“Recovery and Resilience Facility”: a che punto siamo? Il primo rapporto annuale della Commissione Europea sull’attuazione

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Un quadro completo dell’attuazione del Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF): ce lo fornisce il primo rapporto annuale della Commissione Europea presentato il 1° marzo scorso. Ecco cosa emerge dalla relazione: a che punto siamo con l’adozione dei Piani di ripresa e resilienza e con l’avanzamento finanziario

11 Marzo 2022

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Giorgio Centurelli

Esperto e formatore sui temi delle politiche di coesione, Dirigente della Ragioneria Generale dello Stato, Ministero dell’Economia e delle Finanze

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Lo scorso 1° marzo la Commissione Europea ha pubblicato il primo rapporto annuale al Parlamento Europeo e al Consiglio sull’attuazione del Recovery and Resilience Facility. Vediamo cosa ci dice questa relazione, che fa un quadro completo dell’attuazione a livello UE dello strumento di recupero e resilienza.


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Cos’è il Recovery and Resilience Facility – RFF

Come è noto il pacchetto “Next Generation EU” combina insieme numerose iniziative anche molto differenti tra loro: fondi a gestione diretta, come l’integrazione di Orizzonte Europa (Horizon Europe), destinato all’area ricerca ed innovazione, e risorse ad integrazione dei fondi strutturali 2014-2020 con le misure ricomprese nel React-EU, che seguono, con qualche specifica eccezione, le regole dei fondi strutturali.

Il fulcro di Next Generation EU è rappresentato senza alcun dubbio dal Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF), che rende disponibili 672,5 miliardi di euro di prestiti e sovvenzioni per sostenere le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati Membri. I piani di ripresa sono pensati per aiutare l’UE ad uscire dalla crisi e per impiantare le basi per un’Europa più moderna e sostenibile.

Il Recovery and Resilience Facility è uno strumento “performance based”, innovativo ed unico nel suo genere che fornisce un sostegno finanziario diretto agli Stati membri legato al raggiungimento di risultati. I fondi vengono, infatti, erogati a fronte dell’attuazione, entro il 2026, di riforme e investimenti concepiti per rispondere alle sfide che gli Stati membri devono affrontare. L’erogazione dei fondi del RRF è subordinata al soddisfacente raggiungimento di milestone e target, concordati ex-ante.

Recovery and Resilience Facility: come si accede ai finanziamenti

Per poter accedere al finanziamento, che rientra all’interno degli strumenti a gestione diretta, ciascuno Stato Membro deve predisporre e presentare all’approvazione del Consiglio un Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR) in cui definisce un pacchetto coerente di riforme e di investimenti per il periodo 2021-2026. Le regole per la definizione ed il processo di attuazione dello strumento RRF sono contenute nel Regolamento (UE) 2021/241.

Dopo mesi di intensa preparazione, gli Stati membri hanno iniziato a presentare i loro piani di recupero e di resilienza nell’aprile 2021. La Commissione ha condotto la fase di valutazione in modo rapido e il Consiglio ha adottato le prime decisioni di attuazione del Consiglio a luglio 2021.

PNRR: a che punto siamo con l’adozione dei Piani di ripresa e resilienza

Finora, quasi tutti gli Stati membri hanno presentato i loro piani di recupero e resilienza, 22 dei quali sono stati prima valutati positivamente dalla Commissione e successivamente adottati dal Consiglio. I 22 Piani approvati rappresentano uno stanziamento totale di 445 miliardi di euro, di cui 291 miliardi di euro in finanziamenti a fondo perduto e 154 miliardi di euro in prestiti. solo sei Stati membri hanno scelto di attivare la quota prestiti tra questi, oltre l’Italia anche Cipro, Grecia, Italia, Portogallo, Romania, Slovenia. Circa il 42% delle risorse dei 22 Piani approvati è destinato all’Italia che, come noto, ha visto l’adozione del proprio PNRR pari a 191,5 di cui 68,9 miliardi di euro in finanziamenti a fondo perduto e 122,6 miliardi di euro in prestiti.

