Autonomia e Responsabilità, ne parliamo con Michele Bertola
Autonomia e Responsabilità sono i cardini dell’innovazione continua necessaria all’Ente locale. Michele Bertola, Direttore generale del Comune di Legnano e Presidente dell’Associazione Andigel, ci anticipa i temi portanti del convegno "Autonomia, trasparenza e responsabilità quale quadro di regole per permettere il buon governo degli enti locali?, il 4 aprile a Milano.
25 Marzo 2008
Autonomia e Responsabilità sono i cardini dell’innovazione continua necessaria all’Ente locale. Michele Bertola, Direttore generale del Comune di Legnano e Presidente dell’Associazione Andigel, ci anticipa i temi portanti del convegno "Autonomia, trasparenza e responsabilità quale quadro di regole per permettere il buon governo degli enti locali?, il 4 aprile a Milano.
Come vede l’innovazione negli Enti locali chi li vive dall’interno?
Purtroppo il rischio che si corre è che l’innovazione venga considerata come una moda o come un momento particolare, una stagione. Nel primo caso gli esempi tipici di questo atteggiamento sono evidenti in quella che comunemente viene definita opinione pubblica o nell’approccio da parte dei mass media. Per quanto riguarda il secondo caso, invece, le responsabilità sono, spesso, degli stessi amministratori e funzionari pubblici che vedono l’innovazione come un intervento straordinario, completato il quale si può tranquillamente rientrare in una presunta o supposta normalità statica.
Il punto fondamentale da cui partire, se si vuole effettuare un ragionamento che sia proficuo, è il fatto che l’innovazione non può essere considerata come un evento episodico. Nell’Ente locale come in qualunque contesto, pubblico o privato che sia, l’innovazione deve esser una tensione costante. Come diceva un libro interessante di qualche anno fa "il futuro è di chi cambia" e fermarsi in realtà non vuol dire non avanzare, bensì tornare indietro e perdere terreno nei confronti dei sistemi che ci sono attorno.
Quali sono i cardini di questa innovazione continua e necessaria?
I cardini sono diversi, ma senza ombra di dubbio tra di essi non possono mancare autonomia e responsabilità, che sono i temi sui quali si è basato tutto il cambiamento negli Enti locali sin dal 1990, e che ancora oggi restano fondamentali. Attenzione però, perché autonomia e responsabilità non devono essere visti come due elementi distinti, ma, al contrario, come strettamente legati se non addirittura inscindibili. L’innovazione in un’organizzazione strutturata come quella pubblica è possibile solo in presenza di persone in grado di assumersi la responsabilità di un certo processo o percorso e dotate dell’autonomia per decidere. Dove le due cose di distaccano o si separano è evidente che è molto più difficile innovare.
Proprio su questi elementi, autonomia e responsabilità, si fonda il tema della multilevel governance così come descritto dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Ma il percorso verso questo disegno è tutt’altro che compiuto.
Gli elementi per compiere un passo importante verso la realizzazione concreta dei principi a cui si riferisce erano presenti nel nostro ordinamento già nel 2001, data in cui è divenuto definitivo il nuovo Titolo V della Costituzione. Per vari motivi, poi, i due governi precedenti hanno avviato dei provvedimenti che non sono arrivati a compimento. A questo punto il tema va assolutamente ripreso, anche perché gli anni in cui non si produce innovazione, per quello che dicevamo prima, sono anni in cui si perde terreno e si arretra.
Proprio in questo senso l’occasione di una nuova legislatura ci permette di fare una riflessione che, ancorché a ridosso delle elezioni, non ha una valenza solo elettorale, ma ha l’ambizione di provare a mettere attorno al tavolo quelli che nell’innovazione ci credono veramente, per definire linee guida che permettano finalmente di applicare i principi che la Costituzione ha affermato.
Si riferisce al convegno del 4 aprile che sarà il momento per ripensare ad una sorta di decalogo guida da sottoporre all’attenzione di quello che sarà il nuovo Governo?
