Big Data satellitari che creano occupazione

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Quando i dati possono essere utilizzati per generare informazioni e conoscenza che qualcuno è disposto a pagare, nascono attività economiche che creano nuove opportunità di lavoro. E’ il caso dei (big) dati satellitari

4 Maggio 2016

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Massimo Zotti, Planetek Italia - Istituto Italiano Open Data

Si parla spesso di riuso dei dati e delle ricadute, potenziali, che il rilascio di dati può avere sui livelli occupazionali. L’idea di fondo è che, quando i dati possono essere utilizzati per generare informazioni e conoscenza che qualcuno è disposto a pagare, possono nascere attività economiche che creano nuove opportunità di lavoro, determinando crescita occupazionale ed altre conseguenze positive per l’economia nazionale.

Questo è uno dei benefici che vengono spesso evidenziati quando si vuole spiegare perché la Pubblica Amministrazione dovrebbe investire di più sul rilascio di dati. Tra gli altri benefici viene spesso citata la trasparenza, e le ricadute positive a livello sociale e sull’offerta dei servizi pubblici; soffermiamoci però sulle utilità in termini di aumento dell’occupazione, che probabilmente possono rappresentare una leva più forte, verso la parte politica, per superare quella disattenzione e lentezza delle nostre politiche citate da Nello Iacono in un post di qualche giorno fa.

La possibilità di creare nuovi posti di lavoro, infatti, rappresenta uno stimolo importante per motivare la politica locale, regionale o nazionale a intraprendere iniziative non proprio banali, come l’apertura dei dati, che richiedono fatica, perseveranza e non sono immuni da insuccessi. Iniziative che, per consentire la creazione di servizi economicamente sostenibili e duraturi, richiedono scelte organizzative e tecniche oculate, affinché i dati siano aggiornati con una frequenza adeguata, ma anche che l’ente che li pubblica venga ritenuto affidabile, perché ne garantisce il più possibile la disponibilità e la qualità nel tempo.

Un ottimo esempio in questo senso è rappresentato dall’infomobilità: i dati sul trasporto pubblico locale, quando liberati, rendono tipicamente più agevole l’utilizzo dei mezzi pubblici da parte del cittadino, ma diventano al tempo stesso il carburante per numerose applicazioni, a supporto della mobilità cittadine e della pianificazione dei trasporti, che hanno un grande valore economico per soggetti in grado di analizzare Big Data geospaziali ad elevata dinamicità come questi.

I dati sull’infomobilità però esauriscono spesso il proprio valore in contesti locali, a causa dell’assenza di omogeneità nei formati e servizi di pubblicazione e nella frequenza di aggiornamento e manutenzione del dato. E questo ancora oggi limita il riuso, in contesti differenti, delle applicazioni basate su questi dati, con il risultato che ciò che funziona con i dati di Bologna non può essere facilmente riusato per l’utilizzo a Milano o Palermo.

In tema di Big Data geospaziali, una risorsa invece straordinaria è rappresentata dai dati satellitari, disponibili con licenze free & open, che le missioni Sentinel forniscono nell’ambito del programma europeo di monitoraggio globale Copernicus.

L’accesso libero e gratuito ai dati di Copernicus è garantito fino al 2034. Ben 30 anni dal lancio del primo satellite Sentinel: una prospettiva di continuità nell’accesso a dati senza precedenti! Con dati di qualità ed aggiornati con altissima frequenza, che offrono una garanzia straordinaria per le aziende che sanno usarli per creare valore, trasformando questi dati geografici in conoscenza dei fenomeni in atto sul territorio. Grazie a queste prospettive di così ampio respiro, giovani imprenditori e aziende possono oggi pianificare le proprie strategie di crescita a lungo termine e creare opportunità per nuovi posti di lavoro duraturi. Le stime parlano di 40.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030 grazie al programma Copernicus.

Tra i satelliti Sentinel lanciati in orbita dalla Commissione Europea abbiamo a disposizione il satellite Sentinel 1a che fornisce immagini RADAR su tutto il globo ogni 12 giorni. Lo scorso 25 aprile è stato lanciato in orbita un secondo satellite gemello del primo, il Sentinel 1b, e quindi a breve il tempo di rivisita del satellite scenderà a soli 6 giorni! 60 immagini satellitari all’anno, acquisite sulle nostre città, in qualsiasi condizione meteo o di illuminazione. Queste immagini, con metodologie che ormai sono allo stato dell’arte, possono essere utilizzate per misurare gli spostamenti millimetrici della superficie terrestre, e quindi verificare ad esempio la stabilità di infrastrutture critiche, o controllare se aree in frana si stanno muovendo, e con quale velocità. L’elaborazione di questi dati non è certamente semplice, e richiede competenze specialistiche; ma grazie alla disponibilità di dati gratuiti e garantiti è possibile realizzare applicazioni per il monitoraggio delle aree in frana che possono essere vendute sia ad enti pubblici che ai privati che gestiscono infrastrutture come oleodotti, strade o impianti industriali.



Video dell’ESA sul funzionamento del satellite Sentinel 1 e i vantaggi nell’uso dei sensori RADAR

Questa è una chiara opportunità, sia per giovani laureati, che possono mettere subito a frutto le competenze acquisite nel loro corso di studi, e sia per le aziende che già operano sul mercato, in quanto si riduce fortemente la barriera all’ingresso su nuovi mercati.

L’elaborazione di questi dati, come già detto, è molto complessa e richiede strumenti sofisticati che sono disponibili come software proprietari ma anche opensource (qui un esempio). Quando si parla di Big Data geospaziali, tuttavia, e si vogliono cogliere tutte le opportunità derivanti dalla disponibilità di dati acquisiti con una simile frequenza, bisognerà necessariamente superare gli approcci tradizionali legati all’elaborazione dei dati in ambienti desktop, con interfacce grafiche pensate per utenti umani, per andare verso un processamento massivo grazie a workflow di elaborazione automatici. Vedremo quindi un crescente impatto del Software As A Service (SaaS) e della fruizione su Cloud dei servizi basati su questi dati, che saranno sempre più spesso erogati non più come mappe statiche e rappresentative di fenomeni passati, ma come abbonamenti a servizi dinamici di accesso alla conoscenza.

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Ringrazio Vincenzo Barbieri e Francesca De Chiara per i contributi alla redazione di questo articolo.

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