La dimensione urbana tra i tempi della programmazione integrata e fabbisogni emergenziali
Il riconoscimento, già nel ciclo di programmazione 2007-2013, di un ruolo strategico delle città ai fini dello sviluppo locale, è dimostrato sia dalla scelta di predisporre in 9 POR FESR su 21 un Asse specifico dedicato allo sviluppo urbano, sia dalla concentrazione di risorse in capo ai comuni in veste di beneficiari dei Fondi (nel FESR, con 7,4 miliardi di euro – il 21,6% del totale – le amministrazioni comunali sono i secondi attuatori, dopo i privati, per importo di costi ammessi gestiti). Così, nel ciclo 2014-2020, l’enfasi posta sul nuovo ruolo delle città sembra avere solo parzialmente sapore innovativo per la politica di coesione comunitaria. Una innovazione certamente riguarderà il sistema di governance dei fondi con i comuni che, in quanto autorità urbane, saranno organismi intermedi. Al netto però di tale enfasi, oltre che redistribuire denaro, converrebbe risolvere alcune criticità endogene ed esogene alla programmazione comunitaria, ma che fanno sentire il loro peso nella efficacia delle politiche territoriali: i vincoli agli investimenti locali legati al Patto di stabilità e crescita e la complessità delle procedure amministrative in materia di appalti e di revisione urbanistica. Definire, quindi, una politica nazionale condivisa tra i diversi livelli di governo finalizzata a delineare quali città vorremmo tra dieci anni è una priorità Paese che dovrebbe essere il frutto di un disegno strategico unitario, capace di aumentare il potenziale di sviluppo dell’Italia e non un gioco a somma zero, in cui alla fine i target di spesa sono raggiunti, ma l’efficacia delle politiche di coesione sui territori interessati appare sempre meno tangibile.
22 Aprile 2015
Walter Tortorella*
Il riconoscimento, già nel ciclo di programmazione 2007-2013, di un ruolo strategico delle città ai fini dello sviluppo locale, è dimostrato sia dalla scelta di predisporre in 9 POR FESR su 21 un Asse specifico dedicato allo sviluppo urbano, sia dalla concentrazione di risorse in capo ai comuni in veste di beneficiari dei Fondi (nel FESR, con 7,4 miliardi di euro – il 21,6% del totale – le amministrazioni comunali sono i secondi attuatori, dopo i privati, per importo di costi ammessi gestiti). Così, nel ciclo 2014-2020, l’enfasi posta sul nuovo ruolo delle città sembra avere solo parzialmente sapore innovativo per la politica di coesione comunitaria. Una innovazione certamente riguarderà il sistema di governance dei fondi con i comuni che, in quanto autorità urbane, saranno organismi intermedi. Al netto però di tale enfasi, oltre che redistribuire denaro, converrebbe risolvere alcune criticità endogene ed esogene alla programmazione comunitaria, ma che fanno sentire il loro peso nella efficacia delle politiche territoriali: i vincoli agli investimenti locali legati al Patto di stabilità e crescita e la complessità delle procedure amministrative in materia di appalti e di revisione urbanistica. Definire, quindi, una politica nazionale condivisa tra i diversi livelli di governo finalizzata a delineare quali città vorremmo tra dieci anni è una priorità Paese che dovrebbe essere il frutto di un disegno strategico unitario, capace di aumentare il potenziale di sviluppo dell’Italia e non un gioco a somma zero, in cui alla fine i target di spesa sono raggiunti, ma l’efficacia delle politiche di coesione sui territori interessati appare sempre meno tangibile.
