Gli archivi di deposito e la spending review nella relazione della Corte dei Conti
Un commento alla relazione della Corte dei Conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato “Gli archivi di deposito delle amministrazioni statali e la spending review”, approvata con Deliberazione 30 dicembre 2015, n. 17/2015/G.
17 Febbraio 2016
Gianni Penzo Doria*
La relazione “Gli archivi di deposito delle amministrazioni statali e la spending review” esamina lo stato di attuazione delle disposizioni
contenute nel DL 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge
7 agosto 2012, n. 135 e, in particolare, dell’art. 3 in materia di razionalizzazione
del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive.
Il comma 9
di tale articolo, infatti, aveva introdotto all’art. 2, comma 222, della legge
23 dicembre 2009, n. 191 (Finanziaria 2010) il comma 222-bis e il comma
222-ter. Quest’ultimo così recita: “Al fine del completamento del processo di
razionalizzazione e ottimizzazione dell’utilizzo, a qualunque titolo, degli
spazi destinati all’archiviazione della documentazione cartacea, le
Amministrazioni statali procedono entro il 31 dicembre di ogni anno, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 2001, n. 37, allo scarto degli atti di archivio. In assenza di tale attività di cui al
presente comma le Amministrazioni non possono essere destinatarie della quota
parte dei risparmi di spesa previsti dal sesto periodo del precedente comma 222
bis. Le predette Amministrazioni devono comunicare annualmente all’Agenzia del demanio gli spazi ad uso archivio resisi liberi all’esito della procedura di
cui sopra, per consentire di avviare, ove possibile, un processo di
riunificazione, in poli logistici allo scopo destinati, degli archivi di
deposito delle Amministrazioni“(Legge 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 222-ter).
Come vedremo, la norma ha un impatto formidabile e
trasversale su tutte le disposizioni inerenti alla documentazione
amministrativa, arrivando a toccare anche le recenti regole tecniche in materia
di amministrazione digitale.
2. Archivi e spending review
Uno degli interventi più eterogenei del legislatore
italiano degli ultimi anni riguarda il pacchetto di norme comunemente chiamato
spending review. Ora, con questo corposo
provvedimento nella classica disamina di fine anno, la Corte dei Conti ha
approvato anche la relazione inerente allo stato di salute degli archivi dei
deposito delle amministrazioni statali.
Tuttavia, per l’ampiezza e per la puntualità dei temi
trattati, che spaziano ben oltre al circoscritto tema dei risparmi ottenuti
dalla dismissione di immobili in locazione con finalità di conservazione (non
archiviazione) dei documenti cartacei, risultano opportune alcune riflessioni
sul ruolo della gestione e della tenuta legale dei documenti. Questo delicato
settore, infatti, riguarda tutte le amministrazioni pubbliche – statali e non
statali – e perfino molte aziende private.
Ebbene, la grande importanza dell’intervento della Corte dei Conti parte da una considerazione di principio, che si dipana oltre ai rilievi sacrosanti sui costi di locazione. Il principio è limpido nella semplicità: gli archivi ordinati producono risparmio come effetto. La causa è la selezione dei documenti, cioè l’eliminazione legale (o “scarto”) dei documenti dichiarati inutili. Si tratta di un’operazione intellettuale, da prevedere fin dalla produzione dei documenti nell’archivio corrente e, quindi, contestualmente alla registrazione nel protocollo informatico. Solo così le Commissioni di sorveglianza (per le amministrazioni statali, grazie agli Archivi di Stato) e l’attività di vigilanza (per gli enti pubblici e per gli enti privati dichiarati di notevole interesse storico, grazie alle Soprintendenze archivistiche) possono rilasciare la prescritta autorizzazione [1]. E questo vale sia per i documenti cartacei sia per i documenti digitali. Non a caso, le regole tecniche sull’amministrazione digitale, in vigore da agosto 2016, annoverano tra i compiti del responsabile della gestione documentale anche quello di determinare “per le diverse tipologie di documenti, in conformità con le norme vigenti in materia, con il sistema di classificazione e con il piano di conservazione, i tempi entro cui i documenti debbono essere versati in conservazione”. (DPCM 13 novembre 2014, art. 11, comma 1, lett. b)
3. La memoria accumulo e la memoria critica nelle responsabilità dirigenziali
Esistono due tipi di memoria: la memoria accumulo e la
memoria critica. La prima riguarda i dirigenti e i funzionari che continuano ad
affastellare nei propri uffici e nelle proprie scrivanie documenti in disordine:
un
caos scientificamente disorganico.
La seconda, invece, è quella che sedimenta i documenti in fascicoli e serie,
partendo dall’applicazione concreta del titolario e della fascicolatura: il
cosmos organico.
È vero che Einstein diceva “Se una scrivania in disordine
è sintomo di una mente disordinata, che dire di una scrivania vuota?”. Ma lui
era, appunto, un genio e in quanto tale gli è permessa la sregolatezza. Di
contro, molti funzionari grigi, sommersi da carte senza capo e né coda,
vivacchiano nell’indolenza della disorganizzazione documentale. Perfino il loro
desktop è inondato di icone distribuite in modo occasionale, spesso causa di
duplicati o di distruzione di file in modo alluvionale.
Eppure, l’adozione del titolario (o piano di classificazione) e l’introduzione della fascicolatura sono
operazioni obbligatoriamente previste dalla normativa vigente in materia di
documentazione amministrativa, di amministrazione digitale e di trasparenza
[2].
