Ecco tutte le fragilità di Spid. Agid: “pronte le soluzioni”

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SPID è uno dei principali programmi strategici per la trasformazione digitale del Paese. I suo stato di sviluppo è da seguire con attenzione e tutti i segnali deboli non confortanti suscitano preoccupazioni. Dallo stato di diffusione al modello di gestione. Ma l’Agenzia risponde: “Ci stiamo lavorando, aspettate e vedrete”

20 Luglio 2016

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Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione

SPID, il sistema pubblico per l’identità digitale, è chiaramente uno dei principali programmi strategici per la trasformazione digitale del Paese, e molti dei cambiamenti più attesi e innovativi dipendono dal suo successo (si pensi solo alla “Casa del cittadino”, ambizioso obiettivo del programma quadro Italia Login).

Per questa ragione il suo stato di sviluppo è da seguire con attenzione e tutti i segnali deboli non confortanti naturalmente suscitano preoccupazioni. E se è vero che siamo solo a pochi mesi dall’avvio ufficiale, è anche vero che alcuni elementi risultano più fragili.

Vediamoli brevemente, facendoci aiutare anche dalle affermazioni in merito da parte di AgID.

Stato di diffusione di SPID

Anche se sul sito spid.gov.it attualmente risultano 11 amministrazioni attive con poco più di 250 servizi attivi, la situazione attuale, seguendo quanto affermato da Agid e riportato sul sito dedicato al monitoraggio dei programmi della strategia per la Crescita Digitale, esprime numeri migliori, con 190 amministrazioni attive su SPID e circa 500 servizi disponibili, in costante crescita giornaliera (bisogna tener conto ad esempio del servizio SUAP per i comuni della Toscana, che vede la regione come intermediario tecnologico). Per AgID la fase di avvio del progetto ha ricalcato in linea di massima gli obiettivi prefissati ed è già definita una road map di prossime attivazioni sia per servizi che amministrazioni. Il numero sempre maggiore di servizi e di amministrazioni sarà pertanto la leva principale che spingerà anche le altre amministrazioni ad aderire.

Da molte parti si osserva, però, che l’attuale numero di identità digitali distribuite ( poco più di 80mila, a fronte, ad esempio, di 18 milioni di utenti Inps registrati con pin) sia troppo distante dagli obiettivi fissati (3 milioni di identità entro la fine del 2016) e che non sono note ed evidenti azioni in grado di accelerare questo processo.

Accelerare la diffusione

Secondo quanto affermato da AgID la spinta effettiva per la crescita del numero di identità sarà data dalla sempre maggiore presenza di servizi pubblici e anche privati accessibili con SPID. E l’obbligo previsto per la fine del 2017 per cui tutte le pubbliche amministrazioni dovranno garantire l’accesso ai propri servizi online con SPID, farà si che chiunque vorrà utilizzare un servizio online pubblico dovrà dotarsi di SPID. E sono anche allo studio modalità di accelerazione su diversi fronti, ad esempio quello dei servizi SPID-only e quindi la cui fruizione può avvenire solo tramite SPID, con un switch-off drastico e immediato.

Il tema principale è però legato alla necessaria lentezza di un processo di diffusione che parte da zero, in un contesto in cui la diffusione di utenti autenticati e di smart card nelle amministrazioni è già significativo. In altri termini, può essere un obiettivo soddisfacente quello per cui alla fine del biennio di transizione 2016-17 ci si ritroverà con meno utenti SPID degli attuali utenti autenticati?

Una delle possibili strade per evitare questa effettiva “partenza ad handicap” era (ed è) quella del “recupero delle identità pregresse” e quindi della transizione pressoché automatica degli attuali utenti autenticati verso SPID (anche se, sottolinea AgID, bisogna tenere conto del fatto che spesso, le Identità rilasciate in passato dalle amministrazioni non rispondono ai canoni di sicurezza richiesti oggi da SPID) . Su questo AgID sta lavorando, seguendo il processo definito dai regolamenti SPID e presto saranno comunicati i risultati, in termini sia del passaggio relativo alle modalità di identificazione dell’utente, che della documentazione conservata che comprova tale identificazione.

Modello di gestione

Un altro dei temi spesso evidenziato come critico è quello relativo alla presenza esclusiva di Identity Provider (IdP) privati (sono 3 gli IdP accreditati e altri soggetti privati sono prossimi all’accreditamento). E per più ragioni, tra cui, ad esempio:

  • l’affidamento dei dati connessi all’identità digitale a soggetti privati (non necessariamente di proprietà italiana, non necessariamente di salute stabile nel tempo);
  • l’interesse commerciale comunque correlato ad una iniziativa privata (e che quindi naturalmente spingerà gli IdP privati a identificare modelli di profitto basati anche sul servizio di gestione delle identità digitali);
  • l’attuale carenza di regole che possano garantire fino in fondo i cittadini di fronte a questo contesto, di cui sembrano essere una prima manifestazione il costo e gli oneri attualmente previsti per il passaggio da un IdP ad un altro.

Secondo quanto afferma AgID, non ci sono variazioni però all’orizzonte: l’Italia, in questo processo di apertura verso il mercato, ha mantenuto, in maniera prudente anche se ciò può apparire contraddittorio, una soluzione pubblico–privato. Su tale aspetto il governo ha preferito agire con moral suasion e separazione dei ruoli (PA come service provider-SP, lasciando al mercato il ruolo di IdP).

Governance

Se la leva principale per la diffusione di SPID è la disponibilità di servizi fruibili tramite identità digitale, allora è cruciale il governo del processo di adesione e attivazione da parte delle amministrazioni.

E, come stanno dimostrando alcune regioni, come Toscana, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna ad esempio, ma non soltanto, il ruolo intermedio di spinta e coordinamento che possono svolgere le Regioni diventa strategico. Secondo AgID, la risposta è data dalla nascita di strumenti nuovi, come il Piano Triennale per l’ICT della PA, a regime nel 2017 – il documento di programmazione che definirà il percorso di attuazione del “Modello Strategico di evoluzione del sistema informativo della PA”, all’interno del quale verranno classificate le spese per amministrazione o categorie di amministrazioni in coerenza con gli obiettivi da raggiungere. Questo Piano vedrà SPID collocato nel capitolo relativo alla spesa in innovazione e, per non pregiudicare la piena attuazione del Piano Triennale a partire dal 2017, AgID ha emanato una prima circolare per stabilire i principi fondamentali che dovranno trovare applicazione già nel corso del 2016.

Insomma, un quadro da seguire positivamente, con ottimismo e insieme con attenzione, perché strategico per la crescita del Paese. Forse un caso in cui sarebbe proprio utile la presenza di una consulta multistakeholder e di una governance più articolata e forte, come quella proposta in questi giorni nella consultazione sul nuovo CAD.

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