La sfida del merito unisce l’Italia… a parole!

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Il vecchio detto che meno una cosa si fa più se ne parla è sempre una chiave interpretativa cinica, ma attuale. E’ quindi con il forte rischio di iscrivermi tra i parolai che torno a parlare di un tema che mi è caro: il riconoscimento del merito nella PA[1]. Lo faccio partendo da tre fatti che sembrano andare tutti nella stessa, giusta, direzione.

18 Febbraio 2009

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Il vecchio detto che meno una cosa si fa più se ne parla è sempre una chiave interpretativa cinica, ma attuale. E’ quindi con il forte rischio di iscrivermi tra i parolai che torno a parlare di un tema che mi è caro: il riconoscimento del merito nella PA[1]. Lo faccio partendo da tre fatti che sembrano andare tutti nella stessa, giusta, direzione.

  • Il primo è il più vecchio: risale all’ottobre scorso ed è la proposta del Sindaco Letizia Moratti di un Manifesto del Merito che accomuni, al di là delle appartenenze politiche, le città di buona volontà e i loro vertici politici. Lo riprendo perché è semplice, bello, del tutto condivisibile e già firmato da decine di sindaci di città piccole e grandi. Vi suggerisco di leggerlo e ve ne propongo l’incipit: "Siamo cittadini che amano il proprio Paese, la propria terra, la propria Città e sentono la responsabilità di migliorarli. Nel nostro lavoro ci impegniamo perché tutti, soprattutto i giovani, guardino al futuro con speranza e fiducia. Crediamo che per la rinascita del nostro Paese dobbiamo affermare il primato del merito. Affermare e premiare il merito significa legare l’impegno individuale, la responsabilità personale, la competenza che ognuno porta con sé ad obiettivi concreti, a risultati misurabili e verificabili da parte di tutti i cittadini. Solo così si accendono motivazioni e desideri, si realizza il bene individuale, l’integrazione, il bene comune".
  • Il secondo fatto è di giovedì scorso: l’approvazione alla Camera (era stata già approvata al Senato) della legge delega di Brunetta sulla produttività del lavoro pubblico di cui abbiamo già abbondantemente parlato, che ha nel riconoscimento del merito (e nella sanzione del demerito) la sua stessa base politica.
    Ho già scritto quello che mi piace e quello che non mi piace di questa delega. Il passaggio alla Camera l’ha in parte migliorata, senza però eliminare molte delle cose che mi lasciavano perplesso: tra tutte la riforma in senso governativo-presidenzialista della Corte dei Conti che, come sapete, io non amo molto almeno così come è fatta infarcita di giuristi, ma la cui indipendenza è bene democratico prezioso.
  • Il terzo fatto è il convegno che l’area dei “liberal PD” ha proposto a Acicastello (Catania) venerdì scorso con il titolo appunto “La sfida del merito”: ne hanno parlato in tanti e sui nostri temi vi suggerisco di sentire (grazie a Radioradicale e al suo impagabile servizio) l’intervento di Ichino.
Su Saperi Pa trovi approfondimenti e relazioni sul tema della meritocrazia

E allora? perché il titolo di questo editoriale è così pessimista?
Ve lo spiego subito: perché quando dalle parole si passa ai fatti di questo riconoscimento del merito non c’è traccia. Avevamo cominciato dalla proposta di un sindaco e allora restiamo sui comuni: siano essi virtuosi o viziosi, risparmiatori o scialacquoni la legge finanziaria li tratta tutti allo stesso modo. I tagli lineari sono gli stessi, l’autonoma responsabilità è di nuovo azzerata: si legga, tra tutte, la norma che non permette agli EL di reinvestire i proventi di dismissioni, neanche se il comune è economicamente virtuoso.

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E’ un vecchio ritornello: senza possibilità di gestire autonomamente le risorse, di fare risparmi e goderne, di essere rigorosi (rigore che deve tornare a vantaggio dei cittadini) parlare di merito diventa appunto un esercizio retorico. Quando alle parole seguiranno i fatti? Quando il Ministero dell’economia e la Ragioneria Generale dello Stato si allineeranno alle dichiarazioni di principio che tutta la politica (anche quella omologa al ministro) chiede ormai a gran voce.

E per venire alla vita quotidiana delle amministrazioni, quando riapriremo ai giovani talentuosi (core ricordavano nella scorsa newsletter) le nostre amministrazioni per un’iniezione di innovazione? A quando le date del prossimo corso-concorso per entrare nella PA? A quando la legge per una nomina trasparente dei vertici delle Aziende sanitarie?

In quel giorno potremo pensare che il riconoscimento del merito avrà superato la fase enunciativa e sarà divenuto un vero diritto.


[1]Per chi non fosse convinto suggerisco un esercizio: digiti – “scelta dei primari” +merito” nella ricerca Google. Esce quasi un migliaio di documenti. Cominci ora a leggerli tutti: ce n’è di tutte le fonti statali, regionali, politiche, sindacali ecc. Per ultimo legga le date degli articoli e vedrà ahimè che sono anni che si dice esattamente la stessa cosa, per fare appunto l’esatto contrario!

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