Come ripensare i modelli di governance nell’e-procurement

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Anche le dinamiche dell’e-procurement e del procurement dell’innovazione esigono nuovi modelli organizzativi fondati su una vision manageriale profondamente diversa, forte dell’apporto di nuove competenze di natura multidisciplinare che devono essere parte integrante della preparazione dei manager pubblici come di quelli privati. L’innovazione deve essere declinata innanzitutto nella gestione delle risorse umane

22 Settembre 2016

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Luigi Foglia e Francesca Cafiero, Digital & Law Department – Studio Legale Lisi, Ufficio di Presidenza ANORC Professioni

“Essere o non essere digitale” questo è il dilemma di un’Italia che ha visto il susseguirsi in poco meno di un anno di due decreti legislativi, il n. 50/2016 e il n.179/2016, che hanno ridefinito il panorama dell’innovazione per quanto concerne rispettivamente il settore degli appalti e della pubblica amministrazione digitale. Partiamo col dire che per la costruzione di un’Italia autenticamente digitale, il cambiamento va basato sicuramente sul fattore umano.

Nello specifico, anche le dinamiche dell’e-procurement e del procurement dell’innovazione esigono nuovi modelli organizzativi fondati su una vision manageriale profondamente diversa, forte dell’apporto di nuove competenze di natura multidisciplinare che devono essere parte integrante della preparazione dei manager pubblici come di quelli privati. L’innovazione deve essere declinata innanzitutto nella gestione delle risorse umane – che nell’ente devono occuparsi, ad esempio, della gestione della piattaforma informatica di gara o dell’approvvigionamento di soluzioni IT – anche attraverso una loro formazione mirata e continua.

In particolare, l’art. 17 del nuovo CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) ha rivalutato la collocazione strategica di una figura, quella del CDO, Chief Digital Officer, una risorsa di carattere manageriale, qualificata e dedita a dipanare le problematiche dell’innovazione digitale e a tradurle così in efficacia, efficienza, trasparenza, semplificazione, interoperabilità per l’ente pubblico di riferimento. Il CDO presiede l’unico “ufficio dirigenziale generale” volto a supportare “la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta” (i compiti principali assolti da questa figura manageriale sono poi dettagliati nell’art. 17). Interessante risulta altresì l’inserimento dell’informatica giuridica (anche se sarebbe stato più corretto parlare di diritto dell’informatica [1]) tra le competenze strutturali di questa figura, affianco alle più “classiche” e generiche competenze tecnologiche e manageriali, novità questa di cui anche i nuovi concorsi per il reclutamento del personale della PA dovranno tenere conto.

Tuttavia, non solo il corretto “approvvigionamento” di risorse umane deve caratterizzare la strategia dell’innovazione, ma anche un attento approvvigionamento di risorse tecnologiche . La crescita esponenziale del mercato di soluzioni IT ha prodotto l’effetto paradossale in Italia di oltre undicimila data center e migliaia di applicazioni inutilmente replicate: è chiaro che ci sia qualcosa che non va e che sia necessario fare un po’ d’ordine, dal momento che l’imporsi di una tendenza scorretta può produrre effetti ancora più catastrofici rispetto alla mancanza della tendenza stessa[ [2]]. Per quanto concerne le procedure di acquisto si dovrebbe innanzitutto definire, nei dettagli, la fase progettuale del contratto , coordinandolo con la fase di esecuzione e strutturandolo su misura. La definizione della governance del progetto dovrebbe procedere specularmente rispetto alla selezione di un team di competenze multidisciplinari in grado di presiedere pienamente a tutte le fasi dello stesso. Tuttavia sembra non sufficientemente chiaro quale sia il ruolo del capitolato entro la procedura di elaborazione contrattuale e nello specifico se il capitolato coincida con il progetto, oppure esista un progetto dal quale derivi il capitolato. Inoltre, si ritiene insufficiente che siano state affidate ad AgID mere funzioni consultive (obbligatorie ma non vincolanti) su contratti e accordi della PA centrale o in relazione agli elementi essenziali di gare pubbliche aventi ad oggetto beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati. Il nuovo art. 14- bis del CAD, in particolare, assegna ad AgID le funzioni di rilascio di pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli schemi di contratti e accordi quadro da parte delle pubbliche amministrazioni centrali concernenti l’acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati e il rilascio di pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli elementi essenziali delle procedure di gara bandite da Consip e dagli altri aggregatori di cui all’articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, concernenti l’acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati e definiti di carattere strategico nel piano triennale.

Si aggancia a tali problematiche anche il così detto fenomeno del “ lock in” che caratterizza la formulazione dei vari progetti IT, e che di fatto può intrappolare le PA in meccanismi di dipendenza da un fornitore allontanandola dai concetti di riuso, open software, interoperabilità e cooperazione tra enti, basilari invece per una scelta consapevole delle forniture.

Andrebbe inoltre ritrovato un trasparente e concreto modello di governance adattabile per le varie esigenze del procurement pubblico (e certamente è da abbandonare la pretesa di applicare un unico procedimento per acquistare ogni genere di bene o servizio , non tenendo in conto che ognuno di essi ha caratteristiche profondamente diverse, a maggior ragione quando ha a che fare con l’“immaterialità” dell’IT).

In conclusione, è necessario ribadire che giunti a questo livello di maturazione – o perlomeno di confidenza – con il digitale, non si possa continuare a confidare “fideisticamente” nell’azione del legislatore per lastricare la strada verso l’innovazione, ma occorra assumere una visione e un metodo innovativi nell’approccio con le dinamiche organizzative, in termini di risorse umane e strumentali. Soprattutto alla base di tale cambiamento devono essere poste le competenze, in grado di raddrizzare la spina dorsale della governance amministrativa per far sì che sia possibile procedere, concretamente, verso la reingegnerizzazione dei processi della PA, riposizionando l’uomo e il suo know how al centro del processo di sviluppo.



[1] Con informatica giuridica si indica solitamente il sapere relativo all’utilizzo dell’informatica nel campo del diritto mentre probabilmente tra le competenze del “Responsabile dell’ufficio dirigenziale generale” sarebbe stato più consono richiamare il diritto dell’informatica ovvero gli aspetti giuridici concreti delle utilizzazioni dell’informatica e dei rapporti generali tra informatica e diritto.

[2] Del resto i recenti dati DESI (l’annuale analisi di Bruxelles su “Digital Economy and Society Index”) sul nostro Paese parlano chiaro: siamo inesorabilmente agli ultimi posti su queste materie così importanti e delicate.

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