Appalti e concessioni: una svolta con il disegno di legge delega, per la digitalizzazione

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10 Dicembre 2015

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Paola Conio

Nel corso dell’ultimo mese, il disegno di legge delega per il recepimento delle direttive appalti e concessioni ha compiuto qualche passo in avanti, ma non ha ancora raggiunto il traguardo dell’approvazione definitiva.

Il testo licenziato dalla Camera è stato assegnato all’VIII Commissione del Senato e il termine per la presentazione di eventuali emendamenti è spirato il 1 dicembre, con l’auspicio espresso di poter procedere all’approvazione senza ulteriori modifiche, per evitare un nuovo passaggio all’altro ramo del Parlamento, dato che già diciannove dei ventiquattro mesi a disposizione per il recepimento sono trascorsi senza che la legge delega – prodromica ai decreti attuativi – sia stata pubblicata.

Gli emendamenti presentati sono stati numerosi, alcuni dei quali già dichiarati inammissibili dalla Commissione.

Il 16 dicembre è previsto l’esame in aula e, dunque, potrebbe essere quello il momento fatidico dell’approvazione.

Nessun emendamento di carattere sostanziale risulta essere stato presentato relativamente alle disposizioni che riguardano la digitalizzazione, informatizzazione e semplificazione delle procedure, salva la previsione di una maggiore gradualità nel passaggio dalle procedure tradizionali a quelle totalmente informatizzate. È quindi verosimile che i principi di delega che concernono questi fondamentali aspetti resteranno invariati.

Come già osservato in un precedente articolo, sono diverse le lettere del disegno della legge delega che menzionano la digitalizzazione e l’informatizzazione delle procedure, il che è certamente un dato positivo.

Tuttavia, sarà davvero fondamentale il lavoro che il Governo svolgerà nell’adozione e successiva approvazione dei decreti legislativi attuativi della delega. Difatti, analizzando nello specifico le disposizioni considerate si nota che la digitalizzazione, l’informatizzazione, la previsione di banche dati unificate ai fini della pubblicità delle gare, sono spesso messi primariamente in relazione alla trasparenza, alla tracciabilità e al controllo delle procedure stesse allo scopo di combattere e prevenire i fenomeni corruttivi piuttosto che alla necessità di rendere più rapide, efficaci ed efficienti le gare pubbliche.

Ad esempio, il punto 2 della lettera q), nel prevedere l’unificazione presso l’ANAC delle banche dati di settore esistenti, salvo quella centralizzata che sostituirà l’attuale sistema AVCPass e che sarà gestita dal MIT, indica testualmente la promozione della digitalizzazione delle procedure “in funzione della loro tracciabilità”.

Anche la lettera s) prevede che la pubblicazione su un’unica piattaforma digitale presso l’ANAC di tutti i bandi di gara sia fatta al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e conoscibilità delle procedure stesse.

Fa da contraltare la previsione della lettera i) che stabilisce la promozione di reti e sistemi informatici anche al fine di facilitare l’accesso al mercato dei contratti pubblici delle micro, piccole e medie imprese, e punta all’innovazione tecnologica digitale e all’interconnessione della pubblica amministrazione.

È chiaro che le vicende di questi ultimi anni hanno fatto tornare prepotentemente alla ribalta (giuste) istanze di legalità e ordine, inducendo il legislatore all’adozione di una serie di misure, anche dirette ad imprimere una direzione chiaramente dichiarata alla normativa in materia. Si pensi, banalmente, alla scelta di incorporare l’Autorità di Vigilanza del settore nell’Autorità Anticorruzione, mantenendo esclusivamente la denominazione di quest’ultima.

Tuttavia, non sempre la reazione istintiva alla legalità violata è in grado di indirizzare efficacemente l’attività normativa. Il nostro Paese già conosce gli effetti di disposizioni nate dall’esigenza di affermare, anche a livello normativo, la volontà di ristabilire un sistema sano e immune da fenomeni corruttivi (si pensi alla prima stesura della Legge Merloni, figlia di tangentopoli). Il rischio è quello di basare l’intero impianto normativo su uno stato patologico anziché sulla normale fisiologia del sistema e, conseguentemente, renderlo inefficiente o, comunque, non efficiente come sarebbe auspicabile.

L’informatizzazione e la digitalizzazione delle procedure certamente comportano, come effetto “naturale”, anche la loro tracciabilità e maggiore trasparenza e, dunque, informatizzazione e digitalizzazione rappresentano buoni alleati nella lotta alla corruzione. Ma perché questi strumenti garantiscano anche un effettivo efficientamento del sistema è necessario che siano disegnati non soltanto avendo riguardo all’obiettivo della legalità, ma anche considerando come i processi debbano essere reingegnerizzati al fine di perseguire il fine della efficienza, efficacia e semplificazione dell’azione amministrativa. Questi ultimi obiettivi, difatti, non costituiscono affatto un effetto naturale di qualsiasi procedura digitalizzata o informatizzata, ma vanno progettati e fortemente perseguiti se si vuole sperare di coglierli.

Il rischio, altrimenti, è quello di complicare, frenare o, nel migliore dei casi, semplicemente non incidere efficacemente sui processi. Occorre quindi che grande attenzione sia posta in fase di attuazione della delega alla coniugazione di tutti gli obiettivi suddetti.

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