La ricetta segreta dei giganti del web

Home PA Digitale La ricetta segreta dei giganti del web

Come si fa a conquistare il mondo partendo da un garage? Dal 2017 abbiamo cominciato a raccontare la storia delle grandi dot-com e ci siamo resi conto che la nostra platea si aspetta un racconto eroico, animato da imprenditori geniali con una solida vision del futuro. La platea si aspetta di leggere dei messaggi motivazionali, di uscire con la carica giusta per affrontare la giornata e la routine quotidiana. Nell’articolo la premessa di Luca Attias, CIO della Corte dei Conti

26 Aprile 2018

A

Andrea Dotti, ideatore del progetto CompaniesTalks e Amministratore Unico di GO2MKT

“Sono venuto a conoscenza casualmente del lavoro che Andrea Dotti stava facendo con degli attori e sceneggiatori professionisti (e vi assicuro bravissimi). Dopo che ho visto la loro prima performance sono rimasto folgorato, prima di tutto del livello qualitativo dell’operazione e secondariamente dell’impatto culturale che una buona diffusione del format poteva provocare anche tra i dipendenti della PA e tra coloro che hanno comunque in qualche modo rapporti con la PA. Immediatamente ho pensato a Forum PA, da questo punto di vista l’evento più importante dell’anno e ne ho parlato a Carlo Mochi Sismondi e Gianni Dominici (oramai da anni miei genitori adottivi) che hanno con entusiasmo raccolto l’opportunità e la sfida.
In questo sorprendente articolo Andrea vi da alcune chiavi di lettura di ciò che verrà proposto dal 22 al 24 maggio dalle 18:00 in poi al Forum PA di quest’anno, ma vi posso garantire che quello che vedrete è molto, molto di più. Anche io umilmente in qualità di “bravo presentatore” cercherò di fare la mia parte con un piccolo contributo all’iniziativa.
Quindi vi aspetto tutti, questa volta anche con parenti amici (perfino quelli che della Pubblica Amministrazione non gliene può fregare di meno) a questo evento innovativo, divertente e quindi imperdibile”.
Luca Attias, CIO della Corte dei Conti

La premessa, necessaria, è che quando parliamo di Google, Facebook, Amazon e Airbnb stiamo trattando una materia delicata.

Dal 2017 abbiamo cominciato a raccontare la storia delle grandi dot-com e ci siamo resi conto che la nostra platea si aspetta un racconto eroico, animato da imprenditori geniali con una solida vision del futuro. La platea si aspetta di leggere dei messaggi motivazionali, di uscire con la carica giusta per affrontare la giornata e la routine quotidiana.

Originalità dell’idea
In realtà sì, siamo di fronte a dei personaggi molto particolari ma quello che hanno da raccontarci è un po’ diverso da quello che ci aspettiamo di ascoltare. A cominciare dall’idea. È opinione diffusa che ci sia un’associazione tra “fondatore di una dot-com” e “inventore”, tra “progetto web di successo” e “idea originale”. In realtà non è andata proprio così.

Google, ad esempio, è nato nel 1998 quando esistevano già altri motori di ricerca (Altavista, Yahoo, Excite, ecc…), Facebook è apparso quando erano già stati lanciati altri social network (MySpace, Friendster), la libreria online di Amazon è successiva al progetto books.com e così anche Airbnb non ha inventato l’affitto delle case online perché esistevano già altre piattaforme come HomeAway e Vacation Rentals by Owner (poi acquistata da HomeAway).

È un vero peccato che il successo di questi colossi non sia riconducibile all’originalità dell’idea perché in un colpo si svuotano di importanza tutti quei discorsi che quotidianamente facciamo davanti a un caffè, come “mi è venuta un’idea pazzesca, non ci ha pensato nessuno prima…!”. Effettivamente, analizzando le partenze dei fondatori dei grandi colossi delle dot-com, non sembra che siano partiti con delle idee particolarmente innovative. All’epoca avremmo detto che si trattava di “un altro motore di ricerca, un altro social network” e così via.

Vision dei fondatori
Dunque se la formula del successo non è nell’esclusività dell’idea, forse una soluzione potrebbe essere ricercata nella “vision” dei fondatori? Cioè, in quell’insieme di elementi, invisibili ai più, che permettono di immaginare scenari impensabili con le conoscenze attuali; la visione di come sarà possibile cambiare il mondo a partire da un semplice gesto, in un clic. Forse la risposta alla nostra domanda è qui.

Allora facciamo un passo indietro.
Cosa immaginavano Brin e Page nel 1998, quando fondarono Google? Il loro obiettivo era quello di vendere Google e l’algoritmo che lo fa funzionare alle aziende. Questo modello di business, come sapete, si chiama technology-driven. Avevano in mente un modello di business e sono anche riusciti nell’impresa di farselo finanziare, salvo poi trovarne un altro lungo il percorso che si fonda sulla raccolta pubblicitaria e che oggi genera il 99% del fatturato di Google.

Così come ad esempio quando nel 2005 è stato chiesto a Zuckerberg cosa fosse il suo progetto lui ha risposto: “Penso che Facebook sia una directory online per i college”. Possibile allora che ci si trovi di fronte ad un gruppo di startupper che sono partiti con il loro progetto senza avere il quadro chiaro di cosa sarebbe successo nel loro futuro? Sì è possibile, anzi è andata proprio così.

