Decreto Trasparenza: le quattro raccomandazioni di FPA al legislatore

Home Open Government Partecipazione e Trasparenza Decreto Trasparenza: le quattro raccomandazioni di FPA al legislatore

Precisare esattamente i casi di limitazione del
“diritto di sapere”; ribaltare il silenzio dissenso; obbligare le amministrazioni a motivare sempre
dettagliatamente l’eventuale respingimento delle richieste; accompagnare la riforma con strumenti
di soft law. Queste in sintesi la Raccomandazioni di FPA, presentate da Carlo Mochi Sismondi e Gianni Dominici durante le audizioni informali sullo schema del nuovo decreto trasparenza, in Commissione Affari Costituzionali, Camera dei Deputati. A seguire il testo integrale.

8 Aprile 2016

C

Carlo Mochi Sismondi e Gianni Dominici, FPA

Audizioni informali in relazione all’esame dello schema di decreto legislativo recante revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190, e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (atto n. 267).

Seduta del 7 aprile 2016

Onorevoli deputati,

FPA da molti anni si occupa del tema della trasparenza dell’amministrazione pubblica, dell’open government e degli open data e, nella sua azione di sostegno dell’innovazione nella pubblica amministrazione, ha potuto constatare che, proprio nel momento in cui la fiducia dei cittadini nei confronti di amministrazione e istituzioni è ai suoi minimi storici, stanno nascendo e si stanno sviluppando anche nel nostro Paese nuove forme di collaborazione, nuovi modelli di amministrazione che vedono protagonisti i territori e che si fondano sulle “quattro E” individuate da FPA:

Endorsement: ossia formazione e impegno della classe politica nella trasparenza, collaborazione e partecipazione; Empowerment: ossia formazione e commitment degli operatori della PA a vari livelli e uso dei dati aperti e degli strumenti di partecipazione per orientare le politiche; Engagement: ossia coinvolgimento degli attori del territorio e avviamento alla collaborazione; Enforcement: ossia impegno nella chiarezza delle regole e nelle misure di verifica dell’attuazione.

È questa la via da seguire, agendo con misure che – integrate a quelle relative al taglio dei costi superflui, alle modalità di trattamento dei dipendenti, alla semplificazione e alla trasparenza – potrebbero rivoluzionare radicalmente il rapporto tra società e istituzioni e i modelli di governance esistenti. Perché, come noi di FPA sosteniamo già da qualche anno, è necessario un cambio di paradigma per passare dall’idea di uno Stato provvidente che autorizza (lo Stato regolatore), produce (lo Stato produttore), assiste (il Welfare State) ad uno Stato partner che si muove in un concetto di rete, che detiene la funzione di stimolo dell’intelligenza collettiva, che sostiene, dove necessario guida e abilita, la società verso la transizione ad un modello collaborativo.

In questo percorso verso un nuovo rapporto tra cittadini e istituzioni il tema della trasparenza è un elemento costitutivo e insieme prerequisito indispensabile.

Per questo alle importanti aspettative che hanno preceduto l’Atto di Governo 267, che deriva dall’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124, è necessario dare risposte adeguate e non ambigue che costituiscano un deciso passo in avanti rispetto alla situazione attuale che, come tutti sappiamo, prevede adeguati diritti di accesso agli atti per chi abbia interessi qualificati (L. 241/90 e successive modificazioni) e importanti obblighi per le amministrazioni di pubblicazione dei principali dati e documenti da loro detenuti.

Per avere però una trasparenza che sia fattore effettivo di cambiamento mancava una parte importante: l’impegno delle amministrazioni a rispondere a tutte le richieste di qualsiasi cittadino su qualsiasi aspetto, dato o informazione dell’azione pubblica che non sia esplicitamente e motivatamente protetto. E’ il cosiddetto FOIA per cui tanto ci siamo battuti in questi anni e la cui mancanza fa precipitare l’Italia ad un livello bassissimo tra i cento paesi monitorati dal Global Right to Information rating.


Quattro sono a questo punto le raccomandazioni che ci sentiamo di rivolgere a questa Commissione parlamentare che è in procinto di dare il suo autorevole parere al Governo sul suddetto atto:

  1. Precisare esattamente i casi di limitazione del “diritto di sapere” così come richiesto anche dall’atto di indirizzo dell’ANAC che ci sentiamo di sottoscrivere in pieno specie quando dice: Relativamente all’individuazione degli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti che limitano l’accesso ai dati e ai documenti delle PA, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ritiene di dover evidenziare la circostanza che essi potrebbero essere espressi, in sede di decreto legislativo, in termini meno generici in modo da facilitare l’amministrazione detentrice dei dati nel compiere il bilanciamento tra diritto di accesso ai dati pubblici e la tutela della riservatezza, pubblica e privata.
  2. Ribaltare il silenzio dissenso che appare onestamente indifendibile e prevedere forme di opposizione alla negazione dell’accesso civico che siano extragiudiziarie e non onerose per i cittadini.

  3. Obbligare le amministrazioni a motivare sempre dettagliatamente l’eventuale respingimento delle richieste facendo riferimento esclusivamente ai motivi ostativi chiaramente e univocamente definiti come indicato al punto 1.

  4. Ma soprattutto accompagnare una riforma così importante con strumenti di soft law, ossia ad esempio con adeguate e semplici linee guida che accompagnino le amministrazioni a gestire al meglio le importanti innovazioni organizzative e tecnologiche che renderanno possibile l’effettiva attuazione delle norme. Tali linee guida dovrebbero essere accompagnate anche da costanti e pervasive azioni di formazione dei dipendenti pubblici, usufruendo per questo delle ingenti risorse che la programmazione europea attribuisce al PON Governance e capacità amministrativa.

In conclusione una legge così attesa, così importante e così innovativa per l’amministrazione italiana non ha nessuna possibilità di essere effettivamente attuata senza essere accompagnata da azioni di sostegno, formazione, indirizzo.
Come piantine in un vivaio le riforme vere, quelle che cambiano anche cultura e comportamenti hanno bisogno di cura, di cura e ancora di cura. Abbandonarle appena promulgata la legge vuol dire farle morire e purtroppo di cimiteri di norme inattuate non ci manca davvero esperienza. Questa volta non ce lo possiamo permettere.

FPA – FORUMPA

Carlo Mochi Sismondi, Presidente – Gianni Dominici, Direttore generale

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!