Io credo che il momento sia particolarmente favorevole. Con questo convegno mi piacerebbe ricordare ai dirigenti e agli operatori della pubblica amministrazione che il futuro e la possibilità di cambiare è nelle nostre mani, molto più di quello che pensiamo. Sono convinto che se riusciremo a creare nella pubblica amministrazione locale una classe dirigente intenta ed orientata all’innovazione, allora anche la politica non potrà fare altro che adattarsi. Sembra paradossale ma è così. Non possiamo aspettare che una classe politica modifichi autonomamente il proprio modo di essere. Sono le realtà che in questi anni sono state capaci di mostrare risposte nuove e a nuovi problemi quelle che dovranno diffondendo la loro cultura e raggiungere nuovi orizzonti. Le realtà locali hanno dimostrato di essere capaci di questa innovazione in misura maggiore di altre realtà.
Nonostante il ritardo di cui parlava prima?
Il ritardo nell’applicare le modifiche del Titolo V può addirittura rivelarsi una risorsa. Infatti gli Enti locali dal 2001 ad oggi non sono rimasti fermi, ma anzi hanno lavorato per trovare risposte innovative. Come Andigel crediamo che sia giunto il momento di provare a proporre queste risposte con un decalogo, una serie di linee guida, che possano offrire al nuovo Parlamento e al nuovo Governo spunti di lavoro derivanti dalle esperienze, dalle riflessioni e dalle sperimentazioni realizzate nelle aree più vivaci del Paese. Come dicevo queste aree più vivaci sono spesso proprio quelle degli Enti locali, ed in particolare, come ha evidenziato qualche tempo fa una ricerca realizzata proprio da FORUM PA, le città più dinamiche e più aperte sono, spesso, quelle in cui è presente la figura del Direttore generale. In questo senso, dunque, pensiamo di poter avere qualche cosa di interessante da proporre per tutti.
Ci può anticipare qualche cosa sul documento che dovrebbe uscire dal convegno del 4 aprile?
Andigel ha preparato una proposta, ma non bisogna dimenticare che il convegno servirà proprio a discuterla e a confrontarsi su di essa. I fili conduttori della nostra proposta sono comunque quelli di cui abbiamo parlato fino ad ora: autonomia e responsabilità. Sia della politica che dei dirigenti. Vorremmo che si riuscisse a superare quell’idea un po’ strana che sembra essersi molto diffusa in questi anni e che partendo dalla distinzione di ruoli tra politica e dirigenza, prescrive (o immagina) che laddove ci sia una presenza forte della politica la dirigenza debba avere scarsa voce in capitolo o viceversa. Il nostro messaggio proverà a ribaltare questa idea, affermando che c’è bisogno di più politica e più dirigenza: più visione del futuro e più capacità di saperla tradurre in risultati operativi. Il decalogo seguirà queste due linee alla luce delle discussioni con i partecipanti all’evento, e pensiamo che proprio questi due principi potranno essere quelli che ispireranno la futura attività legislativa.
Chiudiamo con un ultimo commento sul tema del federalismo fiscale che, a conti fatti, sembra venire sempre lasciato da parte. Sarà uno dei temi presenti nelle linee che proporrete al nuovo Governo?
Come ha detto bene lei questo è uno dei temi più caldi al momento e, in quanto tale, va a toccare interessi molto consolidati. Naturalmente è vero che il federalismo fiscale per essere applicato richiede alcune attenzioni particolari e non può essere applicato in modo brutale o eccessivamente radicale. Ciò non toglie, però, che occorre andare a toccare quei mille interessi che governano gran parte di questo Paese. Penso a tutte le resistenze derivate dai livelli di governo, ma anche dai numerosi ordini, albi ed agenzie che non vogliono superare quel livello di copertura che il centralismo antieconomico ha loro garantito. Se il federalismo fiscale non verrà attuato uno dei due pilastri di cui parlavamo prima, ossia l’autonomia che permette di dialogare con i cittadini, collegando raccolta delle risorse ed utilizzo delle stesse, ne risulterà inevitabilmente indebolito. Come vede si tratta di un’urgenza che non si può sottovalutare, ma che non può, comunque, far dimenticare che, assieme al federalismo fiscale, deve crescere anche il senso di comunità. Solo così si potranno evitare derive di localismo esasperato in cui si perda l’idea della solidarietà o della sussidiarietà.