Condivisione degli obiettivi, premio del merito e prospettive di crescita

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Premiare i più bravi, chi lavora meglio e, perché no, anche in minor tempo. Avere degli obiettivi e dei sistemi di valutazione che rendano misurabili i risultati per capire se si sta facendo bene o male il proprio lavoro, per sapere cosa occorre migliorare e in quale direzione. Valorizzare al meglio le risorse a disposizione, creando quel clima organizzativo e, forse ancor prima, relazionale che stimola la partecipazione, l’entusiasmo e la voglia di fare. Grazie a questa filosofia, Antonino Gentile, direttore dell’Agenzia delle Entrate del Trentino è stato riconosciuto vincitore del premio innovatori per la caccia agli sprechi: l’altro verso della premialità del merito. 

24 Giugno 2008

Articolo FPA

Premiare i più bravi, chi lavora meglio e, perché no, anche in minor tempo. Avere degli obiettivi e dei sistemi di valutazione che rendano misurabili i risultati per capire se si sta facendo bene o male il proprio lavoro, per sapere cosa occorre migliorare e in quale direzione. Valorizzare al meglio le risorse a disposizione, creando quel clima organizzativo e, forse ancor prima, relazionale che stimola la partecipazione, l’entusiasmo e la voglia di fare. Grazie a questa filosofia, Antonino Gentile, direttore dell’Agenzia delle Entrate del Trentino è stato riconosciuto vincitore del premio innovatori per la caccia agli sprechi: l’altro verso della premialità del merito. 

Direttore, in fondo lei non ha inventato nulla di nuovo, ma ha solo coraggiosamente utilizzato degli strumenti di gestione: obiettivi, premi, punizioni. Ci racconta la sua esperienza?

E’ vero. I contratti collettivi spesso prevedono che una parte delle risorse sia destinata in sede di contrattazione decentrata a premiare l’apporto individuale alla produttività. Si parla di misurare l’efficienza della prestazione, ma poi tutto resta sulla carta e troppe volte si assiste ad incentivi distribuiti sulla base della presenza in ufficio. Premiare il merito è, invece, possibile. Occorrono, però, capacità di coinvolgere, determinazione e soluzioni tecniche adeguate. L’innovazione tecnologica è una condizione pregiudiziale. Senza una diffusa informatizzazione che prevede la transazione a sistema delle attività, non si farà molta strada verso una misurazione della produttività che riguardi tutti i dipendenti e non solo una cerchia ristretta. Servono, poi, indicatori trasparenti ed oggettivi e strumenti di valutazione facilmente gestibili. Nell’Agenzia delle Entrate tutti i dipendenti sono dotati di PC e tutte le attività sono acquisite dal sistema informativo. Le informazioni, quindi, ci sono, sono a disposizione di chi ha la responsabilità di gestione, e in Trentino sono state usate, appunto, per costruire l’architettura di quella base dati indispensabile a riconoscere il merito di ognuno nel raggiungimento degli obiettivi di budget. 

L’esperienza di meritocrazia all’Agenzia delle Entrate del Trentino è su Saperi PA

Si sente spesso parlare di quanto sia difficile introdurre criteri manageriali all’interno della pubblica amministrazione. La sua esperienza però dà evidenza concreta dei risultati positivi che si possono raggiungere. Qual è il suo punto di vista? Quali sono gli ostacoli che impediscono al dirigente di fare il dirigente?

E’ prima di tutto una questione culturale, di valori. Si può essere degli ottimi tecnici, ma non dei buoni dirigenti. Occorre capacità di governare sistemi complessi in cui prevalga la cultura del fare, del servizio verso i cittadini. Sono necessari un forte senso della missione e dell’importanza dei compiti che il dirigente è chiamato ad assolvere. Aspirare alla dirigenza non può essere solo una questione economica. Bisogna possedere capacità di guidare e di far crescere gli altri perché possano esprimere al meglio le loro capacità.