I 22 Piani approvati includono circa un terzo delle riforme e due terzi degli investimenti che affrontano efficacemente tutte o un sottoinsieme significativo delle sfide individuate nelle pertinenti raccomandazioni specifiche per paese rivolte agli Stati membri nel contesto del semestre europeo nel 2019 e 2020, comprese anche le sfide alla base delle raccomandazioni fiscali. Per tutti i Piani approvati sono previsti milestone e target da realizzare entro il 2026 per un totale di 5.155. Anche in questo caso l’Italia resta il maggiora azionista con ben 527 milestone e target.

“Recovery and Resilience Facility”: i risultati del primo rapporto annuale della Commissione Europea

Le sfide e gli obiettivi climatici e digitali presenti nei Piani di ripresa

Le riforme e investimenti dei Piani approvati affrontano le lacune e le sfide politiche esistenti in sei aree, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale; coesione economica, produttività e competitività; coesione sociale e territoriale; salute, resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione. Il maggior numero di riforme riguarda il pilastro 5 sulla salute e la resilienza, seguito dal pilastro 3 sulla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Per quanto attiene gli obiettivi climatici e digitali a cui in base alle prescrizioni regolamentari dovevano essere destinati per ogni Piano almeno rispettivamente il 37% e 20% delle risorse (l’Italia nel proprio PNRR contribuisce per l’obiettivo climatico al 37,5% e per quello digitale al 25,1%) la relazione precisa che per i 22 Piani adottati:

  • circa il 40% dello stanziamento totale dei piani è legato a misure a sostegno degli obiettivi climatici per una spesa totale pari a 177,4 miliardi di euro. Inoltre, i Piani includono 16,3 miliardi di euro di spesa ambientale aggiuntiva, portando l’importo totale della spesa collegata ad agli obiettivi climatici o ambientali a 193,7 miliardi di euro ossia al 43,5% dello stanziamento totale. L’RRF aiuterà a raggiungere gli obiettivi dell’UE di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Oltre a contribuire a realizzare gli obiettivi climatici, le misure garantiranno anche progressi verso altri obiettivi ambientali come la riduzione dell’inquinamento atmosferico, la promozione dell’economia circolare o il ripristino e la protezione della biodiversità, la promozione dell’efficienza energetica e una maggiore diffusione delle fonti di energia rinnovabili;
  • circa il 26% dello stanziamento totale dei Piani, secondo la metodologia del digital tagging, è destinato a spesa digitale per un totale di 117 miliardi di euro. In quest’area i Piani comprendono una serie di importanti misure quali la diffusione della rete 5G, lo sviluppo delle competenze digitali, l’integrazione delle tecnologie digitali nella pubblica amministrazione, il sostegno alla digitalizzazione delle PMI, nonché la R&S e la diffusione di tecnologie avanzate.

Sempre in tema ambiente, non si può non menzionare il Principio di non arrecare danno significativo (“do no significant harm” o DNSH) che costituisce una caratteristica chiave del Regolamento RRF, presente anche per la politica di coesione 2021-2027, e che assicura che i Piani contribuendo alla transizione verde e ad una ripresa sostenibile, evitino al contempo l’utilizzo di beni o il finanziamento di attività non sostenibili. Il regolamento RRF prevede, infatti, che nessuna misura inclusa in un PNRR debba portare a un danno significativo a uno dei sei obiettivi ambientali ai sensi dell’articolo 17 del Regolamento sulla tassonomia[1]. Questi sei obiettivi ambientali sono: mitigazione del cambiamento climatico, clima adattamento al cambiamento, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, transizione verso un’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento e protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi[2].

Recovery and Resilience Facility: a che punto siamo con l’avanzamento finanziario

Lo strumento, si diceva, è entrato ora nella fase di attuazione, procedendo rapidamente secondo il calendario delle riforme e degli investimenti stabilito dagli Stati membri.