Acume finanziario
Nella ricerca della formula del successo, per il momento, abbiamo battuto solo due piste che non ci hanno condotto da nessuna parte. L’originalità dell’idea e la vision dei fondatori non ci hanno fornito delle basi solide, ma neanche traballanti, per sviluppare una formula universale del successo delle startup dot-com.

Allora, vista la crescente importanza del ruolo del CFO strategico all’interno delle grandi multinazionali, vuoi vedere che la chiave di lettura di questi fenomeni imprenditoriali si trova proprio nell’acume con il quale hanno, prima impostato, e poi sviluppato una sofisticata strategia finanziaria?

Prendiamo nuovamente il caso di Google. Larry Page e Serghej Brin si presentano al primo incontro con un potenziale investitore senza una presentazione e senza un business plan. Anche Amazon, fondata nel 1994, parte senza un business plan, va online nel 1995 e da allora non ha prodotto utili fino al 2016… quando sono stati l’1,7% dei ricavi. Venti anni senza utili: parliamo evidentemente di progetti molto particolari. Chesky e Gebbia, i fondatori di Airbnb, non sono neanche degli informatici ma dei designer. Dopo diversi tentativi di lanciare il loro portale arrivano all’esaurimento dei capitali. Il progetto sta per sparire per inedia, ma quando tutto sembra compromesso trovano il modo per sopravvivere vendendo corn-flakes. Sì, vendono confezioni di corn-flakes all’uscita della convention democratica di Denver del 2008 e così raccolgono circa $30.000 che gli permettono di portare avanti il progetto. Pieni di iniziativa sicuramente, creativi anche, ma definirli dei guru della finanza può sembrare un azzardo.

Errori
A peggiorare la situazione dei i fondatori delle dot-com ci si mettono anche gli errori. Errori veri e propri che nell’euforia generale, legata al successo planetario delle loro imprese, vengono spesso dimenticati.

Il più clamoroso è forse stato il bug presente all’interno della piattaforma di Amazon il giorno in cui il sito è stato lanciato. In quella prima versione l’utente aveva la possibilità di fare ordini negativi. Ovvero poteva ordinare meno 3 copie di un certo libro. Già questo sarebbe stato un problema, quantomeno di immagine, ma ad aggravare la situazione è subentrato il fatto che all’utente, avendo lasciato gli estremi della propria carta di credito, Amazon rimborsava le somme corrispondenti, che ovviamente non aveva ancora speso. Per capirci meglio: l’utente ordinava libri e, invece di addebitarglieli, Amazon gli accreditava i soldi corrispondenti.

Errori di progettazione ma anche di strategia. Google ad esempio ha tentato la strada dei social con Google+ senza successo. Ha ritirato dal mercato consumer i Google Glass così come tanti altri progetti che non hanno avuto il successo atteso. Senza parlare di Facebook che, con i servizi a pagamento della propria piattaforma venduti a Cambridge Analitica, rischia di dover comparire di fronte ai Parlamenti di mezzo mondo.

Eppure, nonostante tutti questi limiti, i fondatori delle dot-com ci appaiono comunque come degli eroi. Non c’è niente da fare. Ci deve pur essere qualcosa di speciale in queste storie, in questi personaggi. E allora ripartiamo proprio da qui, dai personaggi, dal loro percorso personale.

Punti di riferimento
Se pensiamo a cosa ha ispirato i nostri eroi scopriamo che tutti loro hanno costruito il loro successo avendo punti di riferimento diversi. Larry Page ricorda la storia del geniale inventore Nikola Tesla. Mark Zuckerberg indica in Sean Parker il grande “eye-opener” che gli indica la strada del successo. Jeff Bezos ha come riferimento il nonno che, abitando in campagna in mezzo al nulla, gli ha insegnato a contare solo su se stesso.

…e infine, la formula!

Ognuno di loro è partito da un punto di ispirazione diverso ma tutti sono poi arrivati ad una stessa conclusione. Per Brian Chesky per creare un grande prodotto bisogna concentrarsi su una singola persona. “E fate in modo che quella persona abbia la più straordinaria esperienza della sua vita!”. Larry Page e Sergej Brin ragionano al contrario degli altri motori di ricerca: vogliono che l’utente rimanga il minor tempo possibile su google.com, per loro è l’utente il giudice supremo del servizio e allora efficienza e velocità: una casella di testo su una pagina bianca. Punto. Zuckerberg dice che Facebook non voleva essere un progetto “cool” ma utile, come l’energia elettrica… e Jeff Bezos si dice addirittura “ossessionato” dal proprio cliente.

Tutti partono da posti diversi ma giungono ad un unico approdo: l’utente.

La soddisfazione dell’utente è l’ultimo pensiero prima di andare a dormire ed il primo di quando ci si alza. Non sono stati i primi: ma sono stati i migliori.

Tutti, alla fine, hanno avuto ben chiaro di cosa noi avessimo bisogno, prima ancora che lo sapessimo noi stessi. E hanno fornito quel servizio curandolo con passione e finanche con ossessione. Senza mai dimenticare che ogni volta che si raggiunge un buon punto nel servire il nostro utente bisogna poi interrogarsi su quale sia il prossimo passo, il prossimo miglioramento. Perché, per dirla con le parole di Jeff Bezos, non importa quali siano i risultati raggiunti, ciò che importa è che “it’s always day one!”.


Questo il programma dei Companies Talks a FORUM PA 2018, a cui iscriversi:


Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!