Corso: “Per Sanità digitale completare investimenti e accordi pubblico-privati”

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14 Dicembre 2016

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Mariano Corso, Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità Politecnico di Milano

A che punto siamo?

Nonostante la crescita di consapevolezza, il livello di digitalizzazione del SSN resta tra i più bassi d’Europa: la spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana nel 2015 si attesta a 1,34 miliardi di euro (1,2% della spesa sanitaria pubblica, corrispondente a 22 € per abitante). Si tratta di un livello di spesa tre volte inferiore rispetto ai Paesi benchmark e del tutto inadeguato per un Paese che ha di fronte sfide epocali legate all’invecchiamento demografico e alla crescita delle cronicità che impongono una urgente e radicale modernizzazione del sistema di cura.

Questo Governo ha prodotto molte riforme e introdotto molte innovazioni: cosa è già “usabile” tra quanto approvato? Cosa ci portiamo a casa?

Innanzitutto una crescita di consapevolezza e un rinnovato di indirizzo di governo e Ministero. Il Patto per la Sanità Digitale e il Piano delle Cronicità, entrambi approvati in Conferenza Stato-Regioni a cavallo dell’estate, sono elementi fondamentali attraverso cui il Governo ha dato a Regioni e Aziende Sanitarie obiettivi, linee guida e priorità condivise su cui intervenire. Gli stessi vincoli sulla spesa imposti sulla finanziaria, sono un tentativo di porre freno alla frammentazione nel procurement e di orientare verso innovazione e interoperabilità.

Molti provvedimenti sono ancora non in sospeso, cosa pensa che sarà impossibile raggiungere degli obiettivi che erano posti? A cosa dovremo rinunciare, almeno per ora?

Il governo ha dato forte enfasi alla diffusione del FSE su cui ha posto obiettivi sfidanti che si sono rivelati velleitari per alcune Regioni. Lo sviluppo della Sanità digitale in Calabria, Sicilia e Campania, in particolare, richiede piani ad hoc con priorità e tempi da riformulare coerentemente alla situazione di partenza. Un intelligente azione di sistema che consenta il riuso di esperienze, competenze e soluzioni presenti in altri territori, potrebbe consentire di recuperare il tempo perduto e utilizzare meglio le risorse disponibili dalla programmazione Europeo.

Cosa si può fare ora nel campo dell’innovazione digitale che non ha bisogno della politica, ma solo dell’azione fattiva dell’amministrazione?

Occorre proseguire nel percorso di dialogo tra Ministero, Regioni e in-house nello sviluppo di piani coerenti. Bisogna sfruttare i fondi strutturali PON-FESR per sviluppare e diffondere strumenti di Assessment, linee guida e architetture di riferimento comuni. Bisogna far evolvere i FSE in piattaforme di servizi utili per il cittadino. Occorre infine vincere resistenze e burocrazia per trasformare il sistema di Procurement in uno strumento di innovazione utilizzando appieno quanto di positivo introdotto dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

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