Dopo le norme, è tempo di una strategia digitale nazionale per il riordino della Sanità

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22 Settembre 2015

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Eleonora Bove

La firma che a inizio settembre il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha posto su uno dei provvedimenti più attesi nell’ambito della sanità digitale, ha fatto tirare un sospiro di sollievo solo a chi pensa che la partita si giochi esclusivamente sul campo normativo.

Non basterà infatti il regolamento del Fascicolo sanitario elettronico per avviarne l’implementazione nelle Regioni che ancora sono in fase di stallo e trasformare l’interazione tra il paziente e il SSN. Pur chiarendo alcuni punti che in mancanza di un chiaro indirizzo generale erano suscettibili a diverse declinazioni, arriva in coda a provvedimenti già emanati che si sono trovati ad essere, per gioco-forza, guida delle agende regionali.

Pensiamo alle “Linee guida per la presentazione dei piani di progetto regionali per la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico” e Specifiche tecniche per l’interoperabilità tra i sistemi regionali del Fascicolo Sanitario Elettronico elaborate dall’AgID e pubblicate rispettivamente a marzo 2014 e aprile 2015.

Ma soprattutto pensiamo alle “Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario” che il Garante privacy emanò già nel 2009.

La cornice normativa, non perfetta, poteva dirsi tracciata e il risultato è stato un quadro nazionale costellato di diverse esperienze non solo in termini di sviluppo dei sistemi informativi, ma anche di modelli infrastrutturali, soluzioni applicative, sistemi di codifica dei dati. La mancanza di un disegno strategico complessivo in cui il Governo, in piena sinergia con le Regioni, dia evidenza dei modelli organizzativi, gestionali e di spesa da adottare, è il vero sgambetto alla realizzazione di una sanità digitale.

Potrà il Tavolo tecnico di monitoraggio e indirizzo, istituito dal regolamento nell’ambito della Cabina di Regia del NSIS (costituita dai rappresentanti di Regioni, Ministero della Salute, Ministero per le riforme e l’innovazione nella PA e Ministero dell’Economia), colmare questa mancanza? Sulla carta (art.26) potrebbe, visto che gli si riconosce la definizione degli obiettivi annuali di avanzamento per l’anno successivo, sia in termini di copertura, sia per l’alimentazione del FSE, nonché per l’effettivo utilizzo dello stesso, anche sulla base di quanto previsto dai piani di progetto regionali.

Abbiamo dimostrato a FORUM PA 2015 [qui il convegno] che la partita non si esaurisce con l’emanazione di norme e linee generali. Dovremmo pensare a una nuova organizzazione dell’intero sistema in cui far confluire soluzioni e strumenti e cui debba trovare spazio una gestione del cambiamento che coinvolta gli attori del processo: manager e dirigenti sanitari, medici di base, pazienti e tutti coloro che a vario titolo possano beneficiare di un’innovazione che sarebbe riduttivo definire solo tecnologica, perché tocca i comportamenti e l’interazione medico e paziente.

Forse sarebbe il caso di riprendere in mano l’eHealth Information Strategy, avviata nel 2008 con l’obiettivo di realizzare progressivamente uno sviluppo armonico, coerente e sostenibile dei sistemi informativi sul territorio, con livelli di interoperabilità crescenti. In questo ambito infatti non si parlava solo del Fascicolo Sanitario Elettronico, ma anche di: Centro Unico di Prenotazione (CUP); Certificati telematici; Ricetta medica elettronica; Telemedicina. Un’innovazione digitale in sanità a tutto tondo, finanziabile – secondo quanto espresso nel Patto per la Sanità Digitale del Ministero della Salute – da iniziative di partenariato pubblico-privato. Si era pensato anche ad un Master Plan quinquennale (2015–2019) per l’eHealth, identificando i possibili ambiti di attivazione.

Ma tutto questo ha bisogno di una governance; ha bisogno di un piano delle attività che identifichi ruoli, responsabilità, obiettivi e che poi ne misuri i risultati, gli impatti e il valore soprattutto alla luce degli investimenti effettuati. E’ il sistema sanitario nel suo complesso che ha bisogno di un ripensamento e di un rinnovamento, nei processi e nelle interazioni, che avvicini il cittadino ad un nuovo tipo di interazione in cui sia al centro di un servizio qualitativamente migliore e meno esoso per la collettività.

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