A Toronto ogni spostamento comincia e termina a piedi
Negli ultimi mesi servizi on-demand e nuove piattaforme (bla bla car, uber, car2go, enjoy…) ci hanno fatto spostare l’attenzione dall’aspetto hardware della viabilità urbana (spazi e luoghi) a quello software (flussi e tempi). Dal Canada sembra venire il messaggio opposto: spingere sulle trasformazioni urbane per garantire ai propri cittadini una mobilità a misura umana. E oggi si raccolgono i frutti della semina di oltre dieci anni fa.
30 Giugno 2014
Diego Segatto
Negli ultimi mesi servizi on-demand e nuove piattaforme (bla bla car, uber, car2go, enjoy…) ci hanno fatto spostare l’attenzione dall’aspetto hardware della viabilità urbana (spazi e luoghi) a quello software (flussi e tempi). Dal Canada sembra venire il messaggio opposto: spingere sulle trasformazioni urbane per garantire ai propri cittadini una mobilità a misura umana. E oggi si raccolgono i frutti della semina di oltre dieci anni fa.
“Costruire una città transito-orientata per le future generazioni.” Per l’amministrazione di Toronto questo presupposto è il cuore di tutte le sue politiche per la progettazione urbana. Spinta da una popolazione di circa 2,5 milioni abitanti e da uno sprawl crescente, dal 2002 l’Amministrazione ha adottato un piano operativo che connette integralmente le destinazioni d’uso del suolo con la sua crescita intelligente, raccogliendo oggi i frutti di scelte orientate a migliorare i trasporti urbani a beneficio di una popolazione più sana e più pedonale.
Come emerge in una recente intervista a Harold Madi, Direttore del settore Progettazione Urbana di Toronto, tale approccio non colpisce tanto per la novità in termini di teoria urbanistica (l’insieme delle pratiche legate all’urbanistica dovrebbe essere per sua natura integrato), quanto per i notevoli sforzi che lì si stanno compiendo nell’attuare una visione per il miglioramento della qualità della vita urbana. Il principale impegno dell’amministrazione è stato infatti investito nel costruire un intenso dialogo e un’effettiva inter-operabilità tra ambiti (mobilità e politiche del suolo) e dipartimenti di settore, una scelta ben precisa a monte che è diventata nel tempo attivatrice di ogni successivo piano e attuazione, “incorporando con soddisfazione le politiche della città in merito a sicurezza, accesso ai mezzi, pedonalizzazione e crescita intelligente”. E di fatto dimostrando che un piano di mobilità e un alto livello della progettazione urbana rimangono qualità indispensabili per implementare la vivibilità e la competitività economica di una città. Purché procedano “mano nella mano”.
Il processo di maturazione
Con una situazione tipica di molte città fondate in epoche precedenti all’uso dell’automobile, Toronto si trova a “bilanciare la dimensione degli investimenti per i nuovi servizi pubblici con le necessità dei futuri pendolari” considerando un mix di soluzioni che include tre ricette cardine:
- La possibilità di un servizio per “l’ultimo miglio” come mini-van o veicoli shuttle disponibili su richiesta;
- L’integrazione del piano regionale per il trasporto leggero su rotaia con marciapiedi più larghi e nuove piste ciclabili, anticipando la possibilità di cambiare modalità di trasporto lungo il tragitto;
- Un’attenzione alla progettazione tanto dell’infrastruttura dei trasporti quanto al suo contesto emergente: parcheggi coperti e scoperti per le biciclette, aree di attesa del taxi e dell’autobus, accesso diretto ai principali percorsi pedonali e aree di parcheggio temporanee. Il tutto consolidato da linee guida alla progettazione in grado di preservare sostegno e stimolo alla crescita di una cultura attiva del trasporto.
