Piccola guida al Digital Strategic Planner: la PA ha bisogno di dirigenti digitali

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Continua il percorso di Francesca  Sensini – Web Content Manager – Rete Civica del Comune di Città di Castello – tra le professioni del web 2.0 nella comunicazione pubblica. Dopo l’articolo del mese scorso dedicato al community manager questa volta analizziamo Digital Strategic Planner qualcosa di più che un responsabile della pubblicazione dei contenuti del sito (figura richiesta dalle linee giuda per i siti web).

28 Febbraio 2012

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Francesca Sensini*

Articolo FPA

Continua il percorso di Francesca  Sensini – Web Content Manager – Rete Civica del Comune di Città di Castello – tra le professioni del web 2.0 nella comunicazione pubblica. Dopo l’articolo del mese scorso dedicato al community manager questa volta analizziamo Digital Strategic Planner qualcosa di più che un responsabile della pubblicazione dei contenuti del sito (figura richiesta dalle linee giuda per i siti web).

Oggi l’incarico di dirigente della comunicazione ed informazione per un ente pubblico viene dato in base alla normativa riconducibile alla contrattazione nazionale e alle varie leggi dello stato, ma prevede che questo debba avere due requisiti fondamentali: l’iscrizione all’albo dei giornalisti e la specializzazione post laurea in Comunicazione. Quest’ultima acquisita comunque in modo conforme al regolamento 422/2001.
Queste funzioni, riconosciute grazie allo sforzo storico di operatori della comunicazione pubblica, sono ritenute anche oggi strategiche per l’ente. Le stesse però, grazie ai tagli delle manovre e al rigore che anche l’attuale governo impone alle amministrazioni, in fatto di pubbliche relazioni e pubblicità non istituzionale, sono arrivate ad un necessario un punto di svolta.

La stessa attuazione della legge 150/2000 ha avuto alti e bassi ma oggi più che mai i requisiti per accedere al ruolo dirigenziale del settore comunicazione e informazione sono, dal mio punto di vista, da rivedere. Da una parte, infatti, sono anacronistici, vista tutta la lunga lista di norme per l’innovazione e l’E-gov introdotte, dall’altra spesso un piccolo ente periferico riesce a stare al passo coi tempi solo a fronte di una gran fatica e tanta buona volontà da parte dei pochi che ci lavorano.
Leggendo in rete gli articoli e i dati relativi alla digitalizzazione si scopre che sia per l’Albo Pretorio online che per l’accessibilità o le Linee guida molti enti devono ancora mettersi in regola.
Perché questo accada non è troppo chiaro né, sopratutto, è chiaro cosa deve essere fatto per colmare questo vuoto: da una parte il dover rispettare il patto il stabilità (e dunque non poter spendere in formazione o consulenze) è un freno enorme (o una scusa?), ma dall’altra è anche vero che probabilmente manca una figura apicale in grado di comprendere con immediatezza e con competenza dove e come agire per mettersi in regola.

Il tempismo in questi casi è molto importante ed è per questo che credo importante inserire, tra i requisiti per l’incarico ad un dirigente della comunicazione e dell’informazione, quello di conoscere i meccanismi, le regole e le potenzialità del web. Queste capacità potrebbero essere riconosciute nel profilo del Digital Strategic Planner (DSP), come l’Iwa ha definito negli skill profiles.

In fondo un ente è una vera e propria azienda e una figura esperta di marketing del web potrebbe essere importante per un manager della comunicazione e dell’informazione pubblica.

Esiste già, secondo le linee guida per i siti web, il responsabile del procedimento di pubblicazione dei contenuti del sito (RPP), ma il Digital Strategic Planner non è solo una definizione meno “burocratese” di tutte le competenze comprese quelle dell’RPP, quelle del DSP sono molto più vaste.
I contenuti da pubblicare sono stabiliti per legge, ma coordinare la linea editoriale significa anche sapere dove e come potersi inserire e che mezzi usare, proprio in funzione della posizione strategica che internet ha raggiunto per la PA, e certamente non solo per la pubblicità legale. Oltre agli obblighi di legge, infatti, ci sono mille opportunità che il web offre, non ultima quella di far conoscere l’operato di un amministratore ai suoi cittadini, che hanno, a loro volta, diritto di sapere tutto sull’operato di un amministratore.

Il DSP è colui che conosce il web e che definisce gli strumenti e i meccanismi attraverso i quali trasmettere e comunicare. Trova soluzioni digitali per ogni tipo di comunicazione, partendo da quelle che sono le normative che regolano la pubblicazioni sul sito web e gli strumenti che la legge mette a disposizione.
Si occupa della creazione e della architettura del portale e ne cura gli aspetti comunicativi coordinando il team di coloro che ci lavorano (Web content manager della rete Civica, redazioni web e ICT) e valutando quali software e CMS siano da utilizzare per un buon servizio online del portale, arrivando con facilità e tempismo al livello 5 di interattività (vedi linee guida per i siti web tab.2).
Un DSP è inoltre esperto di Social Media e di informazione multimediale. Un ufficio stampa, a esempio, oggi non può non pensare al multimediale. Il giornalista che scrive deve saper anche creare un video e caricarlo su youtube (e anche qui la legge 150/2000 rimane troppo indietro rispetto alle competenze che potrebbero essere aggiunte e richieste per l’accesso alla PA).

Un DSP dovrebbe sapere anche di Data Management, ovvero dei dati da usare per gestire l’Open data del proprio ente. Pochi enti per ora lo fanno (ricordiamo la Regione Piemonte quale apripista ed esempio anche per molte altre), ma in futuro anche queste competenze saranno importanti e sicuramente in grado di rendere un ente pubblico digitale a tutti gli effetti.

* Francesca Sensini è Web Content Editor al Comune di Città di Castello

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