Programma di razionalizzazione degli acquisti della PA: gli obblighi in vigore dal 1° gennaio
Il primo gennaio di quest’anno sono entrati in vigore alcuni provvedimenti contenuti nel Decreto sulla Spending Review e nella Legge di Stabiltà che disciplinano una serie di nuovi obblighi per le amministrazioni in tema di acquisti pubblici elettronici. Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, persentiamo un articolo di Debora Montagna in cui si definisce puntualmente cosa cambia e per chi.
3 Aprile 2013
Debora Montagna*
Il primo gennaio di quest’anno sono entrati in vigore alcuni provvedimenti contenuti nel Decreto sulla Spending Review e nella Legge di Stabiltà che disciplinano una serie di nuovi obblighi per le amministrazioni in tema di acquisti pubblici elettronici. Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, persentiamo un articolo di Debora Montagna in cui si definisce puntualmente cosa cambia e per chi.
Il programma di razionalizzazione degli acquisti, volto a ridurre la spesa della Pubblica Amministrazione rendendo più efficiente e trasparente l’acquisizione di beni e servizi, ha avuto la sua massima espressione con le norme emanate dai provvedimenti in tema di Spending Review[1], mentre gli ultimi dettagli sono entrati in vigore con la legge di stabilità 2013.
Nell’ambito di tale programma, un ruolo fondamentale è attribuito a Consip S.p.a. (società per azioni il cui unico azionista è il Ministero dell’Economia e delle Finanze) che è chiamata a gestire il programma per la razionalizzazione degli acquisti della Pubblica Amministrazione nell’ottica di massima trasparenza ed efficacia. È inoltre previsto che il Ministero dell’economia e delle finanze, tramite Consip, curi lo sviluppo e la gestione del sistema informatico di e-procurement realizzato a supporto del citato programma di razionalizzazione degli acquisti.
Il quadro normativo delineato in tema di modalità di acquisto di beni e servizi da parte della PA non è però di immediata percezione, tanto che Consip e il MEF hanno recentemente stilato una tabella riepilogativa concernente i casi in cui le PA abbiano l’obbligo o la facoltà di fare riferimento agli Accordi Quadro stipulati da Consip, a quelli stipulati dalle Centrali di Acquisti Territoriali (CAT) o al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione[2] (MePA).
Questa tabella, appositamente studiata per orientare e facilitare le Pubbliche Amministrazioni nell’acquisto di beni e servizi, si pone quindi come un agile strumento di consultazione, in quanto permette un rapido accesso alla normativa applicabile in base:
- alla categoria di appartenenza della PA (amministrazione statale, regionale, ente del servizio sanitario nazionale, amministrazione territoriale non regionale, scuola e università, altra amministrazione e Organismo di diritto pubblico);
- alla tipologia di acquisto (sopra la soglia comunitaria o sotto la soglia comunitaria);
- alla categoria merceologica a cui appartengono i beni o servizi.
In particolare, con riferimento alla categoria merceologica, si precisa che il d.l. 95/2012 (all’art. 1 “Riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi e trasparenza delle procedure”) ha reso obbligatorio l’utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip o dalle centrali regionali di committenza di riferimento per tutte le amministrazioni pubbliche che necessitano della fornitura di telefonia, energia elettrica, gas, carburanti e combustibili. Le PA sono, dunque, tenute ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione dalle strutture appena specificate ovvero, nel caso di assenza di una specifica convenzione, ad utilizzare i sistemi telematici di negoziazione, anche questi messi a disposizione da Consip o dalle centrali regionali di committenza di riferimento (art. 1, comma 7).
Per le amministrazioni non obbligate[3] è invece fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali.
In tal caso, i contratti dovranno comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle Centrali di committenza regionali che prevedano condizioni di maggior vantaggio economico.
I contratti stipulati in violazione di quanto appena detto sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono, inoltre, causa di responsabilità amministrativa.
Per quanto riguarda le altre categorie merceologiche, laddove vi sia un accordo quadro Consip (o della centrale di acquisto territoriale), l’obbligo di farvi riferimento è quasi generalizzato, ma non sono trascurabili i casi in cui per le amministrazioni è facoltativo fare riferimento alle convenzioni esistenti. Infatti, le amministrazioni territoriali e le altre amministrazioni (per i contratti sopra soglia comunitaria) nonché gli organismi di diritto pubblico (per contratti di qualsiasi importo) non sono tenuti a farvi riferimento.
Si specifica che le amministrazioni obbligate sulla base di specifica normativa ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni stipulate da Consip o dalle Centrali di committenza regionali (amministrazioni statali ed enti del servizio sanitario nazionale) possono procedere, qualora la convenzione non sia ancora disponibile e in caso di motivata urgenza, allo svolgimento di autonome procedure di acquisto dirette alla stipula di contratti aventi durata e misura strettamente necessaria e sottoposti a condizione risolutiva nel caso di disponibilità della detta convenzione (art. 1 comma 3 d.l. 95/2012).
