EDITORIALE

Decreto semplificazioni: una buona legge con dei gravi limiti strutturali

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Nessuna riforma può nascere “pulita” appoggiandosi su stratificazioni incomprensibili e confuse di norme che si aggrovigliano le une sulle altre. Anche il Decreto semplificazioni, pur essendo nella sostanza una buona legge, non riesce a superare alcuni limiti dell’attuale produzione legislativa, primo fra tutti proprio la mancanza di chiarezza e comprensibilità

16 Settembre 2020

Carlo Mochi Sismondi

Presidente FPA

Photo by Giammarco Boscaro on Unsplash - https://unsplash.com/photos/zeH-ljawHtg

Comincio subito dichiarando che a mio parere il Decreto-Legge 76 del 2020, il cosiddetto “Decreto Semplificazioni” è, tutto sommato e nella situazione attuale, una buona legge. E lo dico dopo un’attenta e faticosa lettura dell’articolato iniziale, delle modifiche del Senato, della relazione al Parlamento e degli ottimi Dossier esplicativi fatti, in occasione del passaggio della legge di conversione alla Camera, dall’Ufficio Studi del Senato, a cui va tutto il mio apprezzamento.

Una buona legge nella sostanza che però, al di là del contenuto, non riesce a superare tre grandi limiti dell’attuale produzione legislativa che, a mio parere, sono delle mine vaganti nel nostro assetto istituzionale molto più che qualche centinaio di parlamentari in più o in meno (quesito referendario che mi appassiona sempre meno). Chi ha a cuore il funzionamento della nostra democrazia forse dovrebbe essere più attento a questi temi, che rischiano di sovvertire l’equilibrio dei poteri e la vera accountability delle istituzioni.
Partiamo da qui e poi torniamo agli aspetti della legge che, a mio avviso, costituiscono comunque uno spartiacque positivo nella complicata storia della riforma amministrativa italiana.

Dicevamo tre “peccati originali”. Il primo è sotto gli occhi di tutti: la legge è incomprensibile non al cittadino medio o alla “sora Maria”, ma direi al 99,9% della popolazione italiana. Provate a leggere ad alta voce con me un articolo a caso:

Al fine di potenziare e semplificare il sistema delle verifiche antimafia (…)  fino al 31 dicembre 2021, ricorre sempre il caso d’urgenza  e si  procede  ai  sensi  dell’articolo  92,  comma  3,   del   decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159,  nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad  oggetto l’erogazione  di  benefici economici comunque denominati (…) qualora il rilascio della  documentazione non sia immediatamente conseguente alla  consultazione  della  banca dati di cui all’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fatto salvo quanto previsto dagli articoli  1-bis  e  13  del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito,  con  modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, nonche’ dagli articoli 25, 2627 del decreto- legge 19 maggio 2020, n.34.

Ovviamente, se siete bravi, e se siete riusciti a leggere queste righe senza ridere, vi ci vorrà un buon quarto d’ora di ricerche per capire cosa succede della necessaria documentazione antimafia. Una norma che cittadini e imprese avrebbero il sacrosanto diritto di capire. Potrei continuare per tutti gli articoli della legge: in origine erano 65, per un totale di 305 commi, ma dopo l’esame parlamentare e il maxiemendamento del Governo che ha inserito temi del tutto nuovi, come una modifica sostanziale del Codice della strada, sono diventati 109 articoli, per complessivi 472 commi.  Non è purtroppo una novità: quasi tutte le leggi e ancor più i decreti-legge e i decreti legislativi non creano, ma rinnovellano, non si curano di essere compresi, ma di cambiare frasi e parole nelle leggi precedenti. Creano così un groviglio in cui, come sempre, solo gli Azzeccagarbugli manzoniani si orientano. Solo questo decreto, per intenderci, modifica 78 leggi primarie in centinaia di articoli. Immaginare che tutte queste modifiche abbiano quel carattere d’urgenza che è imposto dall’uso della forma del Decreto-Legge è per lo meno ardito. Un decreto semplificazioni che nel suo iter è diventato quindi sempre più complicato, sempre più inzeppato di norme tra loro eterogenee (come stigmatizzato dallo stesso Capo dello Stato), sempre meno comprensibile.

E così veniamo al secondo peccato non di questa legge, ma di tutta la produzione legislativa almeno dell’ultimo decennio: il sostanziale esautoramento del Parlamento e l’avocazione a Palazzo Chigi anche del potere legislativo. Su questo si è scritto tanto e non mi dilungo, ma certo se attraverso Decreti-legge, maxiemendamenti e questioni di fiducia il Governo diventa il principale se non l’unico autore della produzione legislativa forse dovremmo porci qualche domanda.

Il terzo limite è anch’esso ahimè consueto: il reiterare ad ogni piè sospinto la formula che impone la cosiddetta “invarianza finanziaria” e quindi la presunzione che le innovazioni (e ce ne sono molte) che questa legge impone siano tutte a costo zero. Anche su questo ci siamo soffermati più volte e quindi non insisto. Ricordo solo che persino la Corte dei Conti nel suo parere, persino la Commissione di Bilancio della Camera nella sua “Verifica delle quantificazioni” mostrano di non credere che la spinta potente alla trasformazione digitale dell’amministrazione pubblica si possa fare a “risorse invariate”. Finché continueremo a prenderci in giro così, mi sa che porteremo in cascina sempre meno fieno di quanto sperato.

