Gli strumenti di collaborazione che abilitano il lavoro ibrido, come previsto dal PIAO

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Digitalizzare senza una strategia organizzativa specifica per l’adozione dell’hybrid work e senza le soluzioni tecnologiche adatte può avere ricadute negative sul benessere delle persone. Cogliendo l’occasione delle politiche di ripresa e degli strumenti di procurement come l’AQ PRINCO, oggi le PA hanno l’opportunità di dotarsi di strumenti di collaborazione che abilitano il lavoro agile in maniera sostenibile

10 Maggio 2023

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Redazione FPA

Come gli strumenti di collaborazione possono abilitare nuove modalità di lavoro da remoto e ibrido, in equilibrio con la vita familiare e personale delle persone, per un nuovo benessere organizzativo? Ne abbiamo parlato con gli esperti del Politecnico di Milano e di Microsoft Italia nel corso del webinar “Abilitare le nuove forme di lavoro flessibile nella PA: si parte dalla collaboration”, che FPA ha organizzato in collaborazione con Microsoft Italia nell’ambito del progetto PNRR HUB. Il progetto pensato per informare le PA locali degli strumenti che le amministrazioni posso acquisire con l’AQ PRINCO.

Il lavoro si fa ibrido e non si torna indietro

Nel 2019, prima della pandemia da Covid19, i lavoratori che godevano di flessibilità nello scegliere dove e come lavorare erano solo 570 mila, prevalentemente nel settore privato. Nel 2020, con un’impennata del 1054%, la flessibilità si è trasformata da privilegio a necessità per 6.580.000 lavoratori italiani.
In tutte le organizzazioni è stato necessario colmare i gap tecnologici con strumenti di collaboration, sicurezza, digitalizzazione dei processi e, per tale ragione, nonostante l’andamento della pandemia consentisse un lento ritorno alla normalità, in moltissime aziende e PA il lavoro da remoto è stato mantenuto.
L’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano stima che nel 2023, i lavoratori flessibili saranno 3.630.000mila e che la nuova modalità di lavoro ibrida andrà verso un futuro di sostanziale stabilità.

Il lavoro ibrido e il benessere del lavoratore

Il lavoro ibrido abilitato dalla tecnologia, si basa sui principi della flessibilità spazio-temporale, del lavoro per obiettivi e sulla responsabilizzazione del dipendente.
Sono due i fattori che fanno la differenza tra un hybrid&dumb work, che è una modalità di lavoro convenzionale, rigida e omologata, quindi non del tutto efficace, e un vero hybrid&smart work quindi una modalità di lavoro flessibile, adattativa e personalizzata sulle responsabilità e mansioni di ciascun lavoratore: l’adozione di strumenti di collaborazione adeguati e il benessere delle persone.
“Il lavoro, ormai, non è più un posto in cui andare, ma è uno stato mentale”, ha spiegato Alessandra Gangai, Direttrice del tavolo di lavoro “Smart working nella PA” dell’Osservatorio Digital Innovation, Politecnico di Milano.
Scegliere il contesto e il momento più giusto e comodo per lavorare può davvero fare la differenza e può garantire performance di livello più elevato e un senso di realizzazione personale. In definitiva, l’organizzazione giusta migliora la vita dei lavoratori.


Più che una scoperta, è una constatazione: è sulla base del benessere, della soddisfazione, che si può pensare di aumentare la produttività. “La pandemia ci ha ricordato che le persone sono resilienti e che più lavoro non corrisponde a maggior produzione”, ha sottolineato Cristina Sogni, Channel Sales Manager, Microsoft Italia, intervenuta per presentare le soluzioni per la collaborazione pensate per promuovere il benessere delle persone in hybrid-work.
Infatti, non bisogna sottovalutare gli effetti, anche negativi, che il lavoro da remoto, la cui adozione è venuta all’improvviso spinta dall’emergenza sanitaria, ha avuto su molti: la mancanza di momenti di socializzazione tra colleghi ha causato un senso di isolamento e l’insorgere del così detto tecnostress da iperconnessione.

Il lavoro ibrido nella pubblica amministrazione

Nella PA l’esperienza del lavoro da remoto si è rivelata ancor più sfidante rispetto a quanto percepito dal settore privato. In molte amministrazioni, il gap tecnologico era estremamente ampio. Al netto delle amministrazioni più virtuose e lungimiranti, infatti, la maggior parte degli enti è stata colta impreparata e sfornita persino dell’hardware necessario a far lavorare da casa i dipendenti. Nonostante la corsa alla digitalizzazione e l’impegno di tutte le PA, oggi c’è ancora un ampio margine di miglioramento, in termini di dotazioni tecnologiche e di consapevolezza.


Difatti, rivela l’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, solo il 42% delle PA ha ripensato i processi adottando strumenti digitali nuovi, come le piattaforme di collaborazione; solo il 56% ha sperimentato strumenti digitali diversi e, solo il 53% delle PA ha beneficiato di un miglioramento delle competenze digitali.
Rendendo sistemiche funzionalità e soluzioni di collaborazione come instant messaging, audio/video conference, ecc, che fino a oggi sono stati strumenti emergenziali, invece, è possibile strutturare modelli di organizzazione realmente disegnati in digitale e mettere a punto strategie, presenti e future, per lo sviluppo e il potenziamento del lavoro agile.

Le soluzioni tecnologiche che abilitano il lavoro ibrido

“Oggi è necessario imparare a gestire la flessibilità”, ha dichiarato Alessandra Gangai.
“Esiste un concetto che noi dell’Osservatorio chiamiamo ‘virtualità’, capace di compensare gli effetti collaterali della modalità di lavoro smart. Si tratta del bilanciamento delle tecnologie digitali e delle altre modalità di interazione. Non tutti gli strumenti sono efficaci. Il digitale si presta ad ampliare molto le possibilità umane di interazione con gli altri, ma non deve sostituirle. Alcune attività devono essere ancora svolte di persona (come sviluppare la fiducia reciproca, negoziazione, confrontarsi per il problem solving…), ma per altre attività, vi sono strumenti adatti, da scegliere in base agli obiettivi e alle attività da svolgere”.
Imparare a collaborare virtualmente passa anche per la modifica dei comportamenti. Per esempio, ha spiegato Gangai: “Gli allineamenti rapidi e veloci non vanno mai fatti tramite e-mail, ma per telefono o via chat. Ogni lavoratore dovrà imparare a bilanciare l’utilizzo dei diversi strumenti, per rendere più efficaci e più efficienti tutti i processi della PA e per limitare i più comuni effetti collaterali dell’abuso di tecnologie”.

La video call, in questo senso, è una grande risorsa, che consente di risparmiare tempo e creare maggior benessere per i lavoratori, ricreando la relazione umana anche da remoto. Per questo, in una riunione, è importante avere una buona qualità del video e dell’audio e, soprattutto, mantenere accesa la telecamera”.
Il modello di lavoro digitale e ibrido richiede di lavorare su tre fronti: sicurezza, produttività e semplificazione.
I prodotti e le piattaforme di collaborazione inserite nel catalogo PRINCO rispondono tutte ai requisiti minimi, ma nella scelta è importante che le PA tengano in considerazione le funzionalità innovative che consentono di re-immaginare il lavoro, ma anche il livello di protezione dei dati e delle architetture software.
‘’Le soluzioni di collaborazione presenti nell’Accordo Quadro PRINCO, consentono la simultaneità di tutte le operazioni svolte a distanza dai team di lavoro, assicurano un’interazione coinvolgente e un livello di cybersecurity molto elevato.’’ ha spiegato Cristina Sogni.


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