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Le Donne Protagoniste per la One Health digitale

Donne Protagoniste per la One Health digitale
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In Italia, One Health e digitalizzazione sono due mondi che fanno fatica ad emergere e farsi strada, sia per il digital gap ancora presente nell’utenza, sia per un approccio “egoistico” da parte del mondo professionale. E proprio su questo vi può essere un importante apporto da parte delle donne. Se ne è parlato na FORUM PA Sanità 2021 nel corso di un incontro a cura della Community “Donne Protagoniste in Sanità”

28 Ottobre 2021

Donne Protagoniste per la One Health digitale

Sono due mondi che “si parlano” in profondità One Health e digitalizzazione. E che in futuro dovranno procedere sempre più di pari passo, sia per dare risposte qualificate e puntuali alla cittadinanza, sia in un’ottica di sostenibilità dei sistemi sanitari. Purtroppo però, specialmente in Italia, questi due mondi fanno fatica ad emergere e farsi strada, sia per il digital gap ancora presente nell’utenza, sia per un approccio “egoistico” da parte del mondo professionale. E proprio su questo vi può essere un importante apporto da parte delle donne. Se ne è parlato, in modo approfondito e appassionato, a FORUM PA Sanità 2021 nel corso dell’incontro “Donne Protagoniste per la One Health digitale”, a cura della Community “Donne Protagoniste in Sanità” e moderato e condotto da Monica Calamai, che della community è fondatrice e coordinatrice (e che attualmente ricopre l’incarico di Direttrice generale dell’Ausl di Ferrara).

“Tanti interventi interessanti – commenta Simona Solvi (Manager – P4I – Partners4Innovation – Digital360) che ha introdotto i lavori –. Interventi che hanno avuto un filo conduttore importante: le donne riescono a mettere in pratica, più degli uomini, la capacità di ascolto e di ‘non prevaricazione’ le une sulle altre. Ascoltarsi e mettere a fattor comune le competenze multidisciplinari che hanno, individuando così soluzioni innovative che diventano patrimonio di tutti. Equità, accessibilità, interoperabilità dei dati, empowerment dell’utenza: su questo noi donne possiamo giocare un ruolo fondamentale” ha concluso Solvi.

Monica Calamai, ha introdotto (poi gestito) l’incontro ricordando che quella di Donne Protagoniste è “un’idea che viene da lontano ma che mi ha sempre accompagnata” e che ora “vogliamo declinare su vari tavoli di lavoro, non ultimo quello della mentorship, affinché vi siano anche giovani donne che possano avvalersi delle nostre esperienze”. Un patrimonio di competenze e relazioni, quello della community, che si sta formando, e che sarà trasmesso lungo gli anni. Calamai ha evidenziato che “non può esistere un progetto digitale se alla base non vi è un progetto sanitario. E col PNRR possiamo mettere in campo tanti progetti, una vera e propria rivoluzione, perché c’è la possibilità di fare investimenti, a sostegno di una nuova cultura di competenze”.

Il Sistema sanitario dovrà mantenere flessibilità, competitività, dinamicità e capacità di sfruttare gli strumenti del digitale. Indispensabile “un percorso formativo per creare la cultura del digitale che oggi non è così presente se non per skills individuali”. Una cultura che si sposa alla perfezione con l’idea di One Health, cioè di un modello sanitario basato sul riconoscimento che la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono legate indissolubilmente, e che rappresenta una strategia rilevante in molteplici settori e discipline.

L’importanza del dato, soprattutto nell’ottica del suo utilizzo e interoperabilità, è stato il tema affrontato da Marisa Giampaoli, Hospital consulting: “Concordo sul fatto che sia necessario un progetto sanitario, dietro il quale però non può mancare una conoscenza. E i dati sono necessari per questa conoscenza”. Il dato però deve anche essere gestito, reso disponibile, interpretabile, “e utilizzato in una dimensione di prospettiva, non retrospettiva, altrimenti si rischia di arrivare a conclusioni sbagliate che portano ad altre conclusioni sbagliate”. In questo la digitalizzazione può essere davvero importante, come ha detto Elena Sini (CIO – GVM Care & Research): “Abbiamo tecnologie e standard relativi alla interoperabilità, ma purtroppo su questo l’Italia è due passi indietro. La pandemia, durante la quale gli scambi di dati sono stati inefficaci, l’ha dimostrato. Altri Stati d’Europa, ad esempio la Germania, sono più avanti”. Concorda su questo Veronica Jagher (Director Industry Solutions for Healthcare in Western Europe – Microsoft): “L’Italia è fanalino di coda quanto a indice delle competenze della popolazione generale, sul digitale. Ma la sostenibilità del sistema passa anche da qui. Basti pensare alla possibilità per una persona che vive in un paesino remoto, di parlare col proprio medico in video senza recarsi presso la struttura in cui lavora. O ai robot istruiti dai clinici che possono rispondere ai cittadini. Utilissimi nella pandemia per limitare affollamenti nei pronto soccorso”. Ma serve anche controllo oltre allo sviluppo. Ad esempio “un sistema di certificazione delle app, per far sì che i cittadini non si trovino di fronte una infinità di strumenti senza capire quali davvero portano valore aggiunto”.