 

Prima dell’Agenzia delle entrate del Trentino, lei è stato dirigente delle sedi di Puglia e Sicilia e posso ipotizzare che abbia svolto il suo lavoro ispirandosi alla stessa filosofia con cui guida ora l’agenzia trentina. I contesti amministrativi, culturali e organizzativi sono evidentemente molto diversi, come sono andate le cose?
 

Bene. In Puglia, ad esempio, ho individuato con le organizzazioni sindacali modelli organizzativi innovativi. Partendo dalla premessa che per migliorare l’attività di controllo fiscale non può prescindersi da un funzionale equilibrio tra risorse impiegate e tessuto socio economico di riferimento, sono stati creati team satellite di uffici ad elevata potenzialità rispetto alla rilevanza del bacino di utenza, ma ad organico ridotto, migliorando così l’efficienza dei controlli.
Ed ancora, si è condiviso di programmare l’attività di verifica fiscale avendo a riferimento il territorio provinciale anziché quello distrettuale dei singoli uffici locali dell’Agenzia. E’ stato così possibile selezionare con maggiore efficacia i soggetti da sottoporre a verifica.

 

La condivisione degli obiettivi, nonché di una cultura, di un “comune sentire”, che permette innanzitutto di “comunicare” e poi di lavorare attivando le giuste sinergie, è un elemento strategico per qualunque forma organizzata sia relazionale che produttiva. Come si costruiscono queste basi?

Penso che il comune sentire abbia bisogno di prospettive certe. Voglio dire che occorre fidelizzare il personale. Chi si impegna, chi lavora bene, oltre che vedere apprezzato il proprio impegno con un incremento della parte variabile della retribuzione, deve essere certo che questo sarà tenuto in conto per la propria carriera. Le persone devono poter programmare il proprio percorso professionale che deve, quindi, essere graduale e predeterminato. Se un giovane funzionario accetta logiche di mobilità funzionali alle esigenze dell’amministrazione deve sapere che questo lo agevolerà rispetto a chi offre minori disponibilità. Inoltre, chi svolge prestazioni misurate e monitorate deve godere di articolazioni dell’orario di lavoro più flessibili. Se la giovane funzionaria addetta al contenzioso ritiene utile, per esigenze familiari, gestire il proprio impegno lavorativo con tempistiche differenti lo deve poter fare. Deve interessare una costituzione in giudizio fatta bene e tempestivamente e non una costituzione in giudizio fatta dalle ore 8 alle ore 14.
Progressioni di carriera che premino la capacità ed il rendimento individuale, flessibilità organizzativa, è su questo terreno che si creano quelle aspettative di sviluppo che permettono ai singoli di guardare avanti con fiducia nella possibilità di realizzare e di realizzarsi.

 

Tornando al premio innovatori… come ha vissuto quest’esperienza?

Prendere voti non è facile. Ci vuole chi crede nella tua passione per il lavoro e ti sostiene. È un modo per mettersi in discussione. E’ andata bene e ringrazio tutti coloro che mi hanno votato. I riscontri di chi mi ha scritto sollecitandomi a non mollare e ad andare avanti mi hanno molto gratificato. Voglio ringraziare i miei collaboratori più stretti che hanno condiviso con me tutto il percorso che ha portato all’approvazione dell’accordo sulla produttività per il quale sono stato candidato al premio, il sindacato che ha partecipato all’elaborazione dell’accordo ed il personale che ha vissuto con partecipazione anche critica l’applicazione degli indicatori di produttività individuale. La giornata finale della premiazione resterà un momento felice della mia vita professionale. Essere premiato dal ministro della pubblica amministrazione per chi, come me, crede nel pubblico e nella esigenza che devono essere i migliori a ricoprire i posti responsabilità all’interno della pubblica amministrazione, è stato motivo di soddisfazione. Spero di poter collaborare con il ministro per la realizzazione del piano industriale di rinnovamento della PA da lui proposto.

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