Il crollo del Ponte di Genova stimola alcune riflessioni sul ruolo delle stazioni appaltanti

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La risonanza sociale provocata dal disastro, si spera serva come spinta per imboccare una nuova strada, partendo dalla consapevolezza della molteplicità dei ritardi che segnano il paese e che, ripetutamente, presentano il conto ad ogni terremoto e disastro idrogeologico a causa dell’eccesso di cementificazione, alla diffusa mancata manutenzione e/o adeguamento delle infrastrutture pubbliche (ma anche private). Ecco alcune riflessioni

5 Settembre 2018

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Enrico Conte, Direttore Area Lavori Pubblici Comune di Trieste

Ci sono accadimenti che segnano, più di altri, la vita individuale e la storia collettiva. Il collasso del Ponte sul Polcevera, con la sua forza simbolica, appartiene a questa categoria: una delle più importanti opere pubbliche del boom economico è crollata trascinando con sé, in tragica sintesi, il suo significato di collegamento tra due parti di città, di fiducia e di speranza, perché quel ponte era rivolto al futuro a partire dal suo audace disegno. Verrà naturale ricordare il crollo di Genova come un fatto che segnerà una linea di demarcazione (è già accaduto per le Torri Gemelle, nel 2001).

E’ auspicabile, adesso, che la risonanza sociale provocata dal disastro serva come spinta per imboccare una nuova strada, partendo dalla consapevolezza della molteplicità dei ritardi che segnano il paese e che, ripetutamente, presentano il conto ad ogni terremoto e disastro idrogeologico a causa dell’eccesso di cementificazione, alla diffusa mancata manutenzione e/o adeguamento delle infrastrutture pubbliche (ma anche private).

La vicenda stimola alcune riflessioni e interrogativi; ci sarebbe da chiedersi:

1) se il sistema delle Stazioni Appaltanti (oltre 30 mila ) sia adeguato per gestire uno sforzo di ricostruzione, di consolidamento e/o manutenzione delle piccole e grandi infrastrutture del paese o non sia piuttosto necessario dare attuazione al Codice degli Appalti che contempla, insieme al rating delle strutture che si occupano di progettazione e gare, la loro drastica razionalizzazione e riduzione;

2) se la competenza e la qualificazione del personale impiegato nelle PA, la cui efficienza è a macchia di leopardo, non richieda un surplus di interventi formativi volti a professionalizzare gli uffici e a rinforzare le Stazioni Appaltanti, quale antidoto anticorruzione, come sostiene da tempo il Presidente Cantone. E se inoltre non richieda uno strumento metodologico volto ad investire sulla qualità delle Stazioni Appaltanti alle quali il nuovo Codice assegna un ruolo di soggetto regolatore di secondo livello presente sul territorio, se solo si pensi alle proposte di finanza di progetto di iniziativa privata, che possono essere stimolate dalle Stazioni Appaltanti tramite indagini di mercato o all’ uso delle Consultazioni Preliminari di Mercato (art 66 del Codice), che consentono un dialogo con gli Operatori Economici, prima di impostare procedure di gara;

3) se le Stazioni Appaltanti e i Dipartimenti universitari abbiano iniziato a utilizzare il dispositivo offerto dal Codice degli Appalti, che prevede la possibilità di finanziare con il fondo per l’ innovazione “dottorati di ricerca” sui temi dei lavori pubblici ( es. contratti di efficienza energetica, valutazione di investimenti pubblici e proposte di finanza di progetto, BIM-sistemi digitali per la progettazione e il controllo delle opere pubbliche), assunta la necessità di affrontare i problemi con uno studio permanente e multidisciplinare, integrando la teoria con la pratica quotidiana;

4) se sia un pensiero “impossibile” attrezzare le Stazioni Appaltanti bandendo concorsi pubblici per personale qualificato, come richiede peraltro recente Raccomandazione UE, rispondendo con ciò al duplice bisogno di ringiovanire le strutture tecnico-amministrative, in sofferenza dopo i vincoli del Patto di Stabilità, e di trattenere sul territorio nazionale esperti e risorse umane altrimenti costrette ad emigrare. Le operazioni di PPP (le concessioni autostradali rientrano nella categoria) e le valutazioni di interesse pubblico delle proposte di finanza di progetto richiedono adeguate e multidisciplinari competenze tra le quali, non secondarie, quelle in chiave di programmazione e controllo, dove la PA, nel suo insieme, registra un significativo ritardo;

5) se sia ragionevole collegare le esigenze di sicurezza della statica dei ponti (tema del giorno), con quelle delle complessive risorse economiche necessarie per predisporre le misure richieste per garantire il rispetto delle norme dalla sicurezza antincendio nelle scuole, l’adozione di misure antisismiche e la rimozione dell’amianto ancora presente negli edifici pubblici, nel quadro di un pensiero più ampio volto alla rigenerazione delle città e delle sue periferie.

Infine, in tema di concessioni, si fa sentire l’assenza di una legge che regolamenti le lobby , come sembra confermare il groviglio di norme che il Codice Appalti dedica alle autostrade, tra le quali compare l’incomprensibile divieto per lo Stato di usare la formula della finanza di progetto di iniziativa pubblica in caso di concessioni in scadenza.

Sono, questi, solo alcuni degli interrogativi operativi ai quali sarebbe opportuno dare una risposta, in un paese spesso alle prese con problemi dovuti, per lo più, a inadeguata o assente interazione pubblico-privato, insufficiente programmazione, difficoltà nella predisposizione dei progetti, lentezza nella gestione dei fondi disponibili, inadeguati controlli, perché solo burocratici. Argomenti all’ordine del giorno da quasi trent’anni.


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