano: ad esempio un eccesso di centralismo di Palazzo Chigi; una buona attenzione alla trasparenza, ma una sottovalutazione della partecipazione civica, ossia dell’engagement dei cittadini; una troppo macchinosa gestione della selezione dei dirigenti e della conseguente creazione del “mercato” delle competenze; ecc.

In conclusione siamo di fronte ad una riforma molto importante, molto difficile e molto (troppo?) ampia: per portarla a casa dobbiamo fare quel che si fa quando ci si propone di scalare una cima alpina di quelle toste: un passo dietro l’altro e testa sul collo!

Perché, come scrive il Ministro Madia in un tweet che è impossibile non condividere: la riforma sarà realtà quando la vita degli italiani sarà più semplice.

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