C’era una volta l’Open Expo… Scopritela a #FPA14

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Quella dell’Open Expo è una storia con un finale ancora da scrivere. Tutto comincia nel 2012, quando si pensa di realizzare un programma di apertura e trasparenza per l’Esposizione Universale di Milano, “Feeding the Planet, energy for Life”. L’idea era quella di un progetto di apertura senza precedenti per connotare l’Expo 2015 milanese come evento integralmente trasparente.

19 Maggio 2014

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Martina Cardellini

Quella dell’Open Expo è una storia con un finale ancora da scrivere. Tutto comincia nel 2012, quando si pensa di realizzare un programma di apertura e trasparenza per l’Esposizione Universale di Milano, “Feeding the Planet, energy for Life”. L’idea era quella di un progetto di apertura senza precedenti per connotare l’Expo 2015 milanese come evento integralmente trasparente. Un grandioso disegno non soltanto per esporre dei dati in bacheca ma per offrire a cittadini e utenti un nuovo modo di accedere a diversi aspetti di un evento di scala globale, suggerendo anche soluzioni innovative per fare servizio e cultura.

Il disegno complessivo

Trasparenza prima dell’evento

Il progetto della piattaforma prevedeva l’apertura di tutti i dati riguardanti la gestione economica: flussi finanziari in entrata e in uscita, acquisti, pagamenti e relativi beneficiari. Ovviamente “senza limite di soglia. Il progetto – ci racconta Vittorio Alvino, socio fondatore di Depp srl e co-autore dell’iniziativa – prevedeva di tracciare tutto, dai cento fino ai milioni di euro, per capire in maniera abbastanza semplice da dove venissero i soldi e a chi fossero diretti”.  I dati sarebbero stati organizzati in maniera tale da poter essere poi classificati per materia, tipologia di acquisto, operatore, impresa, etc. così da poter consentire a chiunque diverse chiavi di lettura. Persistenze, relazioni? Sarebbero emerse.

Oltretutto “avevamo pensato a un sistema di monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori che si agganciasse all’andamento delle spese di gestione”, aggiornate quasi in tempo reale. Tutto ciò avrebbe permesso di seguire spese e risultati in cantiere, e di dar conto della raggiungibilità o meno degli obiettivi rispetto al timing previsto per la realizzazione.

Ma anche durante e oltre

Il progetto voleva spingersi ancora più in là, proponendo un approccio che potesse caratterizzare l’Expo anche nella sua fase di svolgimento. Flussi di Open data per raccontare in real time l’evento in corso: numero di visitatori, dati sulla mobilità e sul trasporto pubblico, investimenti previsti, ma anche impatto urbanistico, economico, ambientale di breve e lungo termine e molto altro ancora. L’idea era che “l’Expo 2015 potesse essere presentato dall’Italia come il primo Expo open, promuovendo un approccio all’apertura dei dati non soltanto in chiave di trasparenza informativa, ma proprio come strategia di gestione avanzata dell’informazione. Aprire tutti i dati, compresi quelli riguardanti lo svolgimento dell’evento, perché attraverso questi sarebbe stato possibile anche offrire servizi per cittadini, visitatori, aziende”. Volevamo che“i dati accompagnassero il visitatore a una nuova fruizione dell’evento stesso”.

Un’apertura solo a parole

Alcune cifre dell’Expo 2015
7.000 eventi
6 mesi di esposizione
2 milioni di mq di superficie
4,12 miliardi di euro budget complessivo
3,228 miliardi per infrastrutture
892 milioni per l’organizzazione
fonte: Reuters

La prima parte del progetto, dedicata alla trasparenza economico finanziaria, gestionale e al monitoraggio delle opere è stata sviluppata nel dettaglio. “Avevamo ottenuto l’affidamento. Durante gli incontri erano tutti molto interessati. Gli obiettivi erano chiari e condivisi, tutti erano d’accordo per proseguire mettendo a diposizione le informazioni”. Tuttavia una volta entrati nella fase operativa, “l’entusiasmo si è spento, le risposte alle richieste si sono diradate e infine i dati che volevamo non sono arrivati”. Le porte che inizialmente erano aperte si sono chiuse. “La loro proposta è stata di rendere pubbliche gare d’appalto e affidamenti che erano già pubblici perché superiori alla soglia di legge. Ma noi eravamo dentro il progetto con condizioni chiare, non volevamo limiti, il progetto doveva essere realmente open. L’obiettivo era andare ben oltre gli obblighi di legge”.

Non si poteva “stare al gioco di far finta di fare trasparenza” e così Open Expo, che stava appena nascendo, si è spento in silenzio. Nessun organo d’informazione, nessun giornale nazionale né locale ha seguito la vicenda, né tanto meno il mondo politico o quello imprenditoriale hanno cercato di approfondire la questione. La sensazione è che in Italia ci sia “un’estrema leggerezza nel fare dichiarazioni e nell’assumersi l’impegno e la responsabilità di sostenerle”.

Questa vicenda dimostra come la classe dirigente italiana, politica e non solo, abbia un approccio molto equivoco e strumentale alla trasparenza, che viene interpretata come una foglia di fico. Tutti ormai si riempiono la bocca di trasparenza, ma quando si tratta di far le cose davvero ecco che vengono fuori i problemi”. Coltivare una effettiva cultura dell’apertura non è semplice dal momento che siamo immersi in un “un complessivo sistema che si tiene intorno all’opacità”.

Trasparenza o foglia di fico?

Sul sito di Expo 2015 un’intera sezione è dedicata alla trasparenza, in conformità con il decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013. L’incipit è altisonante: “Expo 2015 S.p.A. – una società controllata interamente da Stato, Regione e Comune – ha messo al centro del proprio lavoro il rispetto delle regole e la trasparenza. Per assicurare il rispetto della legalità in tutte le fasi della realizzazione dell’Evento e delle grandi opere ad esso connesse”. Se poi non vi spaventa scaricare pdf troverete un codice etico che si allontana ancora di più dalla realtà delle cose. Realtà nella quale persone già finite in manette per tangenti ventuno anni fa si trovano oggi coinvolte nello scandalo Expo 2015.

La storia di Open Expo e le notizie di attualità dimostrano quanto ancora il nostro Paese faccia fatica a innovare e a cambiare rotta. Possiamo sperare che qualcosa cambi solo se abbiamo davvero il coraggio di farlo cambiare. Le migliori idee in Italia spesso si frantumano scontrandosi con un’amministrazione pubblica che sembra fare esercizi di retorica, piuttosto che impegnarsi concretamente per essere migliore.

Una maggiore apertura delle istituzioni nei confronti della collettività in termini di trasparenza, informazione e dialogo è il primo dei cinque principi esposti nel Libro Bianco sulla governance della Commissione Europea, nonché il primo livello di partecipazione nella relazione tra amministrazione pubblica e cittadini secondo uno studio dell’Oecd, “Citizens as partners”. Uno step imprescindibile per accedere a forme di governo in cui il coinvolgimento dei cittadini sia riconosciuto come elemento essenziale nella creazione di valore pubblico. Noi a che punto siamo?

Durante l’incontro del 28 maggio a FORUM PA, La sfida dell’Open Government: strumenti, progetti, risultati, avremo modo approfondire il tema insieme ad autorevoli ospiti nazionali ed internazionali che racconteranno esperienze virtuose e casi di successo. Per partecipare al convegno potete iscrivervi cliccando qui.

 

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