Suap, manca linea comune: Conferenza dei Servizi macchina lenta e complessa

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Tra le ragioni della scarsa indizione ci sono la difficoltà di interpretazione della normativa che le regola e gli ulteriori ritardi che gli enti partecipanti generano nella formulazione e condivisione dei propri pareri

4 Marzo 2016

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Fabio Bianchi, Politecnico di Milano

Sull’onda delle richieste dell’Unione Europea agli Stati Membri in tema di liberalizzazione del mercato interno dei servizi, nel 2010 nasce la nuova disciplina in tema di SUAP, che prevede la predisposizione della documentazione in formato elettronico e la trasmissione agli enti locali esclusivamente in modalità telematica.

La Commissione Europea nel gennaio 2012 ha pubblicato un rapporto sul livello di implementazione di Punti Unici di Contatto per le imprese all’interno degli Stati Membri dell’AELS (Associazione europea di libero scambio): tale ricerca mirava ad individuare l’attuazione sostanziale della “Direttiva Servizi” nei territori dell’Unione. Sebbene una prima comparazione tra il SUAP e gli altri Punti Unici di Contatto metta in evidenza un’elevata sofisticazione del sistema informativo sviluppato in Italia, scendendo più nel dettaglio lo studio fa emergere come un livello tecnologico elevato dei servizi di front-office non sia sufficiente per garantire l’effettivo uso e la conseguente soddisfazione degli utenti finali, soprattutto quando la scarsità di informazioni chiare e semplici sulla piattaforma rischiano di rendere indispensabile la presenza di intermediari.

Anche la Banca Mondiale si è occupata del Punto Singolo di Contatto: nel 2013 la ricerca Doing Business Subnational ha dedicato un rapporto specifico al caso italiano. Sebbene molto spesso la numerosità dei procedimenti e le loro tempistiche di gestione vengano spesso additate come il principale vulnus nel rapporto tra aziende e pubblica amministrazione italiana, la ricerca in parte smentisce tale affermazione: la quantità di procedimenti è in linea con la media europea, così come la media delle tempistiche per la registrazione di una nuova impresa. La principale criticità riguarda il livello di complessità: quasi tutte le autorizzazioni legate alle attività d’impresa necessitano della valutazione di almeno una seconda amministrazione, sino taluni procedimenti che coinvolgono pareri multilivello. L’acquisizione di tali pareri aggrava l’iter in modo rilevante: il coinvolgimento dei cosiddetti “enti terzi” può variare le tempistiche del provvedimento finale fino cinque volte, a seconda che gli enti abbiano adottato modalità più innovative ed efficienti nella gestione dei rapporti tra le amministrazioni.

Si notano inoltre dal Doing Business forti difformità nel tempo di gestione del procedimento rispetto alla località in cui viene richiesto l’avvio d’impresa, con divario di più del doppio delle giornate tra località più sollecite e quelle meno virtuose. I dati raccolti dall’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano nel periodo tra il 2013 ed il 2015 confermano le consistenti differenze tra i diversi territori: sia rispetto alla modalità di avvio dei procedimenti, sia nella successiva integrazione coi soggetti coinvolti nelle autorizzazioni. Partendo dall’analisi dell’interazione con l’impresa, la presenza di piattaforme web oscilla tra la totalità negli enti di calabresi, emiliani e sardi, alla totale assenza in alcuni limitati contesti; tuttavia, molto spesso l’uso del canale telematico è ancora affiancato dai canali “tradizionali” attraverso i quali, in diverse Regioni, passano oltre il 50% delle pratiche. In media a livello nazionale circa il 63% dei procedimenti viene avviato in modalità telematica (in aumento dell’8,4% rispetto al 2013), ma permangono ancora un 15% di pratiche ancora in formato cartaceo o privo di certificazione.

Anche le modalità di interazione tra SUAP e gli enti terzi coinvolti nei procedimenti sembrano confermare la frammentazione nella gestione delle comunicazioni e dei dati: l’interazione tra queste amministrazioni avviene quasi esclusivamente tramite posta elettronica certificata e solo in rari casi (ASL e Camere di Commercio) la condivisione dei dati o dei documenti supera il 15% delle modalità di trasmissione. Forme di collaborazione tra il comune e gli enti terzi sono poco sviluppate e si limitano principalmente alle Camere di Commercio (22%), alle province o alle città metropolitane (6%), alle regioni ed alle ASL (4,6%). Dal momento che lo Sportello Unico dovrebbe gestire tutte le autorizzazioni che riguardano la vita delle imprese, ci si aspetterebbe che le amministrazioni competenti mettano a disposizione del SUAP i propri formulari in formato digitale. Ciò non risulta sempre vero, anzi se il 58% delle ASL e circa il 50% di province e regioni soddisfa tali richieste, solo un quarto delle amministrazioni centrali rende disponibili le proprie modulistiche secondo normativa. In particolare, i procedimenti nei quali risulta più difficile trovare forme di collaborazione sono quelli in ambito edilizio ed ambientale, dove soprattutto gli endoprocedimenti gestiti dalla soprintendenze (26% dei casi), dalle province o città metropolitane (25%), dalle regioni (21%) e delle ASL (17%) aggravano l’iter complessivo.

Una possibile soluzione per superare la raccolta dei pareri delle singole amministrazioni coinvolte è offerta dalla Conferenza dei Servizi. Ad oggi purtroppo solo la minoranza del 41% dei SUAP ricorre alla Conferenza (dato stabile rispetto all’anno precedente ed in lieve aumento rispetto al 2012), con diverse faccettature tra le diverse Regioni: infatti, se in Liguria ed in Sardegna si predilige la Conferenza in più dell’80% dei procedimenti complessi, dal lato opposto della graduatoria esistono Regioni in cui non si fa affatto ricorso a tale istituto. Gli enti che, oltre al comune titolare del SUAP, partecipano più attivamente alle Conferenze sono le Province (66% dei casi), le ASL (60%), le ARPA (55%), mentre al di sotto del 20% compaiono le amministrazioni centrali. Le ragioni addotte per la scarsa indizione delle Conferenze dei Servizi sono la difficoltà di interpretazione della normativa che le regola e gli ulteriori ritardi che gli enti partecipanti generano nella formulazione e condivisione dei propri pareri.

Anche la più recente proposta di modifica della disciplina della SCIA e della Conferenza dei Servizi, contenute nella versione preliminare dei decreti legislativi di riforma della pubblica amministrazione, contemplano un ricorso sempre più pervasivo delle piattaforme tecnologiche a supporto degli enti chiamati ad esprimere i propri pareri. Il rischio cui però potrebbero andare incontro queste nuovissime procedure è la creazione di ulteriori fattispecie di procedimenti i quali potrebbero risultare ancora più farraginosi per le imprese e comportare un aumento negli oneri a carico di queste ultime che, come recentemente evidenziato dall’Osservatorio sulla Semplificazione di AssoLombarda, affliggono le piccole imprese tra il 2,4% ed il 4% sul proprio fatturato.

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