Smart Working: come tutelare salute e sicurezza del lavoratore
Nelle Linee guida in materia di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la direttiva numero 3 del 2017, viene fornito un quadro completo sulla tematica della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro in Smart Working
30 Gennaio 2020
Maurizio Costa
Content Officer FPA
La sicurezza e la salute dei lavoratori che svolgono le proprie attività in Smart Working sono parametri fondamentali per far sì che la pratica del lavoro agile sia applicata in maniera corretta. Sappiamo benissimo, infatti, come questi due fattori siano curati in ufficio, o comunque all’interno dei luoghi dove di solito il lavoratore dipendente si trova durante la propria giornata lavorativa. Ma cosa accade quando lo stesso dipendente lavora in Smart Working? Come fa il datore di lavoro ad assicurarsi che non accada nulla ai dipendenti che lavorano fuori dall’ufficio?
Come già accennato in un altro articolo, il lavoro agile si basa su un rapporto di fiducia reciproca, espresso anche tramite l’accordo individuale, tra datore di lavoro e dipendente: sono i lavoratori stessi, infatti, a dover verificare, in base alle linee guida fornite dall’azienda o dall’amministrazione pubblica, le condizioni di adeguatezza della propria postazione di lavoro in Smart Working.
Nelle Linee guida in materia di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, contenute nella direttiva numero 3 del 2017 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si parla proprio di salute e sicurezza, senza tralasciare tutte le precauzioni da prendere per fare in modo che il luogo di lavoro sia sicuro.
Quadro di riferimento
Leggiamo, dunque, le Linee guida, nelle quali vengono riportate alcune indicazioni esemplificative, che devono essere inserite all’interno dell’informativa. Questa informativa, poi, deve essere consegnata ai futuri lavoratori in Smart Working e al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Nelle Linee guida sono indicati i contenuti minimi che, naturalmente, possono essere specificati da altre indicazioni, in base all’occorrenza.
Nella direttiva, si specifica che “i contenuti dell’informativa devono essere legati alla definizione di lavoro agile inteso come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
- stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro;
- con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
- eseguita, in parte all’interno di locali dell’amministrazione e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”.
L’informativa
Si tratta delle caratteristiche di base dello Smart Working, così come stabilite anche nella legge numero 81 del 2017. Stabiliti i limiti entro i quali si può parlare di Smart Working, passiamo a parlare dell’informativa che il datore di lavoro deve consegnare ai dipendenti:
“Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”.
Altri compiti del datore di lavoro
Oltre all’informativa, il datore di lavoro deve somministrare un’adeguata formazione periodica sui requisiti di salute e di sicurezza. Deve assicurarsi che gli strumenti e i dispositivi forniti ai lavoratori siano conformi e a norma e, infine, deve effettuare un’idonea manutenzione su queste apparecchiature, per non incorrere in incidenti dovuti a incuria e a mancata manutenzione.
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Contenuti minimi dell’informativa
Ambienti indoor
Tornando all’informativa, i contenuti minimi per la salute e la sicurezza negli ambienti indoor durante una giornata di Smart Working sono segnalati sempre nelle Linee guida della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Vediamoli in dettaglio.
Norme antincendio
Innanzitutto, nell’informativa non possono mancare le indicazioni sulla sicurezza antincendio (“principi generali sull’incendio e utilizzo dei mezzi di estinzione, comportamento in caso di incendio, atmosfere esplosive, ecc.”). Così come non possono essere omesse le indicazioni sul corretto utilizzo dell’impianto elettrico (“buono stato dei cavi elettrici di collegamento e loro posizionamento utilizzo prese, sovraccarico, prevenzione incendi, ecc.”).
Attrezzature di lavoro
Il lavoratore, dall’informativa, deve apprendere come verificare l’efficienza delle attrezzature prima dell’utilizzo, studiare i manuali d’uso delle apparecchiature e conoscere il comportamento da tenere in caso di guasti o anomalie.
Requisiti igienici ed ergonomia
Oltre alle caratteristiche ergonomiche della postazione di lavoro, il dipendente deve conoscere le “indicazioni sui requisiti igienici minimi dei locali (microclima, temperatura e umidità dei locali, elementi di qualità dell’aria con riferimento al ricambio d’aria e alla presenza di eventuali sorgenti di emissioni, impianti termici e di condizionamento, ecc.)”.
Ambienti outdoor
Quando si lavora in Smart Working in ambienti esterni, la salute e la sicurezza diventano fondamentali, soprattutto in riferimento al clima e ad alcuni fattori esterni.
Innanzitutto, bisogna inserire indicazioni sulla pericolosità dell’esposizione alle radiazioni solari, su condizioni meteoclimatiche sfavorevoli o su luoghi in cui sarebbe difficile richiedere soccorso.
Infine, soprattutto per le persone che lavorano in parchi o in zone pubbliche, bisogna indicare i pericoli connessi “allo svolgimento di attività in aree con presenza di animali o che non siano adeguatamente manutenute con riferimento alla vegetazione al degrado ambientale, alla presenza di rifiuti, ecc…” e ai “pericoli connessi allo svolgimento di attività in aree in cui non ci sia la possibilità di approvvigionarsi di acqua potabile”.