Riepilogando, il quadro delineato dal Legislatore porta a individuare un obbligo generalizzato di ricorrere ai sistemi di acquisizione posti in essere da Consip e dalle centrali di acquisizione territoriali o dal MePA, mentre l’acquisto autonomo da parte della pubblica amministrazione diventa una mera facoltà e il suo utilizzo è spesso sottoposto a dei parametri restrittivi.
Il nostro Legislatore ha quindi voluto incentivare degli strumenti che, per le loro caratteristiche, sono volti a dare maggiore garanzia di trasparenza, ponendosi come utile deterrente sia contro lo spreco di risorse pubbliche sia contro il rischio di corruzione. Gli ausili offerti da Consip, dalle centrali di committenza e dal MePA riducono drasticamente la discrezionalità nelle operazioni di gara e non si deve trascurare, tra l’altro, che l’utilizzo di mezzi elettronici rende tracciabili tutte le operazioni di gara.
In questo settore il Legislatore è, dunque, in linea con la sua più generale volontà di trasparenza volta a reprimere la corruzione nello svolgimento dell’attività amministrativa. La legge 190 del 6 novembre del 2012, concernente le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, pone infatti la trasparenza dell’attività amministrativa come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili.
Per assicurare la trasparenza è necessario pubblicare, nei siti web istituzionali delle PA, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione e nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali. Ancora è previsto che, nei siti web istituzionali delle PA, siano pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini.
Infine, si precisa che le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne un’agevole comparazione.
La strada da seguire, a garanzia del diritto dei cittadini ad avere una PA efficiente e meno corrotta, è quindi quella di portare sul web alcuni dati fondamentali e, nel caso dell’e-procurement, trasferire sul web le procedure.
A questo punto non resta che chiederci se l’opportunità di utilizzare i sistemi di e–procurement debba rimanere “relegata” ai casi (seppure, come abbiamo avuto modo di vedere, abbastanza numerosi) previsti espressamente dal Legislatore. Probabilmente, nell’ottica del generale principio di trasparenza dell’azione amministrativa, sarebbe più corretto fare riferimento alle procedure Consip (o a quelle delle centrali di committenza) e al mercato elettronico anche nei casi in cui la norma prevede una mera facoltà (e non obbligo) di ricorso agli stessi. O meglio, sarebbe ancora più opportuno adottare degli specifici provvedimenti che rendano obbligatorio il ricorso agli strumenti suddetti, seppur in carenza di una norma che lo impone, proprio per ridurre il rischio corruzione che si insinua facilmente negli appalti pubblici.
*dott.ssa Debora Montagna – Digital & Law Department www.studiolegalelisi.it
[1] I decreti legge n. 52/2012 e n. 95/2012 (rispettivamente convertiti con la legge n. 94/2012 e n. 135/2012) hanno introdotto, infatti, alcune importanti disposizioni relative alle modalità di acquisizione di beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione.
[2] Il Mercato elettronico rappresenta per le pubbliche amministrazioni la nuova frontiera per gli acquisti di beni e servizi e i vantaggi che questo può apportare sono molteplici, sia in termini di semplicità che di immediatezza nella gestione di una gara.
L’art. 328 comma 1 del DPR n. 207 del 2010 prevede che, fatti salvi i casi di ricorso obbligatorio al mercato elettronico previsti dalle norme in vigore di cui all’articolo 85 comma 13 del codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006), la stazione appaltante può stabilire di procedere all’acquisto di beni e servizi attraverso:
- il mercato elettronico realizzato dalla medesima stazione appaltante, ovvero
- il mercato elettronico della pubblica amministrazione, c.d. MePA, realizzato dal Ministero dell’economia e delle finanze sulle proprie infrastrutture tecnologiche avvalendosi di Consip S.p.A., ovvero
- il mercato elettronico realizzato dalle centrali di committenza di riferimento di cui all’articolo 33 del codice (si pensi, a titolo di esempio, alle centrali regionali).
Il comma 2 stabilisce che il mercato elettronico consente acquisti telematici basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elettronica e telematica, nel rispetto delle disposizioni e dei principi organizzativi di seguito indicati. Le procedure telematiche di acquisto mediante il mercato elettronico vengono adottate e utilizzate dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei principi di trasparenza e semplificazione delle procedure, di parità di trattamento e non discriminazione.
I successivi commi prevedono poi le modalità di funzionamento del mercato elettronico.
Infine è stabilito che i fornitori di beni e i prestatori di servizi sono abilitati al mercato elettronico tramite bando.
[5] E quindi per amministrazioni regionali, territoriali, scuole e università, altre amministrazioni e per gli organismi di diritto pubblico.