Riforma trasparenza, un sì con riserva da Garante e Consiglio di Stato: ecco perché

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Dei pareri si è parlato troppo poco, probabilmente a causa del fatto – come
osservato dallo stesso Garante – che essi, pur obbligatori, restano non
vincolanti per l’esecutivo, che potrà – come già fatto in passato – non tenerne
conto nella limatura del testo. Vediamoli noi nel dettaglio

22 Marzo 2016

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Morena Ragone, giurista, dottore di ricerca, esperta di diritti digitali, Stati Generali dell'Innovazione

Sembrerebbe proprio di sì, ma un sì condizionato, a leggere atti ufficiali come il parere obbligatorio rilasciato dal Garante per la protezione dei dati personali, preventivo alla definitiva adozione del decreto legislativo di riforma della disciplina della trasparenza, il decreto n. 33/2013, il cui schema è stato adottato ormai due mesi fa. Forse come hanno scritto alcuni, sostanzialmente in linea con quando in precedenza espresso dalla stessa Authority, ma non per questo privo di sorprese.

Qualche giorno prima del Garante Privacy si era già espresso il Consiglio di Stato che, in un lungo e articolato parere , ha accolto con favore il provvedimento governativo, condizionandone, però, la positività ad una serie di osservazioni:

  • la necessità di estendere l’elenco di documenti ed atti assoggettabili a trasparenza, eliminando l’obbligo di “ indicare chiaramente” i dati richiesti (potrebbe essere difficile e non è funzionale al “ controllo sociale” che la normativa si prefigge come scopo;
  • inserimento dell’obbligo di motivazione del provvedimento ed eliminazione del “silenzio-rigetto”;
  • limitazione dell’ampia discrezionalità portata da disposizioni che fanno riferimento a “ questioni militari ” o “relazioni internazionali” e specificazione delle ipotesi di esclusione del diritto di accesso;
  • previsione di un unico responsabile per la trasparenza in ogni amministrazione;
  • eliminazione dei costi di “copia” tramite la completa digitalizzazione del procedimento;
  • tutela della privacy e garanzia di effettività anche temporale – rispetto effettivo del termine di 10 giorni per controdeduzioni – delle notifiche ai contro-interessati;
  • previsione di forme di archiviazione successive al termine quinquennale normativamente previsto.

Al di là delle osservazioni sullo schema di decreto, il Consiglio di Stato approfitta dell’occasione anche per alcune osservazioni di carattere generale, molto interessanti se esaminate in visione prospettica: così trovano spazio la necessità di una riforma globale della pubblica amministrazione, che sfugge – a quanto sembrerebbe – alla visione parcellizzata degli 11 decreti delegati, ed il rilievo dell’importante ruolo che deve essere svolto dagli stakeholders in fase di attuazione della stessa.

Dal canto suo – come ho già dettagliatamente esaminato in altro articolo, sempre su questa testata – il Garante per la protezione dei dati personali non è stato da meno, tornando su una serie di eccezioni già formulate in sede di adozione del decreto “madre”, oggi riformando:

  • il rapporto tra obblighi a fini di trasparenza e dati aperti;
  • la diffusione di dati personali non necessari ed il regime applicabile ai dati sensibili;
  • la ricerca ubiquitaria e la permanenza delle informazioni nel web.

Temi, questi ultimi, di notevole impatto e che necessiterebbero di risposte probabilmente ben più nette di quelle ad oggi fornite dal Governo con il provvedimento in esame, onde definire un indirizzo che al momento risulta solo timidamente accennato. Diversamente, si perderebbero le molteplici istanze portate avanti dalla società civile, che hanno visto impegnati tanti di noi in una lodevole – e trasparente anch’essa – attività di lobbying a tutela degli interessi di tutti i cittadini. Dei pareri, a mio avviso, si è parlato troppo poco, probabilmente a causa del fatto – come osservato dallo stesso Garante – che essi, pur obbligatori, restano non vincolanti per l’esecutivo, che potrà – come già fatto in passato – non tenerne conto nella limatura del testo.

A che pro allora discuterne (devono aver pensato in molti)? Vedremo quale sarà il testo finale, quali osservazioni e suggerimenti verranno accolti, quali modifiche apportate.

La procedura è quasi conclusa, e spero diventi chiara la strada: con l’apertura dell’ambito di applicazione soggettivo – non mi stanco di dirlo, vera, importante novità dello schema di decreto, disposizione che vorrei fosse trasfusa in modo analogo nel CAD – molti soggetti si troveranno a dover applicare le nuove regole, ampliando il numero e la disponibilità delle informazioni a disposizione di chiunque; se quindi vogliamo che esse siano di qualità, e che quindi la PA ne assicuri “ l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell’amministrazione, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità secondo quanto previsto dall’articolo 7 ”, allora è necessario che anche le norme di riferimento siano nette e inequivocabili .

Bene fa, da questo punto di vista, il Garante a ribadire che restano diversi nodi da risolvere: nodi che, purtroppo, non possono essere lasciati quale pesante eredità per chi sarà chiamato ad applicare le nuove disposizioni, o si darà solo eccessivo spazio alla discrezionalità amministrativa. La tutela ed il trattamento dei dati personali richiedono poche, semplici regole rigorose: che queste siano riprese anche nel testo che diventerà la base dell’accesso all’informazione pubblica può solo essere un beneficio per tutti.

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