Tra cambiamento e resistenze, come stiamo disegnando la PA del futuro

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La PA italiana è nel pieno di una trasformazione organizzativa. Tra le luci di questa fase, vi sono la digitalizzazione dei servizi, il lavoro agile e l’intero processo di integrazione dell’intelligenza artificiale che sta investendo tutti i campi del lavoro, compreso il settore pubblico. Un aspetto certamente positivo del 2024 è stata la tornata contrattuale. Ricordiamoci, però, che il contratto non è composto solo da una parte economica; è fatto anche di diritti dei dipendenti e di opportunità di modernizzazione della PA che non possono essere dimenticate

24 Gennaio 2025

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Antonio Naddeo

Presidente ARAN

Foto di Michel Catalisano su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/foto-di-una-persona-in-piedi-vicino-al-muro--a0D9LpcKV8

“Questo articolo è tratto dal capitolo “Speciale Scenari PA” dell’Annual Report 2024 di FPA (la pubblicazione è disponibile online gratuitamente, previa registrazione)”


La Pubblica Amministrazione (PA) sta senza dubbio vivendo un periodo di trasformazione molto importante, una trasformazione che è digitale, ecologica, ma che è soprattutto una trasformazione organizzativa che investe le persone e le competenze di cui essa si avvale. Questo percorso di trasformazione è iniziato indubbiamente con la pandemia, la quale ci ha portato a rivedere per esempio tantissimi aspetti del lavoro, non da ultimo lo smart working, che come noto è stato centrale nel modo di organizzare il lavoro e garantire servizi in piena pandemia da Covid-19.

La trasformazione è continuata poi con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel periodo post pandemico: investimenti copiosi anche per la PA, per rivederne e riprogettarne la struttura, l’organizzazione e le competenze dei suoi dipendenti. È iniziato così un periodo di grande fermento, di riforma mossa non da leggi specifiche ma da esigenze oggettive. Un cambio di passo rispetto a un passato in cui abbiamo chiamato epocali riforme della PA realizzate prevalentemente con leggi finalizzate non a riorganizzare e a riprogettare, ma a disciplinare.

Oggi che momento stiamo vivendo? Proviamo a fare un bilancio, a evidenziare i tratti dell’attuale PA e come si sta delineando la PA del futuro.

La PA tra luci e ombre

Tra le luci di questa PA che vive questa grande trasformazione, sicuramente nominerei la digitalizzazione dei servizi, l’utilizzo di nuovi strumenti per la gestione del rapporto di lavoro, il lavoro agile appunto e adesso tutto il processo di intelligenza artificiale (IA) che sta investendo tutti i campi del lavoro, anche nel settore pubblico. Non dobbiamo poi dimenticare, da una parte il grosso impegno per la semplificazione delle procedure amministrative e dall’altra la crescente consapevolezza del ruolo delle persone che lavorano nella Pubblica Amministrazione, dell’importanza della loro formazione, per troppo tempo fattori lasciati ai margini delle riforme.

Quali sono le ombre invece? Come per tutti i cambiamenti, la principale ombra è rappresentata da una resistenza culturale degli stessi interpreti, dagli stessi dirigenti, certe volte anche dalla stessa politica.

Cambiare vuol dire andare alla ricerca del nuovo, vuol dire anche assumersi dei rischi, accettare che i risultati si possano ottenere dopo tanto tempo. Tutti fattori difficili da conciliare oggi con una ricerca del consenso e un raggiungimento di obiettivi e risultati che guardano prevalentemente al breve periodo. Tuttavia, io sono fiducioso: vedo più luci che ombre, vedo il bicchiere mezzo pieno. Un aspetto certamente positivo di questo anno è stata la tornata contrattuale, che ha visto sottoscrivere da ultimo, il 6 novembre 2024, l’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto delle Funzioni Centrali. Siamo attualmente nella fase di controllo da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e poi successivamente della Corte dei conti. Siamo fiduciosi che questo contratto arrivi al più presto alla sottoscrizione definitiva.

La trattativa è stata molto lunga e complessa, più di quella vissuta per il contratto precedente 2019-2021. C’è un dibattito aperto tra alcune organizzazioni sindacali e il Governo sulle risorse stanziate che comportano un incremento del trattamento economico complessivo del 6%. Tuttavia, abbiamo raggiunto la maggioranza delle organizzazioni e siamo riusciti a sottoscrivere il contratto.

Come era stato per quello precedente, questo contratto contiene una serie di importanti novità.

Queste novità rappresentano lo sforzo di introdurre nel contratto degli strumenti utili ad una gestione moderna, innovativa, efficace ed efficiente delle persone. Tra questi, la maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro attraverso il lavoro agile, che supera il precedente limite legato alla necessità di garantire comunque la maggior presenza in servizio. Con questo contratto, le amministrazioni sono più libere di decidere quanto lavoro agile fare, in relazione alla loro capacità organizzativa.

Un altro elemento di flessibilità del lavoro, che ha dato adito a tantissime polemiche, è quello che è stato, erroneamente, chiamato “settimana corta”. In realtà nel contratto non è stato definito così. Abbiamo piuttosto disciplinato la materia consentendo alle amministrazioni un’articolazione diversa dell’orario di lavoro. Questo rimane sempre di 36 ore, ma invece di essere articolato in 5 giorni lavorativi, potrà, a discrezione dell’amministrazione e sulla base dei servizi erogati, essere distribuito su quattro giorni lavorativi. Si tratta di un altro strumento che da una parte rende flessibile l’organizzazione e dall’altra va incontro a una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro.

