Il ruolo della governance locale per i protagonisti di ICity Lab 2016

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ICity Lab
2016: Qual è la vera infrastruttura da cui partire per pensare all’intelligenza
urbana? Dagli interventi di Matteo Lepore, Flavia Marzano, Roberta Rocco e
Valeria Troia prevale una definizione di città che anticipa un ampliamento del
paradigma della smart city

3 Novembre 2016

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Redazione FPA

Assessori, sindaci, amministratori locali provano a esercitarsi sul tema della “città innovativa”. In occasione dell’evento ICity Lab emerge una definizione di città che anticipa un ampliamento del paradigma della smart city. I fenomeni sociali consolidati diventano fattore abilitante di innovazione sociale. Il focus si sposta progressivamente sulla ripresa politica dei cittadini, sul protagonismo delle comunità. Dunque, qual è la vera infrastruttura da cui partire per pensare all’intelligenza urbana?

Matteo Lepore, Assessore all’Economia e promozione della Città, Turismo, Relazioni Internazionali, Agenda Digitale Comune di Bologna, afferma “è indubbio che in un paese come il nostro, dove più del 70% della popolazione vive in Comuni piccoli e medi, dove abbiamo una cultura, una comunità, una densità urbana fortissima, un paesaggio, un patrimonio e uno know-how che esiste da secoli, dobbiamo partire da lì se vogliamo parlare di intelligenza urbana”.

È in gioco l’idea di sviluppo del paese, per governare i territori è necessario non partire dal tema della tecnologia. Come sostiene Lepore “a livello globale, tecnologie e piattaforme digitali competono per prendere il monopolio delle comunità, mentre la politica sta perdendo la propria forza di gestione delle comunità”.

È responsabilità politica capire le logiche di utilizzo dei dati. La grande sfida nella gestione delle piccole e grandi realtà urbane è rendere la politica e le istituzioni protagoniste del cambiamento e le politiche nazionali dovrebbero andare in questa direzione. Segue lo stesso orientamento la scelta del Presidente del Consiglio sul tema del finanziamento delle periferie. Una scelta che ha rilevanza in materia di inclusione sociale, che denota lo stato di appartenenza ai luoghi.

Bologna sta riformando l’organizzazione della macchina comunale ponendo la comunità urbana al centro di ogni iniziativa e ha introdotto una nuova delega, quella dell’immaginazione civica, sostituendola a quella della smart city. Continua Lepore “porteremo in giunta un atto d’indirizzo dove creiamo due task force, una dedicata al degrado e alla sicurezza e un’unità di governance dedicata all’immaginazione civica. Ci sarà un ufficio dell’immaginazione civica a supporto dell’unità di governance che è il nostro Urban Center. Sarà un’agenzia esterna finanziata dal Comune, ma avrà una personalità giuridica terza, avrà al proprio interno gli strumenti, le competenze, le risorse e soprattutto la mappa del patrimonio comunale e pubblico della città per promuovere l’integrazione fra le politiche dell’amministrazione e la comunità. L’ufficio dell’immaginazione civica è lo strumento che mette insieme le risorse europee del PON Metro (40 milioni di euro), gli strumenti normativi, il patrimonio pubblico e (se riusciamo) privato della città. A livello di conoscenza, sia i dati aperti che le grandi aggregazioni di dati sono fondamentali per far sì che questa integrazione ci possa essere, per cui noi nel nostro PON Metro abbiamo dedicato circa 6 milioni di euro sull’Agenda digitale Metropolitana. L’idea è di far scalare la rete civica del Comune di Bologna sul livello metropolitano per avere un’unica identità digitale, compatibile con quello che si sta facendo a livello nazionale”.

