Consultazioni o meri sondaggi? Che dilemma!
Un’efficace partecipazione dei cittadini si fonda non solo sulla raccolta dei loro pareri, critiche e suggerimenti, ma soprattutto sulla garanzia che gli apporti forniti vengano adeguatamente valutati da parte dei decisori. E’ una delle basi per l’opengov. Ma in Italia troppo spesso le amministrazioni sembrano ancora dimenticarlo. A confermare questo limite, la recente consultazione sulla circolare applicativa del FOIA ad opera della Funzione Pubblica…
21 Giugno 2017
Morena Ragone e Vitalba Azzolini
Anche nel nostro Paese sta diventando sempre più usuale il coinvolgimento degli stakeholder per favorire l’adozione di efficaci scelte di regolazione, secondo quanto raccomandato in sedi internazionali e previsto da atti – normativi e non – nazionali.
Naturalmente, se è apprezzabile la circostanza che i soggetti preposti a tali scelte si confrontino con le parti interessate nell’elaborazione di strategie e misure concrete, il percorso attraverso cui tale coinvolgimento è stato finora attuato suscita molti dubbi, il principale dei quali riguarda la valorizzazione degli apporti così raccolti.
Questi dubbi sono stati, da ultimo, ulteriormente rafforzati dalle modalità con le quali è stata emanata la circolare applicativa del FOIA ad opera della Funzione Pubblica.
In occasione di un costruttivo confronto pubblico all’ultimo FORUM PA, sono state espresse vive preoccupazioni sulla scelta di condividere finanche un atto tipicamente interno quale la circolare – nel timore che “troppa partecipazione” equivalesse a “nessuna partecipazione” – lasciando molte perplessità residue sulla reale convinzione con cui certe decisioni vengono prese, quando non sulla perizia.
Ulteriori dubbi sono emersi, tra l’altro, a causa dei risicatissimi tempi con cui la raccolta di osservazioni e pareri è stata fatta, tali da rendere estremamente difficoltosa la partecipazione stessa dei soggetti coinvolti.
Nonostante fosse stato chiesto alla Funzione Pubblica – anche dalle odierne autrici – di estendere i tempi della consultazione (previsti dall’11 al 19 maggio u.s.), non è stato dato alcun riscontro (twitter non è canale “degno” per l’opengov, evidentemente).
Con notevole ed evidente sforzo esclusivamente “volontario” – teniamo a sottolinearlo – la bozza sottoposta a consultazione è stata comunque oggetto di numerosi contributi, specie da parte di addetti ai lavori che hanno cercato di superare l’ostacolo “formale” del poco tempo a disposizione: premeva molto che il documento finale fosse in grado di rispondere esaustivamente alle loro aspettative. Numerosi e rilevanti sono stati i confronti e gli scambi di opinione sul testo non definitivo, i quali hanno di certo arricchito il pubblico dibattito sul tema; gli interessati hanno speso tempo ed energie per fare in modo che i loro interventi sulla bozza in consultazione arrivassero in tempo utile, quando di norma le consultazioni durano diverse settimane in più – anche in base a best practice internazionali – al fine di concorrere nel modo migliore alla scelta più efficace.
Ma, alfine, la circolare è stata resa nota pochi giorni fa, senza che sul sito della Funzione Pubblica, ad oggi, sia stata data una qualche evidenza del processo di raccolta dei contributi e del loro eventuale apporto, con grande disappunto di chi aveva partecipato alla consultazione.
Nessun feedback, nessun riscontro, sia pure in forma cumulativa.
Eppure…
Eppure la stessa Funzione Pubblica ha lanciato e chiuso la “consultazione delle consultazioni”, ossia la consultazione sulle Linee Guida per le consultazioni lo scorso 12 marzo, adottando un testo che – riteniamo – dovrebbe valere innanzitutto e prima di tutto, per se stessa.
E questo testo, all’art. 2 rubricato “ Chiarezza”, prevede, tra l’altro che “gli obiettivi della consultazione, così come l’oggetto, i destinatari, i ruoli e i metodi devono essere definiti chiaramente prima dell’avvio della consultazione; al fine di favorire una partecipazione la più informata possibile, il processo di consultazione, deve essere corredato da informazioni pertinenti, complete e facili da comprendere anche per chi non possiede le competenze tecniche “ e che “l’amministrazione deve esplicitamente definire in anticipo come verrà considerato l’esito della consultazione, vale a dire se questo sarà vincolante per le scelte pubbliche o meno ”.
E prosegue, al successivo art. 3 rubricato “ Trasparenza” – ancor più rilevante – che “ l’amministrazione rende pubblico l’esito della consultazione, al termine di essa ed al termine di ogni fase per i processi consultivi più complessi, attraverso un rapporto di sintesi; il rapporto, oltre a riassumere le posizioni raccolte, chiarisce come queste influenzeranno la decisione finale e/o rende noti i motivi per cui, eventualmente, non potranno essere accolte ” e che “l’amministrazione rende pubblici tutti i documenti a corredo della consultazione, nonché le posizioni espresse dai partecipanti, i loro commenti e le loro proposte, sia in formato integrale che attraverso rapporti di sintesi, in modo da favorire un livello adeguato e diffuso di controllo; la documentazione deve essere resa disponibile in formati digitali tali da permetterne la condivisione, il riuso e la permanenza nel tempo (5 anni) ”.
Qualora non fosse sufficiente, il testo prosegue evidenziando che “ l’amministrazione garantisce la trasparenza sui partecipanti alla consultazione, pubblicando informazioni in forma aggregata (es.: numero di partecipanti, numero dei commenti pervenuti, natura dei partecipanti, caratteristiche anagrafiche dei partecipanti,…) e, dove questo non comporti una violazione della privacy, in forma puntuale (es.: l’amministrazione rende pubblici i nomi dei partecipanti e delle organizzazioni a cui appartengono) ”.
Ad un’amministrazione interessata all’opengov dovrebbe essere inutile ricordare che un’efficace partecipazione dei cittadini si fonda non solo sulla raccolta dei loro pareri, critiche e suggerimenti, ma soprattutto sulla garanzia che gli apporti forniti vengano adeguatamente valutati da parte dei decisori. Ciò richiede che vengano pubblicate le argomentazioni in base alle quali questi ultimi abbiano ritenuto di recepire o meno le osservazioni pervenute, in modo da spiegare se e come esse abbiano influito sulla decisione finale: in altri termini, l’elemento che rende una consultazione davvero degna di tale nome è la trasparenza delle motivazioni in forza delle quali una certa scelta di regolazione è stata compiuta, inclusa quella di accogliere i pareri degli interessati, in tutto o in parte, ovvero decidere che non sono utili.
Le motivazioni obbligano a rendere conto alla collettività dell’esame svolto sugli effetti delle diverse opzioni di intervento e della scelta operata, in quanto più idonea al raggiungimento degli obiettivi prefissi, dettagliando gli esiti della valutazione comparativa compiuta; in mancanza, la scelta resta avvolta da un’aura di arbitrarietà che non concorre di certo alla accountability del decisore.
Fornire agli stakeholder l’evidenza dell’apporto fornito incentiva la loro partecipazione ad altre consultazioni: il riscontro che il dispendio di tempo ed energie profuso è davvero servito e che la consultazione non ha rappresentato un mero pro-forma, ossia un atto di politica fittizia.
Ma forse non è questo il caso.