Nuovo Codice appalti, da oggi si valutano le aziende

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Il rating d’impresa e il rating di legalità sono i nuovi strumenti – distinti ma convergenti – di verifica della capacità, tecnica e morale, delle imprese che partecipano alle procedure di gara, previste dal nuovo codice. Vediamo le loro caratteristiche

21 Aprile 2016

I

Ilenia Filippetti, Responsabile della Sezione Monitoraggio appalti di servizi e forniture della Regione Umbria

Il nuovo codice degli appalti e delle concessioni di cui al d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 – pubblicato in Gazzetta ufficiale il 19 aprile ed entrato in vigore nella medesima data, fatte salve le disposizioni transitorie e di coordinamento contenute all’art. 216 – contiene la previsione del rating di impresa: si tratta di un nuovo strumento che va a rafforzare quell’auspicato passaggio da un sistema “statico” dei requisiti formali delle imprese verso un sistema “dinamico” di requisiti sostanziali, di tipo reputazionale (così Consiglio di Stato, parere n. 855 del 1 aprile 2016).

Il nuovo istituto del rating d’impresa si sovrappone peraltro, almeno parzialmente, al diverso e previgente istituto del rating di legalità, ragion per cui di seguito si delineerà una sintetica rassegna delle caratteristiche salienti di tali distinti – ma in parte convergenti – strumenti di verifica della capacità, tecnica e morale, delle imprese che partecipano alle procedure di gara.

Il rating di legalità

L’art. 5-ter del decreto-legge 1/2012 s.m.i. assegna all’Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie a promuovere l’introduzione di principi etici nei comportamenti delle imprese: alla medesima Autorità Antitrust, inoltre, è stato assegnato il compito di procedere all’elaborazione ed all’attribuzione alle imprese di un rating di legalità.

Del rating di legalità sarà necessario tenere conto, in particolare, in sede di:

  • concessione di finanziamenti da parte di amministrazioni pubbliche, nonché in sede di:
  • accesso al credito bancario; gli istituti di credito che omettano di tener conto del rating di legalità ai fini della concessione dei finanziamenti alle imprese, infatti, saranno tenuti a trasmettere alla Banca d’Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta in tal senso (art. 5- ter, comma 1, ultimo periodo).

Con Delibera n. 24075 del 14 novembre 2012 – modificata, da ultimo, con delibera n. 25207 del 4 dicembre 2014 – l’Antitrust ha adottato lo specifico “Regolamento di attuazione dell’art. 5- ter del d.l. 1/2012” e con decreto ministeriale n. 57 del 20 febbraio 2014 sono state approvate le modalità per la valutazione del rating di legalità ai fini della concessione dei finanziamenti e nell’accesso al credito bancario.

Il rating di legalità viene articolato in diversi range (da un minimo di una ‘stelletta’ a un massimo di tre ‘stellette’) e l’attribuzione del rating viene disposta dall’Autorità Antitrust sulla base di dichiarazioni rese dalle imprese, che verranno successivamente verificate tramite controlli incrociati con i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni interessate.

Per ottenere il punteggio minimo e indispensabile all’acquisizione del rating di legalità l’impresa dovrà dichiarare che: l’imprenditore e gli altri soggetti rilevanti ai fini del predetto rating (direttore tecnico, direttore generale, rappresentante legale, amministratori, soci) non sono stati destinatari di misure di prevenzione e/o cautelari, sentenze/decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per reati tributari ex d.lgs. 74/2000, per reati ex d.lgs. n. 231/2001, per i reati di cui agli articoli 346, 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale e per il reato di cui all’art. 2, commi 1 e 1- bis del d.l. n. 463/1983 s.m.i..

Oltre a ciò, l’impresa dovrà dichiarare che:

  • per i reati “di mafia”, oltre a non avere subito condanne, non è stata iniziata azione penale ai sensi dell’art. 405 c.p.p. e l’impresa non è stata destinataria di comunicazioni o informazioni antimafia interdittive in corso di validità;
  • non è stata soggetta al commissariamento in base al d.l. n. 90/2014 s.m.i.;
  • non è stata destinataria di sentenze di condanna né di misure cautelari per gli illeciti amministrativi dipendenti dai reati di cui al citato d.lgs. n. 231/2001;
  • non è stata condannata, nel biennio precedente la richiesta di rating, per “illeciti antitrust” gravi o per violazioni del codice del consumo, per mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, per violazioni degli obblighi retributivi, contributivi, assicurativi e fiscali nei confronti dei propri dipendenti e collaboratori;
  • non ha subìto accertamenti di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato, né ha ricevuto provvedimenti di revoca di finanziamenti pubblici per i quali non abbia assolto gli obblighi di restituzione e non è stata destinataria di provvedimenti di accertamento del mancato pagamento di imposte e tasse;
  • non è stata destinataria di provvedimenti sanzionatori dell’ANAC di natura pecuniaria e/o interdittiva e che non sussistono annotazioni nel Casellario informatico delle imprese di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 207/2010 che implichino preclusioni alla stipula di contratti con la Pubblica amministrazione o alla partecipazione a procedure di gara o di affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi o forniture;
  • di effettuare pagamenti e transazioni finanziarie di ammontare superiore alla soglia di mille euro esclusivamente con strumenti di pagamento tracciabili.

