Perché l’innovazione urbana si realizza con l’inclusione e la partecipazione dei cittadini nello sviluppo di nuovi servizi

Home Città e Territori Perché l’innovazione urbana si realizza con l’inclusione e la partecipazione dei cittadini nello sviluppo di nuovi servizi

Occorre presidiare il tema della governance degli strumenti e dei processi partecipativi. Dobbiamo evitare che le azioni sviluppate siano disordinate e poco integrate fra loro. Forse un criterio guida, che ci può aiutare in questo approccio trasversale, può essere rappresentato dall’orientamento a sviluppare uno strumento o una piattaforma unica di coinvolgimento del cittadino

21 Aprile 2022

G

Raffaele Gareri

Chief Digital Government Officer, Linkem

Photo by Clay Banks on Unsplash

Nel lontano 2003, ormai quasi vent’anni fa, l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) pubblicò un interessante report di oltre 160 pagine dal titolo “Promesse e Problemi del eDemocracy – Sfide per l’ingaggio online dei cittadini”. In questo interessante documento potete trovare un’analisi delle diverse esperienze allora sperimentate nei vari paesi europei e delle prime conclusioni su benefici, limiti e pregi dell’uso delle nuove tecnologie per sostenere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica. Nonostante la ricchezza di quei contenuti, possiamo dire che eravamo all’inizio di un percorso e forse, data la velocità dell’innovazione tecnologica, possiamo aggiungere che saremo sempre in cammino e che ci dovremo abituare a convivere con processi di continuo cambiamento. L’approccio top-down e bottom-up delle iniziative partecipative muterà continuamente, espandendo gli ambiti di azione e producendo alti e bassi nel progresso. Ma proviamo a riassumere le diverse tipologie di processi partecipativi oggi più praticate.

Oggi le città promuovono i processi partecipativi per lo sviluppo di nuovi servizi

Oggi le città sono focalizzate nell’utilizzare le nuove tecnologie digitali per sviluppare nuovi servizi e migliorare l’esperienza di vita urbana e quindi aumentano, giustamente, i casi di chiamata dei cittadini nella fase di brainstorming e progettazione del servizio stesso. La tensione verso la riduzione del gap tra aspettativa, bisogno e offerta viene affrontata non solo tramite il coinvolgimento dell’individuo, ma anche attraverso il codesign con le organizzazioni. Sono ormai diversi gli enti locali e le aziende pubbliche che coinvolgono i propri utenti. ma anche le startup, nei processi di ridisegno del servizio con l’obiettivo di intercettare meglio idee, esigenze ma anche creare le premesse per una più migliore sostenibilità finanziaria, ottenibile attraverso la ricerca di un tasso maggiore di utilizzo del futuro servizio.

Il contributo in termini di critica costruttiva e la creatività dell’utente sono fondamentali nella sperimentazione o nei cosiddetti progetti pilota perché sappiamo ormai che ogni processo di innovazione richiede una verifica sul campo, con il conseguente importante ciclo di integrazione e correzione prima di procedere allo sviluppo industriale.

Infine, anche il monitoraggio del punto di vista dell’ente nel mantenimento della qualità del servizio è ormai diventato una pratica diffusa, dove sempre più si usano piattaforme e modalità di raccolta della customer satisfaction che premiano il contributo dell’utente.

Non dimentichiamo la partecipazione anche nello sviluppo delle strategie

Ma questa attenzione verso i servizi non deve ridurre l’attenzione delle istituzioni verso i processi di partecipazione anche sui processi di pianificazione e sviluppo delle strategie. C’è stata una stagione di sperimentazione dei bilanci partecipativi, ma la difficoltà di trovare l’equilibrio tra i processi decisionali bottom-up e il principio della delega politica hanno spinto a momenti di ripensamento sulla diffusione di questi strumenti. È invece più consolidata l’abitudine di enti locali, istituzioni nazionali ed europee a sottoporre importanti documenti di pianificazione, a momenti di consultazione pubblica (vedi ad esempio la recente consultazione pubblica del Piano “Italia ad 1 Giga” o dell’Agenda Digitale della Regione Lazio). Interessante è anche una nuova forma di partecipazione del cittadino nell’ambito della produzione dei dati e quindi non solo nell’utilizzo, come viene già consentito dalle piatteforme open data. Ciò è accaduto nel caso della pandemia, dove la libera condivisione di dati dei cittadini tramite app varie ha aperto a nuove forme di raccolta dati e sviluppo di policy data-driven se non addirittura a logiche diverse di gestione dei servizi pubblici. 