Programmazione unitaria delle risorse per gli investimenti : che fatica
Il periodo di programmazione 2007-2013 ha visto l’introduzione del mainstreaming della dimensione urbana nella politica di coesione, nell’ottica di implementare un approccio integrato in grado di superare i limiti della settorialità e frammentazione delle principali questioni urbane. A livello europeo, il risultato è stato che circa la metà dei Programmi Operativi ha optato per un approccio verticale allo sviluppo urbano attraverso la previsione di Priorità dedicate. E in effetti anche l’Italia nel proprio Quadro Strategico Nazionale per il 2007-2013 ha previsto 10 Priorità strategiche, una delle quali, la Priorità 8, è stata espressamente consacrata alla “Competitività ed attrattività delle città e dei sistemi urbani”. Tale Priorità è alimentata esclusivamente dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) per il quale è possibile valutare lo stato di attuazione dei progetti. Vale la pena ricordare che lo stato di attuazione complessivo dei fondi strutturali 2007-2013 desta ad oggi, in particolare sotto il profilo della spesa e per alcune regioni, non poche preoccupazioni sebbene al 31 dicembre 2014 siano stati raggiunti quasi tutti i target di spesa fissati con la Commissione europea[1]. Preoccupazioni che nascono soprattutto dal fatto che grazie al grandissimo sforzo si è riusciti, tra gennaio e dicembre 2014, a certificare alla Commissione europea spese pari a circa 7,9 miliardi di euro ma entro la fine del 2015 bisognerà certificarne quasi il doppio (13,6 miliardi di euro). Paradossalmente, una delle maggiori concause di questa corsa contro il tempo è certamente insita nella principale novità inserita nel ciclo 2007-2013, ossia la programmazione unitaria delle risorse per investimenti, in ragione della quale la politica regionale nazionale (Fondo per le Aree Sottoutilizzate, in particolare) e la politica regionale comunitaria (Fondi strutturali) dovevano essere ricondotte ad una medesima architettura programmatica. In un periodo caratterizzato da un quadro di profonda crisi finanziaria, oltre che economica, il FAS è stato significativamente riorientato e complessivamente ridotto per fronteggiare esigenze di copertura di bilancio. Nella fase attuativa, dunque, l’impostazione iniziale del QSN ha registrato significativi cambiamenti nella componente finanziaria nazionale, il cui progressivo stato di incertezza, ha finito per impattare pesantemente anche sulla dimensione urbana che più di tutte ha tardato a decollare. Significativi cambiamenti, rispetto a quanto inizialmente programmato, tanto da far porre la domanda lecita se, e a cosa, siano serviti tanti anni di programmazione per arrivare alla definizione di un QSN poi pesantemente disatteso difronte alla “corsa alla spesa”.
La Priorità 8 “Competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani”: impariamo dagli errori
Guardando la Tabella 1 si nota che proprio la priorità “Competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani” nell’ambito del FESR, presenta lo stato di avanzamento più contenuto rispetto alle altre 9 Priorità: degli oltre 2,6 miliardi di euro di costi rendicontabili associati a 2.031 progetti, solo il 35,4% risulta attualmente pagato, rispetto al 53,2% di avanzamento totale rendicontabile dei progetti FESR. Un dato che testimonia una performance tutt’altro che lusinghiera riguardo gli interventi mirati alla competitività dei centri urbani e la cui responsabilità può essere tranquillamente ripartita tra tutti i soggetti coinvolti nella filiera della programmazione ed attuazione della Priorità 8.
Se poi si scende all’interno dei progetti che sono stati finanziati si evidenzia una forte preponderanza di progetti di infrastrutturazione fisica all’interno dei territori che, a fatica, si traducono in nuove realizzazioni, restauri, riqualificazioni e rifunzionalizzazioni di edifici, per lo più con scopi sociali, culturali e turistici. Da notare anche come il tema della mobilità sostenibile, tra piste ciclabili e servizi di condivisione di mezzi elettrici per spostarsi all’interno delle aree urbane, ricopra una buona fetta della Priorità 8. Rispetto però all’inconfutabile ritardo dal quale la Priorità 8 deve cercare di uscire prima che sia troppo tardi (il rischio di perdita delle risorse a fine anno è dietro l’angolo), bisogna tenere a mente che il 73% degli interventi ad essa ascrivibili sono progetti integrati di rigenerazione, caratterizzati da un estremo ritardo nell’attuazione (28,4% di avanzamento rendicontabile). Questo dato lascia ipotizzare che tra le principali cause delle difficoltà incontrate dalla Priorità in analisi, sicuramente hanno giocato un ruolo significativo le procedure complesse e lunghe proprie della progettazione integrata, sia sul versante dei soggetti coinvolti che degli iter burocratico-amministrativi. Ed in effetti, l’attivazione di numerose linee di attività settoriali all’interno dell’Asse dedicato allo sviluppo urbano ha prodotto più problemi che benefici per la frammentazione delle competenze, il moltiplicarsi degli interlocutori e dei processi amministrativi che coinvolgono in particolare gli uffici regionali, per la complessità della gestione finanziaria e contabile dei programmi in attuazione. Altro fattore condizionante la capacità di spesa degli interventi cofinanziati da Fondi strutturali per molti progetti della Priorità 8 è stata la rigidità e complessità della disciplina e delle procedure previste dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici (a cui si aggiunge la complessità delle procedure di revisione urbanistica in base alla normativa nazionale).