Nel governo delle comunità qual è il ruolo delle amministrazioni locali? Flavia Marzano, Assessora Roma Semplice – Roma Capitale, afferma “noi vorremmo andare verso Roma semplice e aperta, verso chi le tecnologie le conosce un po’ meno. Un italiano su tre tra i 15 e i 70 anni non è mai entrato in rete e Roma conta 900mila abitanti. Questo non va bene, devo poter lavorare anche per loro. La prima delibera che abbiamo fatto i primi di agosto parla dei punti di accesso Roma facile, ovvero degli spazi sul territorio in cui potremo chiedere alle associazioni, alle imprese, alle banche, ai municipi (ben 15 a Roma), alle biblioteche che sono 40, di fornirci anche solo un’ora a settimana con una persona. Una persona che noi formeremo in maniera che questo 3% di cittadini romani, che non è in grado di iscrivere suo figlio a scuola, possa andare lì quel giorno, quell’ora, in un punto sul territorio per poter fare quel che è giusto che impari a fare”.

Mettendo il cittadino al centro, cosa possono fare le tecnologie? Se lo chiede Roberta Rocco, Assessora alla Trasformazione digitale e Servizi civici – Comune di Milano, proponendo un’azione di intervento su tre assi: fornire a tutti le informazioni, permettere l’accesso ai servizi e garantire la partecipazione.

Afferma Cocco “che uno sia cittadino, residente, pendolare o partecipante attivo della città metropolitana deve avere dal proprio Comune tutte le informazioni che gli sono necessarie. I servizi civici sono il front end di tutto quello che io posso fare con l’infrastruttura tecnologica. Nessuno deve conoscere che tipo di infrastruttura abbiamo, ma tutti devono beneficiare dei servizi che andremo a dare. Mi piacerebbe offrire tutti i servizi online, ma rispettando una parte di popolazione che all’online non può arrivare e quindi offrire delle modalità affinché tutti possano sempre arrivare al servizio. Il portavoce di questi temi per Milano è Lorenzo Lipparini che ha la delega agli open data e alla partecipazione, mentre io ho il dovere di offrirgli le piattaforme affinché i cittadini possano essere veramente una voce, in collaborazione con la città, e possano avere tutti i dati che devono pretendere dal loro Comune”. Emerge una Milano “Aperta, interconnessa, solidale”.

“Oggi la città intelligente non è soltanto una città che si dota di tecnologia, è una città che riesce a veicolare processi circolari dove effettivamente i cittadini sono al centro, mappando i bisogni dei cittadini e cooprogettando i servizi”, ne è convinta Valeria Troia, Assessora all’innovazione e alla smart city, Città di Siracusa. Continua “è necessario aprire le istituzioni alle persone. Noi lo abbiamo fatto partendo dalle periferie, da quell’investimento su cui a livello nazionale si sta investendo e che noi abbiamo però costruito insieme alle persone e quindi immaginando una pianificazione che partisse dal basso”.

La grande difficoltà è riuscire a costruire e modulare l’organizzazione della macchina amministrativa e Siracura lo ha fatto puntando su alcuni progetti illustrati dall’assessora Troia. “Per Siracusa è stata una opportunità importante il fatto di essere riusciti a mettere insieme un vecchio finanziamento del FSE per creare uno Smart Lab, un incubatore che mettesse insieme giovani under 35 per lavorare sulle aree della Smart City. Questi ragazzi lavoreranno ancora per un altro anno insieme all’amministrazione per costruire una cabina di regia, che non tratti gli ambiti della Smart City come dei silos, ma li integri. Interessante anche il progetto del CNR sulla realtà aumentata dei nostri siti archeologici. La grande sfida di oggi è realizzare l’Agenda urbana che detta obiettivi e disegna piani di azione. In questo contesto l’innovazione è quel file rouge che lega tutti i vari settori: dalle periferie all’agenda digitale. Interessante anche tutto ciò che riguarda il digital divide. Il piano nazionale scuola digitale è oggi una realtà che non può essere più lasciata soltanto alle scuole. Noi enti locali digitalizziamo i servizi e le scuole possono essere effettivamente quei contenitori che ci consentono di lavorare sulle competenze”.

Per far sì che il bene della città sia il bene di tutti è fondamentale che tutti lavorino in sinergia e in questa direzione l’ANCI, attraverso l’Agenda Urbana, sta promuovendo la condivisione delle buone pratiche tra i Comuni. Come ha detto Flavia Marzano “non esiste l’io se non c’è il noi”.

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