Vengono previsti, inoltre, ulteriori requisiti che, se rispettati, garantiranno alle imprese il punteggio massimo acquisibile ai fini del rating; in particolare, a tali fini, le imprese dovranno:

  • rispettare i contenuti del Protocollo di legalità sottoscritto dal Ministero dell’Interno e da Confindustria, delle linee guida che ne costituiscono attuazione, del Protocollo sottoscritto dal Ministero dell’Interno e dalla Lega delle Cooperative e, a livello locale, dalle Prefetture e dalle associazioni di categoria;
  • utilizzare sistemi di tracciabilità dei pagamenti anche per importi inferiori rispetto a quelli fissati dalla legge;
  • adottare una struttura organizzativa che effettui il controllo di conformità delle attività aziendali a disposizioni normative applicabili all’impresa o un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. 231/2001;
  • adottare processi per garantire forme di Corporate Social Responsibility ;
  • essere iscritte in uno degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (le c.d. white list);
  • avere aderito a codici etici di autoregolamentazione adottati dalle associazioni di categoria;
  • di aver adottato modelli organizzativi di prevenzione e di contrasto della corruzione.

Deve essere valutata, inoltre, la denuncia, resa all’autorità giudiziaria o alle forze di polizia, relativa ad alcuni specifici reati commessi a danno dell’imprenditore o dei propri familiari e collaboratori, qualora alla denuncia sia seguito l’esercizio dell’azione penale.

Il rating di legalità ha durata di due anni dal rilascio ed è rinnovabile su richiesta: in caso di perdita di uno dei requisiti base (indispensabili per ottenere una ‘stelletta’) l’Antitrust dispone la revoca del rating, mentre se vengono meno i requisiti grazie ai quali l’impresa aveva ottenuto un rating più alto, la medesima Autorità ridurrà il numero di stellette attribuite.

Il nuovo codice degli appalti ed il “rating di impresa”

Il recentissimo d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016 dispone, all’art. 83, comma 10, l’istituzione presso l’ANAC del sistema del rating di impresa e delle relative penalità e premialità, in relazione al quale la medesima Autorità anticorruzione rilascia alle imprese l’apposita certificazione. Il rating di impresa dovrà essere applicato ai soli fini della qualificazione delle imprese: ne consegue che tale rating non potrà essere oggetto di valutazione ai fini dell’attribuzione di punteggi connessi al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il predetto sistema è basato su requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimano la capacità strutturale e di affidabilità dell’impresa: l’ANAC dovrà definire, pertanto, i requisiti reputazionali ed i relativi criteri di valutazione – nonché le modalità di rilascio della certificazione – mediante apposite linee guida che dovranno essere adottate entro la data del 18 giugno 2016. Nell’ambito dell’attività di gestione del predetto sistema, inoltre, ANAC potrà determinare di misure sanzionatorie amministrative da applicare nei casi di omessa o di tardiva denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di contratti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi.

I requisiti reputazionali alla base del rating di impresa dovranno tenere conto rating di legalità rilevato dalla medesima ANAC in collaborazione con la già citata Autorità Antitrust: l’articolo 213, comma 7, del nuovo codice, infatti, dispone che l’Autorità anticorruzione collabora con l’Antitrust ai fini della rilevazione di comportamenti aziendali meritevoli di valutazione per l’attribuzione del “rating di legalità” e che tale rating concorre anche alla determinazione del “rating di impresa”.

Nell’attribuzione del rating d’impresa, inoltre, occorrerà tenere conto dei precedenti comportamentali dell’impresa, con riferimento, in particolare:

  • al rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti;
  • all’incidenza del contenzioso, sia in sede di partecipazione alle procedure di gara, sia in fase di esecuzione del contratto;
  • della regolarità contributiva, ivi compresi i versamenti alle Casse edili, valutata con riferimento ai tre anni precedenti (art. 83, comma 7).

Per quanto concerne l’incidenza del contenzioso, il Consiglio di Stato aveva peraltro sottolineato che la legge delega n. 11/2016, in realtà, fa riferimento agli “accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti e la gestione dei contenziosi”, rendendo in tal modo evidente che non è la mera esistenza di un contenzioso a poter influenzare il rating di legalità, quanto piuttosto la sua definitiva conclusione in senso sfavorevole al concorrente (Consiglio di Stato, parere n. 855/2016 cit.).

Va evidenziato, da ultimo, che il rating di impresa assume un preciso rilievo anche nell’ambito del sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici: l’art. 84, comma 4 del nuovo codice, infatti, prevede che gli organismi di diritto privato autorizzati (società organismi di attestazione, meglio conosciute nell’acronimo SOA) attestano il possesso della certificazione del rating di impresa rilasciata dall’ANAC.

La rilevanza del “rating di legalità” nel nuovo codice

Se è vero che il d.lgs. n. 50/2016 introduce anche l’inedito istituto del rating d’impresa, nondimeno all’interno del nuovo codice non mancano alcune disposizioni nelle quali assume una specifica valenza anche il preesistente rating di legalità.

Più in particolare, l’art. 93 – recante disposizioni in materia di garanzie per la partecipazione alle procedure di gara – prevede che, nei contratti di servizi e forniture, l’importo della garanzia e del suo eventuale rinnovo è ridotto del 30% (non cumulabile, tuttavia, con le altre riduzioni indicate nel medesimo comma) per gli operatori economici in possesso del rating di legalità.

L’art. 95 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto) del codice, inoltre, dispone al comma 13 che, compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al maggior rating di legalità dell’offerente. Sul punto, pertanto, pare che il Governo abbia raccolto la sollecitazione mossa dal Consiglio di Stato, laddove era stato messo in dubbio il fatto che fosse congruo aver contemplato – nell’originaria versione del codice approvata il 3 marzo 2016 – il c.d. rating di legalità fra gli elementi che potevano contribuire a comporre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: per il Supremo Consesso, infatti, si tratta di un elemento che attiene alla sfera soggettiva dell’impresa (la cui valenza è limitata all’ammissione alla gara), con la conseguenza che tale elemento non avrebbe potuto essere utilizzato anche ai fini valutativi.

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