Dalla sanità digitale una leva per la lotta alla corruzione

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Dalle anticipazioni del rapporto del progetto “Curiamo la corruzione” i dati dei ritardi della sanità digitale e le opportunità perché diventi invece uno strumento fondamentale per la lotta alla corruzione

2 Aprile 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

Lo sviluppo della sanità digitale, come in generale la realizzazione della trasformazione digitale della pubblica amministrazione, non è solo lo strumento principale per migliorare i servizi ai cittadini, rendere efficiente e sostenibile il sistema pubblico, creare le basi per enormi opportunità di sviluppo economico. È, anche, e ce lo ricorda bene il progetto “Curiamo la corruzione”, promossa da alcune organizzazioni come Transparency International, uno degli strumenti principali per combattere contro la corruzione e le distorsioni del sistema burocratico. Non a caso tra i principali ostacoli della trasformazione digitale.

I numeri della corruzione in sanità sono noti e significativi: secondo il progetto, ammontano a “6 miliardi di euro, cioè più del 5% della spesa sanitaria pubblica, le risorse distolte dai servizi sanitari a causa della corruzione e delle frodi” e certamente il digitale può dare un contributo notevole, soprattutto se il cambiamento avviene nell’ottica dell’openness, e quindi con un valore centrale attribuito all’apertura (effettiva e significativa) dei dati.

La consapevolezza di questa connessione (e che quindi, “riducendo gli sprechi, l’informatizzazione delle procedure aumenta la trasparenza, perché restringe gli ambiti di discrezionalità degli operatori e permette al cittadino di avere un maggiore controllo”) è abbastanza evidente agli operatori sanitari, molto meno alla popolazione italiana. Dai dati elaborati dai partner del progetto:

  • ben il 71% dei dirigenti delle strutture sanitarie ritiene che la normativa che obbliga le Asl a dotarsi di un sito web permetta un maggiore controllo dei costi e dei servizi, e costituisca un reale deterrente alla corruzione;
  • solo il 18,8% degli italiani è convinto che un utilizzo più intenso di internet nella pubblica amministrazione renderebbe le procedure più trasparenti, dando più forza ai cittadini.

Da questo punto di vista, quindi, il ritardo con cui si muove la trasformazione digitale anche nel settore sanitario preoccupa non poco. Un ritardo che ha degli aspetti politici, a cui sono associati i decreti ancora non promulgati, ad esempio, per l’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), fermi dal 2001, o per la realizzazione compiuta del Patto della Sanità Digitale. Ma anche aspetti culturali e organizzativi e di governance complessiva.

Proviamo a sintetizzare, sulla base anche dei dati elaborati dai partner del progetto.

Aspetti culturali

La scarsa propensione all’utilizzo del digitale (che ci vede ultimi in Europa secondo l’indice composito DESI sull’utilizzo di Internet) si riflette sulla sanità digitale sia e livello di utenti che di operatori. Ad esempio,

  • solo il 6% della popolazione italiana prenota online le visite (in Spagna sono al 27%) e ancora meno coloro che prenotano accertamenti diagnostici;
  • solo il 31% dei medici scambia in rete i dati sui pazienti con altri operatori sanitari (in Spagna sono al 64%).

Certamente il tema è legato anche allo stato dell’infrastruttura digitale, ma in modo non determinante.

Aspetti organizzativi e di governance

Le differenze tra le regioni rimangono notevoli, e lo sviluppo della sanità digitale continua ad essere sostanzialmente a macchia di leopardo, certamente anche per i ritardi sul Patto. Solo per fare due esempi tratti dai dati disponibili:

  • il Fascicolo sanitario elettronico, atteso come una rivoluzione, dal sito del monitoraggio sulla Crescita Digitale, curato da AgID al momento risulta attivo solo in 5 regioni (Valle d’Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna e Toscana) ed è in fase di implementazione in altre 7 (Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Molise, Puglia), mentre non è evidenziato lo stato nelle altre regioni;
  • dal rapporto elaborato del progetto, risulta inoltre che “siamo lontani dall’adempimento dell’obbligo di legge che imponeva a tutte le aziende sanitarie di attivare i pagamenti online e di rendere disponibili i referti in formato digitale entro il mese di novembre 2015”.

La lotta alla corruzione, da questo punto di vista, diventa uno dei filoni principali su cui puntare per rilanciare anche la sanità digitale, andando oltre la percezione, ancora prevalente, per cui si tratta di tecnicismi utili ma tutto sommato di corredo. Anche perché nell’anticorruzione si trovano gli stessi elementi fondamantali della trasformazione digitale, come il tema dell’apertura e della centralità dei dati, da cui oggi qualsiasi idea di futuro non può fare a meno.

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