Infine, abbiamo cercato di potenziare ancora di più il welfare aziendale, che adesso è fatto un po’ a macchia di leopardo all’interno delle amministrazioni, ma che diventa sempre più importante non solo per rendere attrattiva la PA nei confronti dei giovani, ma anche per motivare e trattenere i dipendenti che già vi lavorano.

Ricordiamoci che il contratto non è composto solo da una parte economica, che ha sicuramente una rilevanza grandissima, non possiamo negarlo né nasconderlo; il contratto è fatto di diritti dei dipendenti e di opportunità di modernizzazione che non possono essere dimenticate.

Mi auguro che questo contratto possa entrare in vigore all’inizio del 2025 anche perché abbiamo già le risorse per rinnovare quello 2025-2027. Si tratterebbe di un elemento molto importante per dare una continuità ai contratti.

Antonio Naddeo (ARAN): "Contrattazione collettiva e nuovi istituti per l'attrattività della PA"

Attrattività della PA e valorizzazione del personale

Non è facile gestire un’organizzazione del lavoro dove ci sono tanti anziani e ci sono dei giovani che entrano. Diventa urgente e necessario saper gestire questa diversa composizione di età della popolazione di dipendenti. Gli istituti che ho menzionato sopra sono senza dubbio strumenti che ci possono aiutare in questa gestione. Pensiamo al lavoro agile e al contributo che può dare nell’inserimento dei giovani. È chiaro che non tutte le attività possono essere svolte da remoto, ma il lavoro agile può per esempio consentire di superare diverse difficoltà (trasferirsi in una nuova città, trovare casa, pagare un affitto) permettendo di svolgere a distanza alcune attività rimanendo nel luogo di residenza e organizzando trasferte periodiche per la presenza in ufficio.

Un altro importante strumento per la gestione delle differenze generazionali è l’age management, che consente alle persone più anziane di essere mentori nei confronti dei giovani che entrano, offrire loro formazione e affiancamento, e ai più giovani di trasferire alle persone anziane nuove conoscenze, in ambito tecnologico per esempio. Si parla quindi di mentoring e reverse mentoring.

Questi come quelli indicati prima (lavoro agile, settimana corta, welfare aziendale, formazione) sono tutti strumenti pensati per aiutare la gestione delle persone.

Ci sono poi strumenti come l’apprendistato e il dottorato che sono ancora poco utilizzati nella PA. Purtroppo, le esperienze si contano ancora sulle dita di una mano, nonostante siano degli strumenti importanti per andare ad intercettare la disponibilità di lavoro dei giovani. Sicuramente questo è dovuto, da una parte a una scarsa conoscenza da parte delle stesse amministrazioni di questi strumenti, e dall’altra ad una riluttanza ad utilizzarli soprattutto per l’impegno che questi comportano in termini di formazione da garantire ai giovani in ingresso.

Penso, quindi, che sia soprattutto un problema culturale e di scarsa valutazione dell’opportunità che rappresentano in termini di costruzione di competenze che servono all’amministrazione. Per esempio, attraverso il dottorato, che è un’attività di ricerca, la persona si forma sul campo e al termine del dottorato l’amministrazione ha costruito al suo interno una competenza importante. Questi strumenti possono veramente avvicinare i giovani, ma per attivarli non basta che esistano. Serve che le amministrazioni li conoscano, colgano l’opportunità che rappresentano e li utilizzino.

Il ruolo del dirigente pubblico

Essere dirigente vuol dire dirigere persone. Non si è dirigenti perché si è più bravi in diritto amministrativo. Il dirigente deve dirigere delle persone e questo vuol dire innanzitutto dire loro cosa fare e come farlo. Deve poi saper valutare anche le attività che svolgono i propri collaboratori. Tuttavia, quello che è più difficile è esternare questa valutazione, perché da questo spesso ne conseguono dei conflitti.

Mi chiederei prima di tutto se il dirigente sa gestire i conflitti. C’è sicuramente un’attitudine caratteriale in questo, ma spesso il dirigente diventa dirigente superando un concorso che non ha valutato questo tipo di competenze. Bisogna riformare per questo i concorsi e, come ha detto il Ministro Paolo Zangrillo, bisogna cercare di costruire la dirigenza a partire dal suo percorso di carriera, che non si azzera nel momento in cui si vince un concorso. È necessario tenere conto delle caratteristiche e competenze dei dirigenti, che si possono vedere esclusivamente nello svolgimento delle loro attività.

IA e PA: le priorità su cui lavorare

L’intelligenza artificiale generativa sta facendo dei passi da gigante. In Italia stiamo cercando di normare qualcosa che si trasforma velocemente e da questa prospettiva il Disegno di legge rischia di diventare legge troppo tardi rispetto alla velocità con cui si evolve l’IA.

Indicherei tre priorità su cui lavorare per un’efficace integrazione delle tecnologie dell’IA nella PA:

  1. la formazione all’uso dello strumento;
  2. le infrastrutture tecnologiche;
  3. l’etica e la trasparenza.

A monte di queste metterei però la capacità e l’interesse personali a conoscere lo strumento, a capire in che modo può aiutare il lavoro quotidiano, in che modo può supportare nel prendere decisioni. Attenzione, “aiutare” a prendere decisioni non “sostituirsi” nel prendere decisioni. Ai giovani, ad un convegno, ho detto “dovete essere curiosi di tutto ciò che è nuovo, dovete andare a studiare ciò che è nuovo, sperimentare e vedere cosa succede”. Questa conoscenza personale rappresenta sicuramente un vantaggio competitivo e una leva per la crescita professionale.

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