La selezione, dunque, è un’operazione periodica che
permette di eliminare legalmente documenti inutili, evitando di ingolfare i
depositi cartacei e i depositi digitali, con il duplice obiettivo di ridurre la
spesa e di ottimizzare la conservazione affidabile della memoria. E su questo
tema strategico sono chiamati ad avere un ruolo determinante i dirigenti.
Sia la legge, sia la Corte dei Conti, li richiama in
maniera inequivocabile. Addirittura, il DPR 37/2001, all’art. 5 è esemplare al riguardo:
“Responsabilità degli archivi – I dirigenti degli uffici sono responsabili della
conservazione e della corretta gestione degli archivi, nonché della regolare
tenuta degli inventari e degli altri strumenti necessari all’esercizio del
diritto di accesso ai documenti amministrativi”
. (DPR 8 gennaio 2001, n. 37 Art. 5)
4. Gli strumenti per la tenuta legale dei documenti
Al § 2.2., la relazione della Corte dei Conti insiste in
maniera perentoria e convincente nell’ampia disamina. “È essenziale – si legge –
che le amministrazioni che ancora non lo hanno fatto, si dotino degli strumenti
previsti dall’art. 68 del d.p.r. n. 445/2000, ai fini di una puntuale
organizzazione della documentazione e di una valutazione razionale delle
operazioni di selezione della documentazione da conservare”. Non manca nemmeno un invito diretto alla Presidenza del
Consiglio e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo laddove – prosegue la relazione – si auspica un loro intervento “per predisporre
una sorta di modello che le amministrazioni potranno, poi, adattare alle proprie
esigenze”. (p. 109).
In buona
sostanza, la
ratio della norma
oggetto dell’indagine delle Corte dei Conti ha evidenziato un collegamento diretto
fra i risparmi dei costi di locazione degli immobili e le attività di selezione
documentale, anche in vista dell’attribuzione della quota parte dei risparmi di
spesa (prevista dal comma 222-bis), ma anche come attività propedeutica all’avvio di un processo di riunificazione degli archivi di deposito da parte
dell’Agenzia del demanio.
5. La presenza degli archivisti negli organici
A scorrere le
oltre 120 pagine della relazione della Corte dei Conti, emerge un dato
incontrovertibile, comune a tutte le amministrazioni statali prese in esame, ma
estendibile senza timore a tutti gli enti pubblici: il mondo ha ancora bisogno
degli archivisti. E il mondo digitale ne avrà sempre di più.
Ora, a
ciascuno il proprio mestiere. La professione di archivista non si improvvisa, così
come le altre professioni. E la selezione è probabilmente la funzione più
delicata tra tutte quelle che riguardano la gestione, tenuta e tutela dei
documenti, proprio nella piena consapevolezza della sua irreversibilità.
Su
quest’ultimo punto, ci sono due ricorrenze importanti nella Relazione (p. 28 e p. 123). Non è
possibile pensare di continuare ad attribuire incarichi di basso profilo
contrattuale e concettuale per svolgere la selezione. L’obiettivo non è tanto lo
scarto, quanto piuttosto la mappatura di ciò che merita di essere conservato.
Lo scarto, infatti, è solo una conseguenza e nulla più di un’attività
intellettuale di selezione che è impostata nell’archivio corrente, valutata nell’archivio di deposito e cristallizzata nell’archivio storico, in un
continuum tra le tre età degli archivi. Pensare di
affidare a personale impreparato tali operazioni o affidarle – come capita in
troppe occasioni – a imprese di sgombero avendo come obiettivo il macero è un
follia amministrativa, che avrà effetti anche sul futuro delle nostre memorie
pubbliche.
Esse, infatti,
rappresentano il sale della democrazia, perché permettono di avere accesso a
un’infinita serie di documenti e di informazioni che un intervento dissennato –
o volutamente dissennato – porterebbe alla distruzione irreversibile.
Il sandulliano
principio dell’ostensibilità del fascicolo, infatti, è un principio di civiltà,
difeso dall’art. 113 della nostra Costituzione.
Abbiamo tanti
archivisti italiani, preparati e attenti, che attendono di essere inseriti
negli organici pubblici, non già come spesa bensì come investimento produttivo
già a medio termine.
Ecco,
un’autentica
spending review potrebbe
davvero partire da qui, perché è necessario redigere i piani di conservazione (o,
più correttamente,
massimari di selezione)
ed effettuare le operazioni periodiche di selezione, con tutti i risparmi del
caso. Dopotutto, la relazione – splendida e documentatissima – della Corte dei Conti va in questa direzione.
* Gianni Penzo Doria è Direttore Generale dell’Università degli Studi dell’Insubria
[1] L’autorizzazione allo scarto è prevista dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ed è rilasciata per i rispettivi ambiti di competenza dalle Commissioni di sorveglianza o dalle Soprintendenze archivistiche.
[2]
Il
titolario è previsto dall’art. 56, art. 64 comma 4, art.
67, art. 68 comma 1, del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, ma anche dall’art. 44,
comma 1, lett. c) del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82.
La fascicolatura è obbligatoria ai sensi
dell’art. 64 comma 4 e art. 65 comma 1 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, ma
anche dell’art. 41 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e perfino degli artt. 23 e 35
del D Lgs. 14 marzo 2013, n. 33. Quest’ultimo provvedimento coniuga il tema
degli archivi alla logica della trasparenza amministrativa in ”
Una triade perfetta per la trasparenza amministrativa: documenti, fascicoli e procedimenti” (come ho avuto modo di
scrivere giusto un anno fa dalle pagine di forumpa.it).