Finisco questa prima parte “destruens” del mio articolo con un sogno. I have a dream: sogno leggi chiare, comprensibili a tutti sia nei loro scopi, sia nei loro principi guida, sia nelle loro declinazioni operative. Sogno che una legge non subisca 183 modifiche come è capitato alla legge che per ossimoro involontario chiamiamo della trasparenza, la 241/90, ma si abbia il coraggio di farne un’altra, magari sotto forma di Testo Unico.

In gioventù, per molti anni, ho fatto il falegname e una delle cose che ho imparato è che nessun lavoro “pulito” può essere fatto su un banco sporco e disordinato. Allo stesso modo nessuna riforma può nascere pulita appoggiandosi su stratificazioni incomprensibili e confuse di norme che si aggrovigliano le une sulle altre.

Come promesso passiamo ora all’articolato, precisando che mi occuperò solo di alcuni argomenti più generali lasciando agli altri articoli di questo dossier di approfondire i temi della trasformazione digitale), che il decreto tratta estesamente (in pratica tutto il Titolo III con i suoi 14 articoli dal 24 al 37), il tema del procurement pubblico e degli appalti che occupa tutto il Titolo I con i primi 11 articoli, il tema della conservazione documentale che pure il decreto modifica profondamente all’art.25 e infine lo stesso tema della responsabilità dei funzionari e dirigenti pubblici, che tratterò in un articolo a parte. Rimarrà fuori da questa analisi anche tutto il Capitolo IV, dedicato alle “Semplificazioni in materia di attività di impresa, ambiente e green economy” di cui parleremo successivamente. 

Partiamo dalla lettura dell’art.12: l’articolo che modifica la legge generale sul procedimento. Amministrativo, la già citata 241 del 1990, in funzione di semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa.

In primo luogo, con la nuova lettera 0a), inserita nel corso dell’esame al Senato, è integrato l’articolo 1, disponendo che i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. È un incipit importante che ribadisce lo spirito a cui devono ispirarsi tutte le norme. A questo articolo fanno seguito disposizioni che riguardano i termini del procedimento amministrativo e recano l’obbligo per le amministrazioni di misurare e rendere pubblici sul sito istituzionale i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti. È anche disposto l’obbligo di aggiornare i termini dei procedimenti prevedendo una riduzione della loro durata. Al fine di incentivare il rispetto dei termini procedimentali, nonché di garantire la piena operatività dei meccanismi di silenzio assenso, viene stabilita l’inefficacia di alcuni provvedimenti adottati fuori termine. Viene poi modificata la disciplina della comunicazione dei motivi che non permettono l’accoglimento di un’istanza, sostituendo l’interruzione dei termini del procedimento, attualmente prevista, con la sospensione degli stessi ed introducendo altre modifiche sulla motivazione del diniego, al fine di evitare i rischi di ripetizioni identiche del procedimento che porterebbero al medesimo esito sfavorevole. Si prevede poi che, in caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere, anche se si tratta di un parere obbligatorio, l’amministrazione richiedente può procedere indipendentemente dall’espressione del parere.

La relazione illustrativa al parlamento definisce che le modifiche alla legge n. 241 del 1990 sono unite dalla finalità di garantire maggiore certezza e speditezza all’azione amministrativa, mediante correttivi e aggiustamenti ad alcuni istituti disciplinati della legge, individuati sulla base delle criticità applicative emerse.

Anche i successivi articoli 13, 14 e 15, sono ricchi di novità importanti, alcune di queste resteranno stabili nel nostro ordinamento, altre invece hanno una data di scadenza di cui non si sentiva alcun bisogno ed è spesso frutto di una eccessiva prudenza nel processo di semplificazione della burocrazia.

L’articolo 13 prevede una procedura di conferenza di servizi straordinaria, utilizzabile però solo fino al 31 dicembre 2021. In questo tempo determinato, le pubbliche amministrazioni hanno facoltà, in caso di conferenza di servizi decisoria, di procedere mediante una conferenza semplificata in modalità anche asincrona, che prevede una tempistica più rapida rispetto a quella ordinaria.

L’articolo 14, al fine di disincentivare l’introduzione di nuovi oneri regolatori, dispone che, qualora gli atti normativi statali introducano un nuovo onere che non trova compensazione con una riduzione di oneri di pari valore, tale onere è qualificato come onere fiscalmente detraibile.

Sono inclusi gli oneri amministrativi ed informativi, mentre sono esclusi quelli che costituiscono livelli minimi per l’attuazione della regolazione europea nonché, come aggiunto nel corso dell’esame al Senato, gli oneri volti a disincentivare attività inquinanti.

L’articolo 15 dispone ulteriori misure di semplificazione amministrativa, con particolare riguardo all’adozione di una Agenda per la semplificazione per il periodo 2020-2023 da effettuare entro il 30 ottobre 2020. È previsto inoltre il completamento della ricognizione dei procedimenti amministrativi da parte dello Stato, le Regioni e le autonomie locali, sentite le associazioni imprenditoriali e – come aggiunto nel corso dell’esame al Senato – sentiti gli ordini e le associazioni professionali. La ricognizione è finalizzata ad applicare ulteriori misure di semplificazione. È infine prevista l’estensione dell’ambito di applicazione della modulistica unificata e standardizzata.

Complessivamente, quindi, questo ambito della legge costituisce senz’altro una decisa accelerazione nel processo di semplificazione, peccato, come dicevamo, che per alcune norme si è limitato l’intervento alla fine del 2021, speriamo che nel frattempo la politica di razionalizzazione della burocrazia riprenda con maggior forza.

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