La varietà rilevata delle possibili forme di partecipazione ci spinge dunque alla riflessione che occorra anche presidiare il tema della governance degli strumenti e dei processi partecipativi. Dobbiamo evitare che le azioni sviluppate siano disordinate e poco integrate fra loro. Forse un criterio guida, che ci può aiutare in questo approccio trasversale, può essere rappresentato dall’orientamento a sviluppare uno strumento o una piattaforma unica di coinvolgimento del cittadino. La presenza di uno strumento digitale di premialità, di incentivazione dei comportamenti sostenibili (sia dal punto di vista ambientale che sociale) può consolidare il processo partecipativo, che non viene così percepito come un episodio occasionale, ma che diventa invece parte integrante della scelta e dell’utilizzo del servizio stesso.

Il coinvolgimento sul raggiungimento degli obiettivi della comunità per motivare la partecipazione

Alcune città hanno già sperimentato l’attivazione di un canale digitale di comunicazione bidirezionale, ovvero non solo di informazione verso il cittadino, ma anche di raccolta dati e sondaggi; aggiungere stimoli mirati all’ingaggio sul raggiungimento degli obiettivi politici della città può essere l’elemento vincente che dà un senso e motivazione al dialogo costante tra istituzione e cittadino. Ciò porta inevitabilmente a intrecciare il tema dell’inclusione con la partecipazione. Occorre infatti evitare di creare un nuovo divario digitale tra aree geografiche diverse e gruppi sociali diversi, occorre anche ridurre il disagio degli anziani nell’utilizzare strumenti digitali e quindi, più in generale, mettere in atto risposte concrete per prevenire e ridurre le tensioni e conflitti sociali. Forse invitare il cittadino nei processi partecipativi, con l’obiettivo di chiamarlo a contribuire al raggiungimento di alcuni obiettivi dell’agenda 2030 della propria comunità, può anche diventare un momento di cooperazione intergenerazionale e di avvicinamento tra le istituzioni e la cittadinanza.

Esperienze internazionali di partecipazione

Ma se ci spostiamo a livello internazionale, quali casi interessanti possiamo rilevare? Barcellona dal 2016 ha sviluppato Decidim, una Piattaforma di Consultazione Civica per favorire lo scambio di idee, e ha un dipartimento interno al Comune dedicato a gestire iniziative per aumentare la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali della città.

Invece sul tema del voto elettronico, l’Estonia detiene un primato: è stato il primo paese al mondo nel 2005 a sperimentare il voto elettronico e oggi i cittadini estoni possono votare via internet sia per le elezioni sia per i referendum. Addirittura, nel luglio 2013, il governo ha reso open-source il proprio sistema di e-Voting, distribuendo i sorgenti dell’applicazione.

L’Italia ha avviato i primi progetti di e-democracy nel 2004, in seguito nel 2019, con il 4° Piano d’Azione Nazionale, il Governo ha reso disponibile ParteciPa (una piattaforma open source a riuso) a tutte le pubbliche amministrazioni centrali e locali, quale strumento utile a realizzare processi partecipativi online. Fino ad oggi la piattaforma ParteciPaha ospitato circa 15 consultazioni a scala nazionale.

La varietà degli strumenti, delle esperienze e delle diverse tipologie di forme di partecipazione analizzata ci porta a concludere che il percorso è piuttosto complesso ed occorre intraprendere a monte un’azione di sostegno dello sviluppo delle competenze digitali dei cittadini, ma anche dei responsabili dei servizi pubblici nelle istituzioni. Per far fronte a questa necessità FPA, Linkem e la School of Global Management Thunderbird (dell’Arizona State University) unitamente ad altri importanti player pubblici e privati, nazionali ed internazionali, stanno disegnando uno Urban Innovation Complex a disposizione di istituzioni, aziende, cittadini e professionisti. L’obiettivo è di creare uno spazio fisico e virtuale dove facilitare l’apprendimento, l’approfondimento di esperienze e la co-creazione di modelli e soluzioni che possano poi essere avviate in autonomia nei territori secondo una logica di sistema e non di sviluppo occasionale. La partecipazione e l’inclusione richiedono infatti la condivisione di esperienze, ma anche la coprogettazione di ecosistemi in grado di unire le varie categorie di attori di una comunità: gli enti pubblici, le aziende, le università e la cittadinanza.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!