Come anche nei passati cicli di programmazione, l’esperienza dei progetti integrati urbani, nelle loro diverse sfaccettature in termini di ambiti territoriali ottimali e di denominazione, ha fatto emergere come tali interventi non abbiano trovato collocazione in adeguate cornici programmatorie (strategiche, territoriali, urbanistiche), né la loro progettazione ed attuazione siano state caratterizzate dal necessario grado di coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali competenti e dei differenti stakeholders. Ha provocato ritardi nella spesa la distribuzione ancora poco chiara delle competenze a livello nazionale e decentrato, perlopiù definite in modo impreciso e approssimativo. E questo sia con riguardo ai rapporti fra Stato e regioni, titolari delle funzioni di programmazione, sia nei confronti degli enti locali che, seppur responsabili in via generale delle competenze amministrative e gestionali nelle materie in questione, sono stati considerati viceversa meri soggetti beneficiari di interventi, privati di qualsiasi prerogativa di autonomia decisionale e finanziaria. Del resto, la scarsa attribuzione alle città di deleghe gestionali, attraverso l’istituto dell’organismo intermedio, per la realizzazione di interventi integrati in ambito urbano, conferma che una cosa erano stati i buoni propositi e gli indirizzi di policy dell’inizio del ciclo di programmazione 2007-2013, altra la strada che si è concretamente percorsa.
Priorità | N. progetti | Costo rendicontabile UE (euro) (a) | Pagamento rendicontabile UE (euro) (b) | Avanzamento rendicontabile (b/a) |
Miglioramento e valorizzazione delle risorse umane | 31.156 | 1.421.505.374 | 504.668.539 | 35,5% |
Promozione, valorizzazione e diffusione della ricerca e dell’innovazione per la competitività | 20.974 | 5.858.958.146 | 3.469.203.623 | 59,2% |
Inclusione sociale e servizi per la qualità della vita e l’attrattività territoriale | 1.983 | 1.513.164.214 | 815.146.822 | 53,9% |
Valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l’attrattività e lo sviluppo | 6.159 | 2.855.499.857 | 1.667.341.314 | 58,4% |
Reti e collegamenti per la mobilità | 1.064 | 7.770.123.983 | 3.510.443.083 | 45,2% |
Competitività dei sistemi produttivi e occupazione | 15.859 | 5.432.526.551 | 3.816.272.109 | 70,2% |
Competitività e attrattività delle città e dei sistemi urbani | 2.031 | 2.666.791.641 | 945.011.424 | 35,4% |
Apertura internazionale e attrazione di investimenti, consumi e risorse | 134 | 34.965.067 | 23.018.120 | 65,8% |
Governance, capacità istituzionali e mercati concorrenziali ed efficaci | 2.731 | 1.124.569.866 | 665.833.152 | 59,2% |
Totale FESR 2007-2013 | 90.800 | 34.243.060.656 | 18.211.368.861 | 53,2% |
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Economia Locale su dati OpenCoesione aggiornati al 31.08.2014
Cosa ci aspetta nel nuovo ciclo 2014-2020?
I numeri esposti relativi alla dimensione urbana nelle politiche di coesione sembrano sottendere che la vera novità per le aree urbane nel ciclo di programmazione 2014-2020 sia soprattutto politica e di metodo e non certo tematica o di tipo economico-finanziario. Inserendo, infatti, nell’Accordo di Partenariato 2014-2020 un Programma Operativo Nazionale destinato alle città metropolitane (PON Metro) il Governo ha inteso riconoscere queste ultime come istituzioni fondamentali per la ripresa del Paese. Dopo oltre un ventennio di programmazione regionale viene affidato alle città l’attuazione piena del principio di sussidiarietà, anche in fase di programmazione degli interventi oltre che di esecuzione degli stessi. Questo passaggio non è di poco conto poiché, sebbene fortemente limitato nell’ammontare delle risorse impegnate (892 milioni di euro) introduce un elemento di novità funzionale nella gerarchia di scala dei fondi strutturali che potrebbe segnare la strada per il futuro della politica di coesione e sovvertire alquanto la filosofia alla base della liturgia comunitaria dei fondi indiretti. Ovvero con l’individuazione delle città metropolitane quali Autorità Urbane che costituiranno nelle amministrazioni comunali organismi intermedi se ne determina chiaramente la responsabilità attuativa; si creano dei potenziali nuovi “serbatoi di impegno” capaci di accelerare la spesa negli anni avvenire; si riconosce la supremazia del progetto sul programma a cui viene demandato il ruolo di contenitore piuttosto che di contenuto.
*Capo Dipartimento Economia Locale Fondazione IFEL.
Estratto dal libro “Politica di coesione e questione urbana” edito da Carocci, aprile 2015
[1] Tre Programmi non hanno evitato il disimpegno automatico: il POIN Attrattori (-4,3 milioni di euro), il PON Reti (-23,7 milioni di euro), il POR FSE Bolzano (-23,4 milioni di euro). La perdita complessiva ammonta a 51,4 milioni di euro, circa lo 0,11% del totale delle risorse programmate.