Come prima fase attuativa e precondizione per l’invio alla Commissione Europea delle richieste di pagamento alla prima scadenza di rendicontazione (31 dicembre 2021) dovevano essere negoziati ed approvati dalla Commissione Europea anche degli specifici “operational arrangements” ossia degli accordi operativi che stabiliscono il quadro per il monitoraggio dell’attuazione dei piani. Ad oggi, oltre a quello per l’Italia, sono stati sottoscritti 7 accordi operativi dei 22 piani approvati.

La Commissione ha già erogato nel complesso 56,6 miliardi di euro in prefinanziamenti. La prima richiesta di pagamento del 2021 è stata finalizzata, con l’erogazione di 10 miliardi di euro, solo per la Spagna. Tutte le altre richieste di pagamento presentate a dicembre 2021 (Italia, Francia e Grecia) hanno ricevuto la valutazione positiva della Commissione Europea e saranno prossimamente effettuate le relative erogazioni. Il Portogallo ha presentato la richiesta di pagamento il 25 gennaio 2022 e la relativa valutazione da parte della Commissione Europea è ancora in corso. Nel 2022 sono previste più di 30 richieste di pagamento.

La Commissione e gli Stati membri hanno lavorato in stretta collaborazione per raggiungere questo risultato. I progressi nell’attuazione dei piani possono essere seguiti in diretta su una piattaforma, il “Recovery and Resilience Scoreboard, istituito dalla Commissione Europea a dicembre 2021.

I risultati dell’Italia nel 2021

Il valore aggiunto dello strumento è già tangibile. L’attuazione, sostiene la Commissione Europea, sta anche innescando effetti di ricaduta positivi in tutta l’Unione e sostiene la convergenza economica. L’Italia ha seguito pienamente il processo e sta rispettando le relative tappe con una mobilitazione a tutti livelli istituzionali e non che non si era mai vista prima. Ciò ha consentito la presentazione del Piano italiano nei termini regolamentari fissati al 30 aprile 2021 (solo 11 Paesi hanno rispettato la scadenza) e l’invio della prima richiesta di pagamento entro il 31 dicembre 2021 (solo 5 Paesi hanno rispettato la scadenza).

Se si considera unicamente il secondo semestre 2021 (dall’adozione del PNRR) al fine di garantire l’attuazione di riforme ed investimenti del PNRR è stata effettuata una produzione legislativa impressionante, con pacchetti di norme che hanno in alcuni casi cambiato radicalmente procedure attuative, inserito semplificazioni, ridotto i tempi di realizzazione di procedure amministrative, solo la Ragioneria Generale dello Stato ha prodotto, nell’ambito del suo ruolo di coordinamento attuativo, sei circolari e istruzioni tecniche operative, senza menzionare le linee operative, i decreti ministeriali, gli avvisi pubblici prodotti dalle Amministrazioni centrali responsabili di interventi PNRR nel medesimo periodo di riferimento.

Conclusioni

Non c’è dubbio che ad oggi il movimento di coscienze e l’innovazione culturale che sta portando il PNRR non possa essere paragonata agli altri programmi di spesa comunitaria come quelli finanziati con i fondi strutturali europei. Le finalità sono ovviamente diverse, ma per molti versi lo strumento attuativo e l’innovazione di legare obbligatoriamente l’attuazione del Programma ad obiettivi e risultati concreti piuttosto che principalmente all’avanzamento della spesa come eravamo abituati a vedere aumentano il grado di consapevolezza a tutti i livelli e la forza non solo comunicativa ma anche di monitoraggio civico dei portatori di interesse compresi i cittadini, la collettività ossia i veri beneficiari finali degli interventi.

Ancora è molto presto per trarre delle conclusioni, siamo solo alla prima rendicontazione ed abbiamo davanti a noi obiettivi ancora particolarmente sfidanti ma la strada intrapresa nel collegare le risorse alla performance, peraltro in parte presente in alcuni meccanismi di attuazione dei fondi strutturali europei, sta già stimolando a più livelli riflessioni per attuare un processo di forte innovazione di impatto sui programmi comunitari di spesa che potrebbe essere forse irreversibile.


[1] Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 – cfr.

[2] Per una guida operativa si rinvia alla Circolare del 30 dicembre 2021, n. 32 Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Guida operativa per il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all’ambiente (DNSH)

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