Fondamentali, dunque, le piattaforme digitali condivise, come ha fatto notare Simonetta Scalvini (Primario di Cardiologia Fisiopatologia respiratoria – Istituti Clinici Scientifici Maugeri): “La condivisione delle best practice è un elemento fondamentale. Basti pensare che in Lombardia solo il 19 per cento delle persone cardiopatiche attua una adesione completa alle terapie a domicilio. Con la teleconsulenza, e un rinnovato ruolo dei medici di famiglia, potremo sicuramente migliorare questo dato. Ci sono tavoli di lavoro sulla parte diagnostica, ma anche su una nuova tariffazione comune di queste prestazioni che vada oltre quella a DRG”.

Si è concentrata sugli effetti comunicativi della interoperabilità dei dati, Francesca De Giorgi (CIO – Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta): “Il classico urp ha dimostrato la sua inefficacia in piena pandemia. Ora noi stiamo lavorando a un paper sulla promozione della comunicazione dei dati, a livello europeo, con attenzione anche alla misurabilità dei risultati”. E De Giorgi conviene sul fatto che le donne potranno avere un ruolo importante in queste dinamiche, “Peccato – ha chiosato – che quelle in posizione apicale siano ancora una minoranza”.

Quanto sia fondamentale il fatto di avere dati omogenei, condivisi, affidabili, e della interoperabilità, è stata sottolineato da Sara Effat, dirigente statistico dell’Azienda USL di Ferrara: “Avere degli standard adeguati è molto importante in questo senso. I big data rappresentano un patrimonio, ma il loro utilizzo è troppo spesso inficiato dai disallineamenti”. Un problema cui va posto rimedio, anche attraverso adeguati investimenti sui sistemi operativi e sulla formazione.

Daniela Pedrini, Direttore Dipartimento Tecnico – Azienda Ospedaliera S. Orsola Malpighi Bologna, ma anche presidentessa della Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria sanitaria, ha ricordato come “durante l’emergenza sanitaria abbiamo avuto prova dell’importanza di formare il middle management. Non troviamo le risorse formate. Abbiamo bisogno di avere persone con competenze manageriali, project manager qualificati”, figure necessarie affinché “non ci si fermi più alla progettazione funzionale, ma si valuti tutte le volte l’impatto che l’opera progettata ha sul cambiamento climatico. È questa la road map internazionale, che mette insieme le best practice di tutti per puntare ad avere emissioni zero entro 2030 o 2050 al massimo. E su questi obiettivi insistono premi”. Ma la One Health e la digitalizzazione non mancano pure di un aspetto antropologico, come ha evidenziato Cristina Cenci (Founder DNM-Digital Narrative Medicine – DNM-Digital Narrative Medicine), e anche su questo fronte emerge in maniera incontrovertibile che “il problema della mancanza di interoperabilità dei dati è evidentissimo. Ciò porta a delle vere e proprie trappole amministrative e burocratiche. A percorsi ad ostacoli che spesso non trovano esito per il cittadino, che dunque finisce per vivere la digitalizzazione solo come una fatica in più”. Ergo “noi dobbiamo lavorare verso una interoperabilità tecnologica, organizzativa e relazionale, in favore degli utenti”. E in quest’ottica la community “Donne Protagoniste” rappresenta un grande potenziale: “A livello nazionale saranno riconosciute venti community che lavorino, ufficialmente, sul PNRR. Noi possiamo puntare senza problemi ad essere una di queste. Abbiamo competenze forti, e l’idea vincente, di Monica Calamai, è stata quella di creare un soggetto in cui davvero l’insieme complessivo delle competenze sia di molto superiore alla mera somma di competenze di coloro che vi prendono parte”

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