Il percorso ha avuto quindi inizio con l’osservazione e l’indagine dell’esistente. Le politiche per la mobilità sono state avviate con un’intenzione di fondo: incoraggiare una crescita multi-centrica e lineare sfruttando le infrastrutture per il trasporto pre-esistenti, da cui identificare una matrice di centralità e viali più adatte ad accogliere sia un piano di crescita urbana che un’implementazione degli impianti per il trasporto pubblico. Dai casi studio condotti area per area sono emerse 21 raccomandazioni (appena approvate dalla municipalità) tendenzialmente orientanti all’incremento residenziale, alla costruzione di edifici di media altezza, in pochi casi a grattacielo, all’integrazione di parchi, aree di preservazione naturale e alla crescita di alberi d’alto fusto. Tutto questo concorrendo ad anticipare i cambiamenti annunciati dagli ingenti investimenti per la linea ferroviaria leggera a livello regionale (circa 4,8 miliardi di dollari) preparandone la ricaduta positiva sulla città con una nuova visione di design urbano. La “chiusura del cerchio” è rappresentata, dal 2010 a oggi, da 147 richieste di costruire per edifici di media altezza in diverse aree, forse a confermare l’inizio di una graduale maturazione del tessuto urbano attorno alla visione stessa, in grado di sostenere una mobilità più efficiente. A questo indirizzo è possibile navigare la georeferenziazione completa del tessuto urbano rispetto all’infrastruttura per lo spostamento, oltre che amministrativa, educativa e ricreativa.
Mobilità on-demand
Il caso di Toronto, in una fase storica di repentini cambiamenti, spesso tutt’altro che armonici, impressi dalle nuove proposte per la mobilità come le nuove imprese e applicazioni su dispositivi mobili (vedi Uber o car2go in questo caso), ci riporta a una dimensione estremamente fisica della città come hardware e delle politiche che la orientano e governano. Non dovremmo esserne sorpresi, ma ci si potrebbe anche chiedere come una linea programmatica di questo tipo si relazioni con l’innovazione tecnologica digitale che spesso, ultimamente, concentra le nostre attenzioni sulla collisione in corso tra offerta/possibilità, la conseguente e crescente domanda ed il cambiamento/armonizzazione che tutto ciò implica nei comportamenti, nelle scelte e nelle politiche che coordinano la complessità urbana. Non è difficile immaginare che la visione di Toronto, un modello di smartness guidata dal pubblico e imperniata sulla qualità degli spazi(siano soste o percorsi), costituisca un contesto ideale per permettere l’accesso e l’inclusione a modalità complementari dei servizi, in particolare rispetto all’ultimo miglio.
È comunque significativa la risposta di Madi, quasi glissando nel merito e rimarcando piuttosto le scelte fatte dall’amministrazione per garantire tempi di percorrenza convenienti tra scambi intermodali e luoghi di approdo: “Agire in questo senso significa assicurare la miglior esperienza pedonale possibile (comfort, convenienza, sicurezza e attrazione) affinché ogni viaggio cominci e termini a piedi”. Nel frattempo, il mercato stesso della sharing economy si sperimenta e adatta attraverso una relazione diretta con le persone: un’onda travolgente sì, ma non un’energia valida “per tutte le stagioni” e tutte le realtà. Car2go, per esempio, ha disposto la propria rete di servizi anche a Toronto e, si può dire “vincendo” la competizione con altri servizi locali, arriva addirittura a chiedere sostegno ai cittadini/utenti per sollecitare l’amministrazione a rinforzarne il posizionamento facendosi così soggetto politico, mentre chiude nel Regno Unito per la preferenza generalizzata all’uso dei mezzi privati e non per la concorrenza di car sharing cittadino o politiche restrittive.
Politiche connettive
I nuovi servizi privati on-demand non necessariamente producono consapevolezza collettiva per la riduzione dei consumi e del traffico, per la salubrità o per rinnovare la relazione tra le persone e lo spazio in cui vivono. Per questo è fondamentale per un buon governo del territorio mantenere un forte presidio, preferibilmente di tipo adattivo, nell’ambito della mobilità attraverso politiche e strumenti per la progettazione urbana e architettonica.
Tornando a Toronto, le teorie del transit-oriented o dell’intensification non sono di certo formule magiche né soluzioni definitive: nell’intento dell’amministrazione della città canadese, sembrano piuttosto aggregare una complessa e intelligente piattaforma con il sufficiente grado di labilità per adattarsi ai grandi mutamenti occorsi, in atto e in attesa di compiersi, mantenendo le persone al centro dell’interesse.